Schizofrenia: scoperta l’area del cervello dove ha origine

Schizofrenia: una ricerca italiana contraddice la teoria finora più accreditata, secondo la quale allucinazioni e alterazioni della percezione hanno origine nella corteccia frontale.

Schizofrenia: una ricerca italiana contraddice la teoria finora più accreditata, secondo la quale allucinazioni e alterazioni della percezione hanno origine nella corteccia frontale.

Una malattia cronica, grave e invalidante che colpisce il cervello: la schizofrenia è una delle patologie psichiatriche più diffuse. Subdola, perché la maggior parte dei pazienti affetti mostra i sintomi soltanto in tarda adolescenza, della schizofrenia si è sempre pensato trovasse origine nella corteccia frontale del cervello che controlla le attività più complesse. Ma ora una ricerca ribalta le convinzioni degli scienziati, aprendo la strada a cure più mirate.

I ricercatori del Centro per i sistemi di neuroscienze e cognitivi (Cncs) dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Lit) a Rovereto, infatti, in un nuovo studio avrebbero identificato la “culla” della schizofrenia in altre aree, più lontane rispetto alla parte più evoluta del cervello.

Una scoperta che contraddice la teoria finora più accreditata, secondo la quale le allucinazioni e le alterazioni della percezione che caratterizzano questa patologia nascono nella corteccia frontale, in quell’area del cervello che controlla le funzioni primarie elevate come il linguaggio e la programmazione di azioni.

Cos’è la schizofrenia e come si manifesta

Si tratta di una patologia cronica che colpisce indistintamente uomini e donne di tutti i ceti sociali e che riguarda il cervello. La parola schizofrenia deriva dal greco e indica una “mente separata”, cioè una separazione dalla realtà: un individuo schizofrenico sostiene di sentire voci che altri non sentono, è convinto che gli altri leggano i suoi pensieri o che complottino di fargli del male, è capace di stare seduto per ore senza muoversi né parlare.

Può inoltre fare discorsi senza senso, essere incapace di avere cura di sé e avere compromesse anche alcune delle funzioni più evolute dell’essere umano, come ad esempio la percezione, la memoria, l’attenzione, l’apprendimento e le emozioni.

Quanto ai sintomi, questi si distinguono in positivi, negativi e cognitivi. Tra i primi rientrano le allucinazioni, le manie o i disordini del movimento. I sintomi “negativi” sono invece il disturbo delle normali emozioni e del comportamento, come il parlare monotono senza muovere la faccia o la mancanza di piacere nella vita di ogni giorno (sintomi difficili da riconoscere perché possono essere scambiati per depressione).

Ad oggi, questa malattia in Italia colpisce circa 250mila persone e porta a una drastica diminuzione dell’aspettativa di vita rispetto alla popolazione generale. Una condizione che riguarda circa 3,5 milioni di persone in Europa e circa 24 milioni a livello mondiale, secondo i dati dell’Oms. La riduzione dell’aspettativa di vita va da 10 a 22,5 anni.

Lo studio

Gli studiosi italiani hanno confrontato le immagini dell’attività del cervello rilevate con la tecnica della risonanza magnetica funzionale in 94 persone sane e in 94 affetta da schizofrenia.

Dalle analisi, hanno evidenziato che le aree della corteccia frontale non sono alterate, ma che piuttosto ci sono delle alterazioni della percezione iniziale del segnale che si riflettono sulle funzioni cognitive superiori e le alterano.

Per Cécile Bordier, autrice dello studio, ciò stabilisce che “la comunicazione è già alterata ad un livello molto basso dell’elaborazione del segnale”.

Una scoperta importante, questa, che gli scienziati salutano come il primo passo per programmare terapie farmacologiche più mirate.

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Germana Carillo

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