Positività tossica: cos’è e come non cadere nelle trappole dei social

La positività tossica ha ricevuto, negli ultimi tempi, una grande attenzione. Ma di cosa si tratta esattamente e come possiamo evitarla?

La positività tossica ha ricevuto, negli ultimi tempi, una grande attenzione. Ma di cosa si tratta esattamente e come possiamo evitarla?

Chi lo avrebbe mai detto che rincorrere la felicità è la via più rapida per l’infelicità? Proprio così: più riconosciamo il valore benefico della felicità, più la nostra spasmodica ricerca del benessere e di un atteggiamento positivo può ritorcersi contro di noi, portandoci solo più infelicità.

Non pochi studi hanno dimostrato che, quando le persone tengono in alta considerazione la propria felicità, questa può portare ad una maggiore occorrenza di sensazioni negative – soprattutto in quei contesti in cui ci si aspetta di essere felici.

Questa tendenza ad “aspettarsi la felicita” e a sentirsi poi delusi (accusando magari se stessi per non sentirsi davvero felici) è connessa a sintomi depressivi e ad un cattivo stato fisico. Il sentimento di infelicità, in pratica, deriva dallo scollamento fra una situazione oggettivamente positiva e il nostro effettivo stato d’animo, che invece è negativo: per esempio, perché ci sentiamo tristi e soli se siamo circondati da persone che ci amano? Oppure, perché siamo insoddisfatti dal punto di vista lavorativo se svolgiamo il lavoro che desideravamo fare e per cui ci siamo impegnati tanto? La nostra mente finisce con il negare e ignorare ogni emozione negativa, perché ingiustificata: dobbiamo essere felici ad ogni costo.

(Leggi anche: Ricercatori scoprono il segreto della felicità in questi due semplicissime cose che dovresti fare ogni giorno)

Per comprendere i meccanismi della felicità nella nostra mente ed evitare di cadere nello sconforto, alcuni ricercatori hanno misurato due approcci relativi alla ricerca della felicità: dare valore alla felicità e dare priorità alla positività. Le persone che valutano la felicità concordano con frasi come Mi occupo della mia felicità, anche quando mi sento felice oppure Se non mi sento felice, forse c’è qualcosa che non va in me. Dall’altra parte, le persone che danno priorità alla felicità concordano con frasi quali Organizzo le mie giornate per massimizzare la mia felicità oppure Cerco e coltivo le mie emozioni positive.

Nello studio sono stati inclusi anche parametri per valutare quanto le persone si sentissero a disagio con le loro emozioni negative: per fare questo, i ricercatori hanno proposto ai partecipanti di concordare (o meno) con frasi come Vedo me stesso in fallimento se mi sento ansioso o depresso oppure Mi sento meno me stesso se mi sento ansioso o depresso.

Le persone che si aspettano di essere felici (cioè che attribuiscono grande valore alla felicità) sono quelle che tendono a vedere le loro emozioni negative come un segnale di fallimento nella vita e, pertanto, non riescono ad accettarle. Dall’altra parte, le persone che inseguono indirettamente la felicità (quelle cioè che danno la priorità agli atteggiamenti positivi) sembrano accettare maggiormente le emozioni negative e non le vedono come un fallimento.

Ciò che emerge è che, quando le persone credono di dover mantenere alti livelli di positività e felicità in ogni momento affinché la loro vita sia degna di essere vissuta (o perché temono il giudizio degli altri), non reagiscono in modo giusto alle emozioni negative: combattono contro questi sentimenti e provano a negarli, piuttosto che accettarli come parte della vita. Avere un atteggiamento positivo, invece, porta ad una reazione opposta di fronte a emozioni negative: sentirsi giù o stressati non è in contrasto con la ricerca della felicità.

Quindi, ciò che rende la positività “tossica” non è l’atteggiamento positivo di per sé. Piuttosto, è come una persona si relaziona alla felicità che provoca risposte diverse alle inevitabili esperienze negative della vita. La prospettiva di sperimentare dolore, perdita, sofferenza o disappunto nella vita è inevitabile: ci saranno molti momenti in cui ci sentiremo depressi, ansiosi, spaventati o soli – fa parte della vita. Ciò che conta e che può fare la differenza è il modo in cui noi reagiamo a queste emozioni: ci immergiamo in esse e le accettiamo semplicemente per quello che sono, cioè parte della nostra esistenza, oppure proviamo a fuggire da esse e ad evitarle? Imparare a gestire i momenti brutti è davvero la chiave per la felicità.

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Fonti: The Journal of Positive PsychologyThe Conversation

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