Civita di Bagnoregio, la “città che muore”, simbolo di resilienza, vuole diventare Patrimonio Unesco per continuare a sopravvivere

Dopo la situazione legata al Covid, si spera che Civita abbia una boccata d'ossigeno quando forse riceverà lo status di Patrimonio Unesco.

Un paesaggio culturale di straordinaria rilevanza”, tanto che a gennaio scorso il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco ha approvato la candidatura di Civita di Bagnoregio come Patrimonio Mondiale. Si deciderà a giugno del 2022, ma intanto una cosa è certa: che forza è questo posto incastonato tra i calanchi della Tuscia!

Il nostro motto è ‘resilienza’ perché Civita è stata fondata dagli Etruschi, è passata attraverso l’età romana e l’intero periodo medievale per arrivare ai giorni nostri”, dice forte e chiaro il sindaco, Luca Profili, 32 anni, intervistato da Reuters lì, in piedi in quell’unica piazza della città, praticamente vuota e senza turisti a causa della pandemia.

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Ci mancava solo quella, effettivamente, la pandemia. Che ha svuotato strade e locali di un luogo che piano piano proprio sui turisti aveva cominciato a guadagnare fama. Ma per ora il villaggio, per i rigidi blocchi, è quasi diventato una città fantasma, con solo il suono delle campane della chiesa che riempie le sue pittoresche strade acciottolate.

Siamo passati da 40.000 turisti all’anno nel 2009 a oltre un milione nel 2019. Chiaramente questo ha portato numerosi vantaggi economici, all’apertura di molte attività e molti nuovi posti di lavoro”, ha spiegato il sindaco Profili.

Prima del coronavirus, la metà dei visitatori all’anno erano italiani e metà stranieri. Il 20% proveniva dall’Asia e il 7% dagli Stati Uniti, Paesi che non possono venire in Italia da oltre 12 mesi.

È per questo motivo che il sindaco Profili spera che la città sopravviva. Ma lei è forte, si sa, e quella resilienza che la contraddistingue da secoli continuerà a fare la differenza.

Arroccato su una collina, per raggiungerlo è necessario attraversare un ponte lungo 200 metri, un alto viadotto pedonale che congiunge Bagnoregio alla porta S. Maria o del Cassero, l’imponente accesso al borgo. 

Considerato uno dei borghi più belli d’Italia – ma anche soprannominata spesso “la città che muore” –, il piccolo centro fu fondato 2500 anni fa dagli Etruschi e sorge su una delle più antiche vie, quella che inizia dal Tevere e finisce nel lago di Bolsena. Tutto il borgo ha, quindi, un’impronta medievale e un’atmosfera familiare ferma nel passato. Uno scenario arricchito dalla Chiesa di San Donato, che si affaccia sulla piazza principale e custodisce al suo interno il Crocifisso ligneo quattrocentesco, ritenuto miracoloso, cui è legata la processione del Cristo morto.

Da qualche anno, l’ingresso al borgo è a pagamento, un modo volto a contribuire alla salvaguardia di questo paesaggio così fragile. Ma imbattersi da qui in stradine, slarghi e piazzette, tra un affaccio sui calanchi e frantoi rinascimentali, è una di quelle cose che va fatta almeno una volta nella vita!

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