Il narghilè più dannoso per i polmoni delle sigarette?

Il fumo del narghilè è velenoso quanto o più di quello delle sigarette

Narghilè narghilè, quanto male tu fai? Tanto, se si considera che il fumo del narghilè (shisha o hookah), se se ne fa uso regolare, presenta gli stessi rischi di qualunque altro modo si fumi il tabacco. E renderebbe pure dipendenti.

Chi di voi dopo un viaggetto in Marocco o in Tunisia si è portato la famosa ampolla di vetro col tubo lungo lungo che faceva capolino dalla valigia, lo ha fatto sicuramente per il piacere che se ne trae dalla fumata, dal suo singolare sapore e dal gradevole senso di relax che segue. Pensando anche, erroneamente, che sia un fumo più “sano” di quello delle sigarette. In realtà, dietro quelle particolari fragranze, si celano parecchi danni, simili se non più gravi a quelli causati dalle bionde.

La conferma arriva da una revisione di studio firmata da ricercatori della Universidad Anahuac di Huixquilucan, in Messico, e pubblicata sulla rivista Respiratory Medicine.

Come funziona – Un narghilè è composto da 3 parti: un’ampolla di vetro alla base, un braciere per tabacco e carbone e il tubo attraverso cui passa il fumo. Il tabacco in genere viene mescolato a delle melasse al sapore di frutta e fumato in una pipa ad acqua. Il tabacco aromatico viene deposto nel braciere e ricoperto con della carta stagnola, mentre nell’ampolla di vetro si mette dell’acqua e la si collega al tubo attraverso cui si aspira il fumo.

Lo studio – I ricercatori hanno preso in esame le urine di chi fa uso del narghilè constatando alti livelli di metaboliti di nicotina. Livelli pari a ben 10 sigarette al giorno, quelli sufficienti per creare dipendenza. Non solo, ma alcune ricerche che hanno completato gli studi hanno anche individuato un legame tra il narghilè e alcuni tipi di tumori e a problemi respiratori che in genere sono collegati solo alle sigarette, tipo la bronchite cronica, il tumore al polmone, alla prostata e alla bocca e disturbi cardiovascolari. E ce n’è per ogni: anche herpes ed epatite C, infatti, sono dietro l’angolo a causa del modo in cui il narghilè si utilizza, ovvero la condivisione con più persone. Così come il rischio di avvelenamento da monossido di carbonio.

Fumare con un narghilè è ormai sempre più comune anche in Europa e in tutto l’emisfero occidentale. La pratica si diffuse nel subcontinente indiano tra gli indù nel XV secolo e si allargò successivamente attraverso l’Impero Ottomano. Secondo una stima, circa 100 milioni di persone in tutto il mondo fumano narghilè ogni giorno e secondo l’Organizzazione mondiale della sanità chi usa il narghilè lo fa in genere per un tempo che va dai 20 agli 80 minuti. E in questo lasso di tempo è possibile inalare una quantità di fumo equivalente a quello di 100 sigarette.

“Il narghilè spesso è visto come una forma di uso del tabacco più socialmente accettabile – spiega Ruben Blachman-Braun, uno degli autori della revisione -, ma non dovrebbe essere considerata un’alternativa più salutare”.

Insomma, anche il narghilè sul banco degli imputati. Che questo fumo fosse da abolire del tutto?

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