10 abitudini e comportamenti che ci allontanano dalla felicità

Vediamo insieme le 10 abitudini e comportamenti che ci allontanano, ogni giorno, dalla felicità e come migliorare la nostra condizione

La felicità è data da mille piccole e grandi cose: un gesto di attenzione agli altri, la bellezza armoniosa di un paesaggio o del tramonto, il profumo di un fiore, la realizzazione di un obiettivo, gli attimi vissuti all’interno delle relazioni più importanti. O “semplicemente” sentirsi in connessione con il Cielo, con l’Infinito intorno a noi. Ma ci sono anche tanti gesti, abitudini, comportamenti che rendono concretamente più difficile sentirci felici. Eccone 10, da modificare subito!

Non avere nulla che dia un senso più grande alla propria vita

Ogni essere umano, nessuno escluso, porta dentro di sé un anelito che richiama ad incontrare, incarnare, una visione e uno scopo superiore ai semplici bisogni o interessi individuali: si tratta di fare la differenza, di partecipare in modo costruttivo e propositivo per il bene degli altri (ad esempio nel volontariato di ogni tipo in ambito umanitario; aderendo ad iniziative che vogliono cambiare in meglio il mondo, la cultura, l’ambiente; oppure in un lavoro che possa fare la differenza, che abbia un valore sociale, etico).

Anche un approccio spirituale alla vita può dare un respiro più ampio, di senso che risuona nel profondo e orienta la propria lettura del mondo in modo nuovo. Dare uno scopo superiore alla propria esistenza rende più felici, ci avvicina alla nostra realizzazione personale autentica perché ci mette nella condizione di esprimere al meglio tutti i nostri talenti e di ascoltare il richiamo del nostro Sè.

Assenza di obiettivi concreti

Avere una meta verso cui muovere i propri passi è importante, fondamentale: non è tanto la destinazione in quanto tale a fare la differenza ma il fatto che ci si mette in cammino per raggiungerla. In questo percorso succedono le cose più interessanti: agiamo, affrontiamo le sfide che gli eventuali ostacoli ci portano, produciamo nuovi pensieri, viviamo emozioni, ci rimettiamo in gioco. Stiamo in un processo che ci motiva e ci fa sentire vivi, da un senso concreto e quotidiano, costruttivo.

Non avere obiettivi, trascinarsi giorno per giorno nel tran tran delle cose normali o sicure, consolidate, piano piano ci impoverisce su tutti i piani (fisico, emozionale, spirituale); ci allontana da quello cui siamo chiamati: crescere, evolvere, nel bene per tutta la Terra.

Camminare con le spalle cadenti

La postura non è certo tutto ma è tanto: parla di noi, riflette il nostro stato d’animo, rivela il nostro atteggiamento nella vita. E, al tempo stesso, li influenza. Scegliere quindi di intervenire sulle nostre abitudini posturali, sui movimenti che il corpo spontaneamente fa, aiuta a cambiare emozioni, comportamenti. Le spalle che, spontaneamente, tendono ad essere un po’ chiuse e ripiegate in avanti, oppure cadenti, favoriscono e rafforzano un atteggiamento passivo, di sconfitta, di tristezza di fondo.

Camminare con un buon ritmo, con le spalle riportate in una posizione “normale” (all’inizio servirà uno sforzo di volontà e attenzione) e di conseguenza anche con una diversa, più alta, posizione della testa, favorisce un approccio alle cose, una visione e una forza personale più proattivi. E agisce anche sull’umore.

Fermare sempre l’attimo in un click

Mai come in questi tempi social-addicted, fotografare tutto ma proprio tutto o quasi, sembra la normalità. Facebook, Instagram, Pinterest, Twitter sono il palcoscenico perfetto per questo tripudio di scatti di buono e pessimo gusto e/o utilità. A molti sembra di poter fermare e ricordare meglio piccoli attimi di felicità ma non è veramente così.

