Ieri è stata una giornata storica. Anche se ora si teme la seconda ondata di contagi dalle persone che vengono da fuori.
In Cina per la prima volta dall’inizio della pandemia non si registra alcun nuovo caso di coronavirus “domestico”. Una notizia che fa ben sperare e che dà coraggio all’Italia, spingendo ancora di più a seguire l’esempio del paese asiatico, che si è barricato in casa per limitare i contagi.
La Commissione sanitaria della provincia di Hubei, in cui si trova Wuhan ha confermato che il numero di nuovi casi ha finalmente raggiunto lo zero lo scorso martedì.
Per la prima volta dall’inizio dell’epidemia di coronavirus, il colosso asiatico non non ha nuovi casi di contagi domestici.
Secondo la National Health Commission a livello nazionale ci sono state 34 nuove infezioni, tutte provenienti dall’estero. In altre parole, gli unici casi di positività rilevati non erano legati alla Cina ma provenivano da altri paesi.
Eppure, fino al mese scorso fa la Cina e in particolare Wuhan e la provincia di Hubei erano in ginocchio. Gli aumenti giornalieri erano imponenti, pari a diverse migliaia di nuovi contagiati al giorno.
L’assenza di nuove infezioni a Wuhan è arrivata prima di quanto precedentemente previsto, ma è ancora troppo presto per abbassare la guardia visto che deve rafforzare la difesa contro i casi importati dall’estero.
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I numeri cinesi
Il numero di nuovi decessi è sceso a cifre singole, con sole 8 segnalazioni, portando il bilancio delle vittime totale a 3.245. Secondo la Commissione il numero totale di infezioni attualmente pari a 80.928 e quello di guariti è di 70.420.
Altrove, le infezioni continuano a crescere. L’Italia ha raggiunto 35713 contagiati, di cui 28.710 attualmente positivi, secondo l’ultimo bilancio fornito dal Ministero della salute (18 marzo 2020).
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Il 6 marzo, l’epicentro dell’epidemia di Wuhan ha assistito alla riduzione dell’incremento giornaliero dei casi confermati a meno di 100, in calo dal picco di oltre 14.000 all’inizio di febbraio. Bruce Aylward, che ha guidato la missione congiunta Cina-OMS su COVID-19, sostiene che l’epidemia in Cina sia diminuita
“più rapidamente di quanto ci si aspettasse”.
L’11 marzo, l’aumento giornaliero delle infezioni trasmesse localmente è sceso a cifre singole per la prima volta nella Cina continentale. Ma i critici hanno messo in dubbio l’accuratezza dei dati cinesi, che in passato hanno causato confusione a causa dei criteri diagnostici che cambiano spesso.
In ogni caso, dietro alle tendenze al ribasso ci sono state una serie di misure forti adottate dal governo, tra cui la cancellazione di eventi di massa, la chiusura di attrazioni panoramiche, la sospensione di autobus a lunga percorrenza e la richiesta ai milioni di cinesi di rimanere in casa per ridurre al minimo i rischi di infezione. I divieti sono stati rispettati e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Paura per la seconda ondata di contagi
Ma non è ancora finita. Pechino e Hong Kong si trovano ad affrontare il secondo assalto del coronavirus, rafforzando le restrizioni sugli arrivi dall’estero visto che i nuovi casi non sono più “domestici” ma di importazione.
Pechino e Hong Kong e da qualche giorno anche Macao stanno rafforzando le restrizioni intimando la quarantena di 14 giorni ai cittadini di ritorno a casa e ai visitatori provenienti dall’estero, per paura di nuovo aumento dei tassi di infezione, finalmente sotto controllo. Di fatto, chi fa ingresso in queste città deve rimanere in quarantena per due settimane.
“Se non imponiamo misure più severe in questa fase, i nostri precedenti sforzi per prevenire la diffusione della malattia in questi due mesi potrebbero essere completamente sprecati”, ha detto l’Amministratore delegato di Hong Kong Carrie Lam Cheng Yuet-ngor. Negli ultimi cinque giorni, la Cina ha segnalato più casi importati rispetto alle infezioni locali, con la terraferma che ha riferito zero casi nazionali giovedì per la prima volta dall’inizio dell’epidemia.
Hong Kong ha contato 25 nuovi casi ieri, il più alto aumento in un solo giorno, e la maggior parte proveniva dall’estero.
L’appello all’Europa
Zhong Nanshan, uno dei principali epidemiologi cinesi, spiega che senza un forte intervento il coronavirus non verrà eliminato.
“Penso che molti paesi dovrebbero adottare misure [basate sul] meccanismo di intervento inventato dalla Cina. Il controllo a monte è un modo antico ma efficace. I punti chiave sono: prevenzione precoce, diagnosi precoce, diagnosi precoce e quarantena anticipata. Ora l’Europa sta vivendo la prima ondata di epidemie. Il numero di casi confermati continuerà ad aumentare. Suggerisco che vengano prense misure più forti per contenere l’epidemia. Dovrebbero testare e mettere in quarantena le famiglie vietando contatti di persone infette, non aspettare che si manifestino i sintomi”, ha detto Zhong.
In Italia molte di queste restrizioni sono già in corso. Si parla anche di prolungare la chiusura delle scuole oltre il 3 aprile.
Restare a casa è un obbligo morale, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti.
Fonti di riferimento: Ministero della salute, Xinhua, South China Morning Post
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