8 consigli che ogni psicologo ti darebbe per combattere l’ansia

Ecco 8 cose che è importante sapere sull'ansia e che potresti imparare in un percorso dedicato di lavoro personale con uno psicologo.

Avere l’ansia, diciamocelo, non è affatto divertente. In Italia sono circa 2 milioni e mezzo le persone che soffrono – o negli ultimi dodici mesi hanno sofferto – di disturbi d’ansia; i più diffusi sono la fobia specifica, l’ansia sociale e l’ansia generalizzata.

I soggetti più a rischio: chi abita nei grandi centri urbani, soprattutto la popolazione femminile e i giovani. Ma di cosa si tratta esattamente e come affrontarla?

Ecco 8 cose che è importante sapere e che potresti imparare in un percorso dedicato di lavoro personale con uno psicologo.

I segnali che identificano uno stato ansioso

L’ansia è un meccanismo biologico importante perché segnala la presenza di un possibile pericolo. I sintomi possono essere fisici, psicologici e comportamentali; i più diffusi, rispettivamente, sono:

  • tachicardia, vertigini, vampate di calore
  • intensa preoccupazione che dura nel tempo, difficoltà a concentrarsi e a memorizzare, irritabilità, tendenza a difficoltà nell’addormentarsi
  • agitazione motoria o, al contrario, immobilità; tendenza ad evitare di eseguire determinate attività

A volte sintomi fisici come tensione muscolare e spossatezza sono gli unici indicatori di uno stato ansioso: il corpo, infatti, può manifestare l’ansia prima del cervello.

Attenzione al livello!

Se si affacciano solo ogni tanto, bassi livelli di ansia sono in genere funzionali ad affrontare le situazioni e quindi andrebbero accolti e utilizzati proattivamente come stimolo (oltre che indicatore di un alert personalizzato) e non considerati patologici o da eliminare, subito, ricorrendo ad una pillola. Ma se diventano importanti e influiscono sulla propria qualità di vita oppure durano più di sei mesi è importante rivolgersi ad uno psicologo o uno psicoterapeuta (naturalmente si può decidere di lavorarci su anche prima).

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Non confondiamola con la paura

L’ansia non è paura. Uno studio pubblicato nel 2016 sull’American Journal of Psychiatry da Joseph LeDoux e Daniel Pine, due noti neuroscienziati, sottolinea come paura e ansia dipendano da circuiti neuronali diversi. È certamente vero che uno stato ansioso si può attivare in situazioni percepite come pericolose ma in buona parte questi vissuti sono correlati alla percezione dello stress: in determinati ambienti, vivendo in situazioni stressanti che perdurano nel tempo, molte persone tendono a sviluppare risposte ansiose. Diversi studi hanno dimostrato che alcune persone sono maggiormente predisposte per il loro corredo genetico o perché vivono o sono cresciute in un ambiente familiare ansiogeno.

La prestazione e l’immagine di sé

Una forma particolare è l’ansia da prestazione: succede quando ci si sente chiamati a rispondere a livelli di visibilità, rendimento, produttività, a degli standard “di perfezione” che, se non raggiunti, possono mettere a rischio il posto, il rispetto, l’idea che gli altri hanno di noi o l’immagine che abbiamo di noi stessi. Allo stesso modo, un vissuto d’ansia può indicare che non si sta realizzando davvero se stessi ma, piuttosto, si stanno seguendo pressioni sociali, modelli esterni oppure, ancora, c’è un profondo e diffuso vissuto di scarsa autostima.

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Dietro, a volte c’è la rabbia

L’ansia, a volte, è invece la parte visibile di un sentimento profondo di rabbia (che se espresso, socialmente, è meno accettabile e compreso): è una sorta di maschera che consente di abbassare, non dichiarare quello che si prova veramente perché lo si teme. Quasi sempre questo “nascondimento” non viene fatto consapevolmente ma è una trasformazione che avviene a livello inconscio.

Il messaggio simbolico, la lettura psicosomatica

In ottica psicosomatica, l’ansia – sempre – parla di una grande ricchezza, di un potenziale che richiede di essere liberato, vissuto, riconosciuto: “Attraverso di essa, il cervello si fa carico di scuoterci alla radice per segnalarci che stiamo escludendo dalla nostra vita una parte essenziale di noi stessi, qualcosa che evidentemente non si può sopprimere senza ricadute: creatività, sessualità, sentimenti, libertà, desideri, modi di essere”, spiegano gli esperti di Riza. Naturalmente per poterlo fare, prima bisogna riconoscerla, accettarla.

Buone pratiche per affrontare, da soli, uno stato ansiogeno

L’ansia non è irrisolvibile. Se, naturalmente, è meglio prevenirla, nel momento in cui si presenta si possono adottare dei piccoli rimedi strategici; ad esempio:

  • ascoltare e cercare di “entrare” in un brano di musica che piace molto
  • respirare profondamente, portare la propria attenzione solo sul respiro e le sensazioni del corpo
  • una bella passeggiata nella natura
  • una corsa (o qualsiasi attività fisica che “costringa” l’attenzione su quello che si sta facendo)

e in generale, adottare stili di vita più corretti (adeguate ore di riposo, cibo sano e biologico, buone relazioni costruttive, tempo da dedicare alle proprie passioni e non solo al lavoro, confini di lavoro chiari), incluso il rapporto con la tecnologia: fondamentale, tra le altre cose, sconnettersi da pc, telefonino, non guardare la tv per almeno mezz’ora prima di andare a letto.

L’efficacia della mindfulness

La meditazione è assolutamente efficace contro i disturbi d’ansia. Numerosi studi, in particolare, hanno dimostrato l’efficacia della mindfulness. È importante precisare che se non si ha già la consuetudine, cominciare a meditare proprio mentre si è in uno stato ansioso è piuttosto difficile. Meglio quindi iniziare, imparare questo tipo di attività quando si è in uno stato emotivo più sereno: praticare aumenta in ogni caso il benessere personale, l’autostima, la consapevolezza di sé. In un “terreno” fisico ed emozionale più centrato e consapevole, si sarà meno soggetti ad episodi ansiogeni e in ogni caso li si potrà affrontare e risolvere più facilmente.

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