In quale parte del cervello vengono conservati i ricordi autobiografici? Nell’ippocampo solo “l’indice”

La memoria autobiografica non sarebbe localizzata nell'ippocampo come si credeva. Questa struttura cerebrale avrebbe un ruolo nella creazione dei ricordi e in una sorta di loro "catalogazione". 

La memoria autobiografica non sarebbe localizzata nell’ippocampo come si credeva. Questa struttura cerebrale avrebbe un ruolo nella creazione dei ricordi e in una sorta di loro “catalogazione” e di indice.

A dirlo sono i ricercatori del Riken Center for Brain Science di Wako, in Giappone, che in un articolo su Science smentirebbero l’ipotesi che l’ippocampo sia anche il posto in cui il cervello conserva i ricordi autobiografici.

La memoria autobiografica o episodica, cioè, quella che riguarda le esperienze personali avvenute in tempi e luoghi precisi, non si troverebbe nell’ippocampo. Questo, piuttosto, funzionerebbe come una specie di registro della memoria, capace di creare un “indirizzo” necessario a ritrovare i circuiti che codificano i singoli ricordi autobiografici.
Secondo la teoria più comune, la memoria autobiografica si troverebbe proprio nell’ippocampo, che collegherebbe i ricordi agli specifici contesti di spazio in cui è avvenuto l’evento da ricordare.

Una tesi sostenuta dal fatto che esistono prove sperimentali che quella struttura cerebrale sia in grado di gestire proprio la memoria spaziale, che la sua attività aumenti quando viene richiamato un ricordo e che le eventuali lesioni dovute a traumi, ictus o a malattie neurodegenerative possano impedire il richiamo dei ricordi e la creazione di nuove memorie.

Ma mancano prove sperimentali che i ricordi stessi siano effettivamente conservati nell’ippocampo.

I ricercatori giapponesi hanno così svolto alcuni esperimenti ricorrendo a una tecnica “optogenetica” che, con la marcatura dei neuroni dell’ippocampo con molecole fotosensibili, è in grado di tracciare le cellule che si attivano e di “accenderle” o “spegnerle” tramite impulsi luminosi.

Tramite una serie di analisi, gli studiosi hanno constatato che quando si “accendono i lumi della memoria”, vi è sì un aumento generale dell’attività dell’ippocampo, ma non sono sistematicamente gli stessi neuroni ad attivarsi.

Risultato? I neuroni dell’ippocampo non avrebbero la funzione di creare ricordi di specifici luoghi legati a specifici ricordi, ma di creare una sorta di “indice di indirizzamento” per le nuove tracce mnemoniche.

Il loro ruolospiega McHugh, uno degli autori della ricerca – è quello di tracciare gli elementi di una memoria, siano essi di suono, visione o altri sensi, e poi innescare il loro richiamo attivando altre parti del cervello come la corteccia”.

Una macchina meravigliosa, il nostro cervello!

Leggi anche

Germana Carillo

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Iscriviti alla newsletter settimanale
Seguici su Facebook