La vera storia dei giocattoli. Viaggio nell’inferno delle fabbriche cinesi (FOTO)

Natale, tempo di regali, tempo di giocattoli. Ma sapete quali sono le conseguenze reali dell'aumento della richiesta di prodotti per bambini da parte dei Paesi più sviluppati, in vista della notte della vigilia, per coloro che li producono? Basta guardare le foto realizzate da Michael Wolf in "The Real Toy Story" per capirlo.

Natale, tempo di regali, tempo di giocattoli. Ma sapete quali sono le conseguenze reali dell’aumento della richiesta di prodotti per bambini da parte dei Paesi più sviluppati, in vista della notte della vigilia, per coloro che li producono? Basta guardare le foto realizzate da Michael Wolf in “The Real Toy Story” per capirlo.

I protagonisti sono le migliaia di operai cinesi, che producono ben il 75% dei giocattoli del mondo, tra cui Topolino e SpongeBob, in condizioni a dir poco disumane. Pagati miseramente, sono costretti a sopportare turni massacranti, straordinari non retribuiti, abusi fisici e verbali, assenza di norme di sicurezza e zero formazione.

Gli operai, come documentano le foto realizzate da Wolf in 5 diverse fabbriche della Cina, spesso dormono per terra o mangiano sul posto di lavoro. Alcune volte sono addirittura minorenni. A completare il quadro disarmante ci sono anche infortuni frequenti, standard di vita bassissimi, servizi igienici praticamente inesistenti e inalazione di sostanze chimiche tossiche.

Spesso ci preoccupiamo della tossicità dei materiali a cui esponiamo i nostri figli, dal piombo alle vernici tossiche, passando per il BPA, ma non pensiamo a cosa sono esposti i lavoratori che le maneggiano direttamente nelle fabbriche di giocattoli, di cui la maggior parte non ha accesso nemmeno a guanti o mascherine di base.

Invece questo è qualcosa su cui riflettere ogni volta che ci apprestiamo a fare un acquisto, perché ogni giocattolo fatto ingiustamente, attraverso il lavoro forzato e condizioni di lavoro inique, non trovi posto mai più negli scaffali dei nostri supermercati, o nelle nostre case.

Roberta Ragni

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