Respirare aria inquinata danneggia il nostro cervello e indebolisce la memoria, secondo uno studio italiano

Uno studio tutto italiano mette in relazione l’esposizione ad agenti inquinanti e i possibili danni al cervello e in particolare alla memoria

Uno studio tutto italiano mette in relazione l’esposizione ad agenti inquinanti e i possibili danni al cervello – in particolare per la memoria e l’insorgenza di malattie degenerative come la demenza

Un team di ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia ha indagato il legame fra l’inquinamento dell’aria e il decadimento cerebrale. Sono già numerosi gli studi che hanno indagato gli effetti negativi di smog e aria inquinata sulla nostra salute, ma questo è il primo studio riguardante specificamente gli effetti dell’inquinamento atmosferico sull’ippocampo (struttura cerebrale di grande importanza per le sue importantissime funzioni cognitive e di memoria).

Gli autori dello studio si sono basati sia sugli studi neuro-epidemiologici sino ad oggi pubblicati su questa tematica sia su avanzate tecniche statistiche di meta-regressione. È emerso che le polveri sottili, e in particolare il cosiddetto particolato fine (PM2,5), sono associati ad una significativa riduzione del volume dell’ippocampo, con conseguente decadenza delle capacità mnemoniche e con un aumentato rischio di insorgere in patologie neurodegenerative come la demenza. Assente invece è apparsa una relazione tra danni all’ippocampo e biossido di azoto, un altro noto inquinante delle sorgenti di combustione, incluso il traffico autoveicolare.

(Leggi anche: L’aria inquinata ci sta uccidendo più del fumo e delle guerre: lo studio shock)

I ricercatori, inoltre, hanno messo a confronto gli effetti dell’inquinamento dell’aria e del normale invecchiamento sulla riduzione di volume dell’ippocampo: un incremento dei livelli di inquinamento ambientale di 10 µg/m3 di PM2,5 provocherebbe un effetto simile a quello esercitato da un anno di ‘età anagrafica’ – in pratica, l’esposizione all’aria inquinata fa invecchiare in modo precoce non solo il nostro fisico, ma anche il nostro cervello, e accorcia quindi l’aspettativa di vita.

Questa ricerca – commenta il Professor Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche, Metaboliche e Neuroscienze dell’Università di Modena e Reggio Emilia – tocca un argomento di grande attualità ed interesse sanitario e sociale nel senso più ampio, ovvero il possibile impatto di alcune forme di inquinamento sul decadimento cognitivo. L’evidenza di queste associazioni epidemiologiche è fondamentale per indirizzare la ricerca verso specifici fattori di rischio e meccanismi neurobiologici, e darà quindi importanti frutti in diversi ambiti biomedici.  

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Fonte: Enviromental Research

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