Ipotiroidismo in gravidanza

Ipotiroidismo in gravidanza. E’ pericoloso, può comportare rischi per il neonato o per la mamma? Sicuramente il buon funzionamento della tiroide è molto importante sempre e ancor di più nel momento in cui si decide di dare la vita ad un nuovo essere umano.

Ipotiroidismo in gravidanza. È pericoloso? Può comportare rischi per il neonato o per la mamma? Sicuramente il buon funzionamento della tiroide è molto importante sempre e ancor di più nel momento in cui si decide di dare la vita ad un nuovo essere umano.

L’ipotiroidismo è una patologia causata da una ridotta funzionalità della tiroide, che non è più in grado di sintetizzare la quantità di ormoni T3 e T4 necessari per il corretto metabolismo del corpo. In gravidanza la situazione del corpo della donna fisiologicamente cambia e si hanno modificazioni anche della tiroide che cresce di volume per produrre più ormoni, utili al corretto sviluppo del feto.

In particolare nei primi 3 mesi, infatti, il feto utilizza esclusivamente gli ormoni prodotti dalla madre. Si capisce quindi quanto è importante che la ghiandola sia efficiente e non viva una situazione di ipofunzionalità. C’è da dire comunque che a risentirne, nel caso, sarebbe soprattutto la mamma, dato che il corpo quando vi è scarsa produzione di ormoni andrebbe comunque a favorire la crescita del feto. La cosa ovviamente non è consigliabile dato che si incorre comunque nel rischio di complicazioni della gravidanza, del parto o del corretto sviluppo del bambino.

COME SI RICONOSCE L’IPOTIROIDISMO

Generalmente un 2-4% delle gestanti risulta essere affetta da ipotiroidismo, fortunatamente nella maggior parte dei casi si tratta di un problema in forma lieve (comunque da non sottovalutare). Per arrivare a questa diagnosi è necessario fare alcuni esami durante il primo trimestre di gravidanza che devono ovviamente essere analizzati da uno specialista per capire anche, eventualmente, qual è il dosaggio di tiroxina (ormone tiroideo) consigliato in base alla situazione.

Nei casi di ipotiroidismo lieve non si riscontrano sintomi ben riconoscibili. Sarebbe quindi importante che all’inizio della gravidanza, soprattutto a chi ha familiarità con questo problema, vengano consigliati esami di screening per conoscere la situazione tiroidea e poter agire per tempo in caso di eventuali problemi. Il modo più semplice di fare questo è ovviamente analizzare i livelli plasmatici di TSH, ma si possono rendere necessarie anche ecografie o altri tipi di analisi.

Essenziale che gli esami della tiroide (ma anche tutti gli altri che si effettuano nel corso dei 9 mesi) vengano valutati da uno specialista in quanto non è sempre facile interpretare i risultati. Nel corso della gravidanza, infatti, cambiano i parametri per diverse analisi ma i laboratori non fanno differenziazione tra gestanti e pazienti “normali”, dunque spesso le mamme tendono ad allarmarsi (dato che vedono valori sballati) anche quando non c’è nessuna situazione di rischio.

Ovviamente, una particolare attenzione dovranno fare le donne che hanno pregressi problemi di tiroide e magari già seguono una terapia ormonale sostitutiva. Essenziale in questo caso informare subito il ginecologo che valuterà personalmente la situazione o deciderà se è il caso di consultare anche un endocrinologo.

POSSIBILI CONSEGUENZE

Le conseguenze di un ipotiroidismo in gravidanza possono essere serie se il problema è in forma grave o se si sottovaluta. Nello specifico questa patologia aumenta il rischio di ipertensione gravidica, distacco della placenta, aborto spontaneo, parto pretermine, basso peso alla nascita ed emorragie post-partum. Inoltre, i feti nati da mamme ipotiroidee in gravidanza rischiano un ritardo neurocognitivo. L’ha scoperto una ricerca di qualche anno fa condotta dall‘Università Cattolica di Roma che ha notato come una scarsa quantità di ormoni tiroidei possa andare ad alterare lo sviluppo del sistema nervoso fetale aumentando la probabilità che i bimbi nascano con difetti lievi ma significativi del quoziente intellettivo.

COSA FARE

In caso si riscontri un ipotiroidismo in gravidanza, lo specialista prescriverà immediatamente una terapia ormonale sostituiva e un controllo del TSH periodico nel corso dei 9 mesi per monitorare i livelli ormonali.

C’è bisogno di fare analisi, a volte anche abbastanza ravvicinate, in quanto nel corso della gravidanza aumenta il bisogno di ormoni tiroidei ed è bene quindi valutare la situazione più volte per ricalibrare il dosaggio degli ormoni da assumere. È evidente quindi che se una donna soffriva già di ipotiroidismo prima del concepimento dovrà certamente aumentare la dose di L-tiroxina che assume. Di quanto? Questo varia da paziente a paziente e molto dipende anche dalle cause dell’ipotiroidismo, la più comune in gravidanza è la malattia di Graves-Basedow che fa sviluppare anticorpi contro il recettore del TSH.

Nella maggior parte dei casi la tiroxina può essere assunta facilmente per bocca, tranne quando ci sono problemi di malassorbimento dovuti a malattie dell’apparato gastro-intestinale oppure all’assunzione di altri farmaci.

Essenziale in gravidanza anche aumentare i livelli di iodio che si assumono con l’alimentazione. Spesso infatti si può incorrere in delle carenze che non permettono di raggiungere il fabbisogno di questa sostanza che è più alto durante la gestazione (200-250 mcg). Come evitare allora carenze di iodio scegliendo i cibi giusti? Leggete QUI qualche suggerimento utile a proposito.

frecciaLeggi anche: CARENZA DI IODIO IN GRAVIDANZA: POTREBBE DANNEGGIARE LO SVILUPPO MENTALE DEL BAMBINO

In caso di ipotiroidismo in gravidanza, dunque, non c’è da allarmarsi più di tanto. Ciò ovviamente non significa che bisogna sottovalutare la situazione, al contrario è bene prendersi cura al meglio della propria salute e di quella della piccola vita che si porta in grembo affidandosi sempre ai consigli di un esperto.

Francesca Biagioli

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