Andare a letto presto e dormire bene migliora il rendimento all’Università. Lo studio del MIT

Con un sonno profondo e regolare migliora il rendimento negli studi. Un’ovvietà? Forse no se si è molto giovani. Ma non è impressione, è il risultato di uno studio scientifico condotto dal Massachussets Institute of Technology (MIT) che ha trovato una netta correlazione tra qualità del sonno e media degli esami

Un sonno profondo e regolare migliora il rendimento negli studi. Un’ovvietà? Forse no se si è molto giovani. Ma non è impressione, è il risultato di uno studio scientifico condotto dal Massachussets Institute of Technology (MIT) che ha trovato una netta correlazione tra qualità del sonno e media degli esami.

Jeffrey Grossman, professore presso il prestigioso istituto statunitense, era intenzionato a trovare una correlazione tra esercizio fisico e rendimento accademico degli studenti del suo corso, ‘Introduzione alla chimica dello stato solido’, e ha così monitorato 100 studenti di ingegneria con Fitbit, popolare smartwatch che traccia l’attività di una persona nel corso della giornata, e ha iscritto circa un quarto di loro ad un ciclo di lezioni di fitness, controllando la media degli esami di un semestre.

Ma il rendimento di chi aveva fatto attività fisica non era diverso, in linea generale, da quello di chi non vi si era dedicato. Mentre era netta una correlazione tra il sonno e la media dei voti. E non in maniera scontata: non è infatti, in generale, il numero di ore di sonno a determinare la performance negli studi, ma la qualità, che a sua volta dipende anche dalla fascia oraria nella quale si dorme. In altre parole se si inizia a dormire dopo una certa ora (che varia comunque da persona a persona), anche un numero elevato di ore di sonno non basta a far riposare bene, con ripercussioni negative agli esami.

Basta notti brave quindi? Niente più “movida” per i giovani? Beh, lo studio ha analizzato i parametri di attività fisica (da cui si sono dedotti quelli del ritmo sonno/veglia) nel periodo di un semestre. Quindi, come una sola notte “buona” prima degli esami non ne modifica di molto il risultato, così qualche serata più “lunga” si può perdonare.

“Certo, sapevamo già che un sonno migliore sarebbe stato utile per il rendimento da una serie di studi precedenti che si basavano su misure soggettive – spiega Grossman – Ma in questo studio i benefici del sonno sono correlati alle prestazioni nel contesto di un corso universitario reale, e i risultati sono supportati da grandi quantità di dati oggettivi”.

E con risultati schiaccianti, aggiungiamo: infatti gli studenti che dormono anche solo un’ora in più di sonno nella fascia “corretta” hanno mostrato voti più alti del 50%, il che significa passare, per esempio, da un 20 ad un 30.

“I risultati di questo studio sono molto gratificanti per me come ricercatore, ma sono terrificanti come genitore” conclude Grossman, del tutto stupito dalle conclusioni del suo stesso lavoro.

Che, tra l’altro, ha portato a raccogliere anche dei dati inaspettati, come una correlazione indiretta tra rendimento universitario e genere.

Ebbene sì, le donne del corso hanno mostrato, in media, risultati migliori, ma non perchè sono donne, tranquillizzando il sesso maschile, ma perché, a quanto pare, mostrano abitudini di sonno migliori dei colleghi. Ma su questo (come su altri aspetti) saranno necessari degli approfondimenti.

La ricerca è stata pubblicata su Science of Learning, rivista del gruppo Nature.

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Roberta De Carolis

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