Persone con disabilità: un guanto hi-tech consentirà di muovere le mani

Persone con braccia e gambe paralizzate: un guanto hi-tech sarà in grado di restituire la capacità di presa e tradurre le attività del cervello e il movimento degli occhi in semplici comandi di apertura e chiusura della mano.

Biorobotica, good news per le persone con braccia e gambe paralizzate: un guanto hi-tech sarà in grado di restituire la capacità di presa e tradurre le attività del cervello e il movimento degli occhi in semplici comandi di apertura e chiusura della mano, trasmessi con una tecnologia wireless. Ciò consentirà loro di scrivere e mangiare da soli, di afferrare un bicchiere o anche una carta di credito.

Realizzato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, il nuovissimo guanto è controllato in maniera non invasiva da alcuni elettrodi posti in una cuffia, realizzati in Germania, dal gruppo dell’università di Tubinga guidato da Surjo Soekadar. Il risultato è pubblicato sul primo numero della rivista Science Robotics.

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L’esoscheletro è stato sperimentato per ora su sei persone quadriplegiche – cinque uomini e una donna di età compresa fra 14 e 30 anni – che sono così riuscite ad aprire e chiudere le mani e a controllarne i movimenti. Gli elettrodi sono nella cuffia, posti sulla testa e a lato degli occhi, e la “centralina” di controllo è incorporata nella sedia a rotelle.

Si tratta, per adesso, della prima fase di sperimentazione, mentre la strada per rendere disponibile il guanto hi-tech a tutti è ancora lunga. Ma i ricercatori sono ottimisti: “In Italia contiamo di mettere a punto entro il 2017 il protocollo per una nuova sperimentazione“, ha detto Maria Chiara Carrozza, che ho coordinato le ricerche insieme con Nicola Vitiello.

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Ma lo studio ha anche evidenziato un altro interessante aspetto, ci tiene a precisare Carrozza: “Nonostante i numerosi sforzi compiuti dalla bioingegneria, i sistemi robotici per la riabilitazione non hanno un livello di maturità tale da essere ‘portabili’, cioè trasportabili con facilità. In questo studio, abbiamo voluto compensare questi limiti ‘utilizzando’ la carrozzina come una sorta di ‘docking station’, stazione dove alloggiare i pesanti moduli di attuazione (movimento), alimentazione e calcolo necessari al funzionamento dell’intero apparato. Nei prossimi anni possiamo immaginare che questo paradigma venga sempre di più esplorato e che quindi individui quadriplegici possano sempre di più trasformare la loro carrozzina in una preziosa ‘risorsa’ per alloggiarvi ausili robotici ed informatici sempre più sofisticati, con l’obiettivo ultimo di migliorare la loro qualità della vita”.

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Un futuro roseo, dunque, per chi è costretto a vivere su una sedia a rotelle. Speriamo solo che i costi di tanta tecnologia siano poi accessibili davvero a tutti.

Germana Carillo

Photo Credit

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