Il lockdown, tra Dad e sedentarietà, ha fatto raddoppiare la pubertà precoce nelle bambine italiane

Le conseguenze della pandemia da Covid-19 si riflettono anche sulla salute dei più giovani, secondo il nuovo studio condotto dal “Bambino Gesù” di Roma

L’isolamento dai compagni, lo stress del lockdown e della didattica a distanza, la sedentarietà, la paura del contagio, l’impossibilità di andare a trovare nonni o parenti – i ragazzini di oggi stanno pagando il conto salato degli effetti della pandemia da Coronavirus, che si riflettono anche sulla loro salute fisica.

Secondo uno studio condotto dall’Ospedale pediatrico “Bambino Gesù” di Roma, i mesi difficili della pandemia che stiamo tuttora vivendo hanno più che raddoppiato i casi di pubertà precoce fra le bambine nel nostro Paese: 338 casi di pubertà precoce rilevati nel semestre marzo-settembre 2020 rispetto ai 152 dello stesso periodo del 2019 (un aumento del 122%).

La pubertà precoce, annoverata fra le malattie rare, è una condizione che riguarda da uno a sei nati ogni mille: il corpo del bambino o della bambina inizia a subire le trasformazioni tipiche del passaggio all’età adulta prima del tempo, e ciò provoca una crescita rapida ma incompleta (con la conseguenza che da adulti avranno una statura inferiore alla media).

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Le bambine risultano essere le principali vittime di questo fenomeno che, come abbiamo detto, si lega a doppio filo all’emergenza sanitaria in atto: si tratta di bambine che raggiungono la fase dello sviluppo attorno ai sette anni, con circa un anno di anticipo rispetto alla norma. Un fenomeno simile non è stato riscontrato anche nei maschi: i numeri dei bambini che si sono sviluppati precocemente nel 2020 rientrano nella media degli anni precedenti (12).

Al momento non abbiamo spiegazioni per questa differenza tra i sessi – afferma Carla Bizzarri, pediatra che ha coordinato lo studio. – Sappiamo però che la pubertà precoce è molto meno comune nel maschio rispetto alle femmina ed è più spesso il risultato di mutazioni genetiche predisponenti o disturbi organici dell’asse ipotalamo-ipofisario. Possiamo ipotizzare che l’impatto di fattori scatenanti ambientali, quali quelli correlati alla pandemia, sia meno significativo sui tempi della pubertà maschile.

Per indagare le cause di questo fenomeno dai numeri preoccupanti, i ricercatori del Bambino Gesù hanno intervistato le famiglie delle bambine che si sono sviluppate precocemente, indagando le abitudini e lo stile di vita delle giovani pazienti. È emerso innanzitutto un aumento significativo del tempo trascorso con PC, tablet e smartphone – a causa dell’introduzione della didattica a distanza, ma anche della ricerca di attività di svago durante i mesi dell’isolamento. Contemporaneamente, si è assistito ad una drastica riduzione delle ore dedicate all’attività fisica, provocate dalla chiusura degli impianti sportivi, e all’adozione di uno stile di vita caratterizzato da una maggiore sedentarietà. Infine, più della metà delle famiglie intervistate ha segnalato cambiamenti di comportamento delle bambine e sintomi di stress.

Come spiega ancora la dottoressa Bizzarri – l’ansia e la tendenza all’isolamento sociale nelle ragazze in età prepuberale sono associate a un esordio puberale precoce: sappiamo oggi che la secrezione dell’ormone ipotalamico che dà inizio allo sviluppo puberale è regolata a livello del cervello, ma i meccanismi responsabili non sono ancora completamente noti. Potremmo presumere che una disregolazione dei neurotrasmettitori cerebrali indotta dallo stress sia alla base dell’aumento di nuovi casi di pubertà precoce osservati durante la pandemia.

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Fonte: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

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