6 anni senza Marielle Franco (e senza giustizia), ma il suo grido di battaglia risuona ancora forte

Sono trascorsi 6 anni dall'omicidio di Marielle Franco, coraggiosa attivista per i diritti umani e prima consigliera di origine africana di Rio de Janeiro. La sua brutale morte resta ancora in parte avvolta nel mistero, ma non ci stancheremo di chiedere a gran voce verità e giustizia

Era la notte tra il 14 e il 15 marzo del 2018 quando Marielle Franco venne assassinata insieme al suo autista Anderson Gomes in un agguato, dopo più di un anno dalla sua elezione al Consiglio Comunale di Rio de Janeiro. La coraggiosa attivista, che amava definirsi “femminista, nera e lesbica”, donna aveva solo 38 anni e si batteva per denunciare le discriminazioni, gli abusi della polizia e le esecuzioni extragiudiziali. Determinazione e coraggio che ha pagato con la sua stessa vita, come accade spesso ai difensori dei diritti umani e dell’ambiente del Brasile.

A distanza di 6 anni da quell’efferato assassinio, il grido di battaglia di Marielle Franco risuona ancora, non solo nel suo Paese, ma in tutto il mondo. E un paio di anni a Caserta è apparso un bellissimo murale dedicato proprio a lei.

A realizzarlo l’artista Monia Piteo per sensibilizzare tutti alla riflessione sul tema della violenza sulle donne e per celebrare l’impegno di Marielle Franco a difesa delle minoranze.

L’attivismo di Marielle a difesa delle minoranze oppresse

Marielle Franco, donna nera nata e cresciuta nella favela di Maré, in qualità di membro della Commissione statale per i diritti umani di Rio de Janeiro, aveva dedicato tempo, competenze ed energie alla difesa dei diritti delle donne nere, dei giovani abitanti delle favelas, della comunità Lgbtq e di altre comunità condannate all’emarginazione sociale e alla discriminazione di genere.

Nel 2016 era anche stata eletta nel consiglio comunale di Rio de Janeiro, come rappresentante del Partito Socialismo e Libertà (PSOL).

Inoltre, era particolarmente attenta a denunciare gli abusi della polizia e le esecuzioni extragiudiziali. Qualche giorno prima dell’attentato, il 10 marzo 2018, Marielle aveva duramente criticato l’intervento militare del 41° Battaglione della Polizia Militare contro gli abitanti di Acarí, favela alla periferia di Rio de Janeiro.

Indagini ancora in corso

Nel 2019 erano stati arrestati i due principali sospettati dell’omicidio: l’agente di polizia in pensione Ronnie Lessa e l’ex membro della polizia militare Élcio de Queiroz, accusati di avere stretto legami con un gruppo militante. L’inchiesta aveva individuato in Lessa l’autore materiale della sparatoria, mentre de Queiroz avrebbe guidato il veicolo che pedinava l’auto di Marielle.

Nel luglio del 2023 è scattato l’arresto per l’ex pompiere Maxwell Simões Corrêa, sospettato di essere coinvolto nell’uccisione della coraggiosa politica e del suo autista, oltre a 7 mandati di perquisizione e sequestro a Rio de Janeiro.

Da quanto emergerebbe dalle indagini, condotte da Polizia Civile in collaborazione con la Procura della Repubblica, l’omicidio di Marielle sarebbe stato ordinato come forma di vendetta proprio nei confronti di Freixo, collega di partito di Marielle distintosi per la sua opposizione alle milizie cittadine. L’attivista, infatti, aveva lavorato per un decennio nell’ufficio di Freixo prima di essere eletta consigliera comunale.

Ma ancora oggi nessuno sa chi siano i veri mandati del brutale omicidio.

Chi ha ordinato di uccidere Marielle? È perchè? – si domanda la sorella Anielle Franco, che non si dà pace e attende da anni di conoscre la verità – Siamo più vicini alla risposta e in questa lunga attesa l’eredità di mia sorella non fa che crescere. Quasi 6 anni dopo continuiamo a chiedere giustizia per Marielle e Anderson.

La “mattanza” dei difensori dei diritti umani

L’efferato omicidio rivela le innumerevoli difficoltà e i costanti pericoli che i difensori dei diritti umani si trovano ad affrontare oggi non solo in Brasile, ma anche nel resto dell’America Latina e del mondo. Vittime di minacce, aggressioni e omicidi, soprattutto quando operano nelle aree rurali del Brasile, i difensori dei diritti umani sono facili bersagli. Negli stati del Pará e di Maranhão i difensori sono maggiormente a rischio e le loro vite sono spesso appese ad un filo.

Fonti: DW/Política Livre

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