Fare pace con se stessi: la pratica del rimuovere l’oggetto

La paura, il dolore, la fatica emotiva, la rabbia, la tristezza non ci piacciono. Seguiamo la pratica del "rimuovere l'oggetto" del maestro Thich Nhat Hanh.

La paura, il dolore, la fatica emotiva, la rabbia, la tristezza non ci piacciono. Tutti però ne portiamo con noi una certa dose, sicura, che deriva dalle ferite e dai dolori vissuti – più o meno consciamente – nell’infanzia e cerchiamo di non sentirli: distraendoci, impegnandoci in altre attività. Ma loro, furbetti e impertinenti, prima o poi ritornano. Si fanno risentire. Più li rifuggiamo, più ci inseguono.

Una via d’uscita però c’è: guarire. Il percorso è illustrato, passo dopo passo, con poesia e gentilezza, da Thich Nhat Hanh, nel suo libro Fare pace con se stessi (Terra Nuova Edizioni). Si tratta di concedersi la possibilità di risentire, portare alla luce i conflitti interiori più remoti e così trasformarli in forza e consapevolezza: energie nuove, vive, per la nostra vita, che ci consentono di esprimerci più liberamente, avendo eliminato zavorre che ci limitano nelle relazioni e nella realizzazione personale.

Naturalmente è possibile anche imparare a lasciar andare sullo sfondo anche fastidi e tensioni che riguardano la vita presente. Una pratica, in particolare (tra le diverse citate nel libro), è tanto semplice quanto efficace; il suo nome è rivelatore: “rimuovere l’oggetto”.

Thich Nhat Hanh rivela che il maestro Linji, maestro zen cinese, usava l’espressione “rimuovere l’oggetto” per indicare l’azione di allontanare i pensieri disturbanti riguardanti una situazione, una persona, una storia per tornare nel presente, nel qui ed ora del corpo e delle emozioni. Non si tratta di evitare ma di permettere che succeda qualcosa di più profondo e importante: “possiamo individuare i nodi interni e abbracciarli teneramente, lasciare che le tensioni si distendano e rilassarci; allora possiamo guarire”.

Ed eccola; la pratica del “rimuovere l’oggetto” (da fare in un posto tranquillo, magari seduti, con la schiena tenuta dritta; si comincia semplicemente ascoltando e seguendo il proprio respiro; occhi chiusi per facilitare il rilassamento e l’ascolto di sè):

Inspirando, ritrovo la mia inspirazione

espirando, ritrovo la mia espirazione

Inspirando, richiamo alla mente l’oggetto (il mio problema, situazione, persona…)

espirando, mi apro a questo problema

Inspirando, lascio andare ogni pensiero riguardo l’oggetto

espirando, abbraccio l’energia del mio corpo

Inspirando, porto attenzione e sento il mio corpo, le sensazioni e le emozioni

espirando, abbraccio il mio corpo, le sensazioni e le emozioni, quali che siano

Inspirando, porto la mia inspirazione nel mio corpo, sensazioni ed emozioni, quali che siano

espirando, rilascio le tensioni nel mio corpo e nelle mie emozioni

Inspirando, sono consapevole della mia inspirazione

espirando, sono consapevole della mia espirazione.

Le istruzioni vanno seguite per almeno un paio di minuti per step.

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Le avvertenze: qualche volta l’energia del corpo, le sensazioni, le emozioni possono sembrare troppo pesanti, dolorose, soverchianti. In quel caso, si dovrebbe cercare di restare in contatto per almeno venti secondi, il più possibile insomma (fino a quando si riesce, fino a quando “non è troppo”) e poi aprire gli occhi e guardare qualcosa, ad esempio fuori dalla finestra. Quando ci si risente di nuovo pronti, provare a ricontattare, per un po’, quell’emozione. Cambiare l’oggetto dell’attenzione (dentro/fuori) “aiuta a trovare una solida base fuori di noi e spazio dentro di noi”.

Buona pratica.

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