L’attimo è sì fuggente ma lo si ferma vivendolo con intensità e presenza: solo così entra davvero nella nostra esperienza. Fare una foto porta in un’altra dimensione, in un’altra esperienza: quella fotografica, appunto. E non resta poi nulla nella vita. Lo ha dimostrato uno studio condotto sui visitatori di un museo: i soggetti che avevano scattato le foto avevano maggior difficoltà a ricordare quel che avevano visto. Va da sé che non si tratta di non fare più foto ma di riappropriarsi di un modo diretto, naturale, emozionale e relazionale di stare ed agire nelle diverse situazioni. Poi, una foto, riassuntiva, celebrativa ci sta: come si faceva una volta insomma.

Non fare esercizio fisico

Mente sana in corpo sano: si sa. Così come oramai dovrebbe essere chiaro chiaro chiaro a tutti che l’attività fisica (anche solo camminare per almeno mezz’oretta a passo sostenuto, per almeno tre volte alla settimana) attiva la produzione di serotonina ed endorfine, ormoni che producono emozioni positive. Uno studio ne ha pure quantificato l’impatto: svolgere attività fisica 3 volte a settimana riduce del 19% il rischio di depressione.

Vero è che chi non è felice tende a muoversi poco o nulla. In questo caso quindi serve un vero sforzo di volontà per cambiare, per rimettersi in moto e, piano piano, far girare di nuovo anche la ruota del benessere e della felicità. Per cominciare, bastano due o tre minuti.

Mantenere relazioni affettive non costruttive

La qualità delle nostre relazioni affettive fa la differenza: possono rappresentare uno scambio costruttivo e nutriente per entrambi oppure possono essere – in realtà – dei piccoli cappi al collo che soffocano lentamente. Sono, queste ultime, relazioni tossiche. Le ragioni che le rendono tali possono essere le più diverse ma è certo che la loro presenza, che a volte (in modo errato) pare pure rassicurante o “meglio che niente”, taglia il collegamento con la felicità: sono rapporti distruttivi, predatori, annullanti.

Le si riconoscono perché non c’è amore, felicità spontanea ma piuttosto paura, dipendenza, ansia, depressione. Riuscire a lasciarle andare, uscirne, permette di recuperare autostima; significa porre le basi per incontrare qualcuno con cui poi camminare nella realizzazione sentimentale autentica, quella che consente di essere felicemente in relazione.

Multitasking come stile di vita

Fare più cose contemporaneamente è ovviamente possibile, d’accordo (lo prova sicuramente la vita pratica di ognuno di noi) ma è altrettanto certo che la qualità che emerge, quando si esegue un compito alla volta, sia differente. Quasi sempre perlomeno.

Al di là della “prestazione”, però, ci siamo noi: seguire più attività, incarnare costantemente il multitasking ci porta in una dimensione “alterata”, automatica. Non riusciamo ad essere “nel presente”. Aumenta lo stress, la sensazione che la vita passi vorticosamente senza averla interiorizzata: siamo nell’agire nell’urgenza, nella “sopravvivenza”. Lo stress gongola, la felicità no.

Dormire poco, andare a letto tardi

Riposare bene fa bene alla salute, all’umore. Quando si è stanchi si è più nervosi, irritabili, meno disponibili: condizioni che si muovono in direzione opposta al benessere, alla felicità. Ma non è tutto: per essere felici, bisogna anche andare a letto presto. Lo ha dimostrato uno studio condotto presso la Binghamton University: le persone che dormono poco ma soprattutto si coricano tardi tendono ad avere più pensieri negativi.

Stare lontani dalla Natura

La connessione con Madre Terra è fonte di riequilibrio e benessere profondo: per questo camminare – o anche solo sedersi e respirare profondamente – nel verde di un parco cittadino può cambiare e migliorare il nostro umore. Figuriamoci immersi in un bosco, sulla riva del mare o di un lago.

La rigenerazione è tanto più profonda quando più riusciamo ad entrare in relazione con la Natura che abbiamo intorno; sapersi meravigliare, stare nella bellezza, nella ricchezza espressiva di forme di vita, colori, suoni, odori e armonie rappresentano un nutrimento profondo per il nostro spirito, con benefici indiretti sulla nostra intera persona.

Non pianificare spazio e tempo per se stessi

Le relazioni con gli altri sono fondamentali per il nostro benessere, tanto più quelle con le persone che amiamo. Ma è anche necessario prevedere, recuperare, ritagliare del tempo solo per sé: uno spazio intimo, di solitudine costruttiva, di ascolto del proprio “respiro” fatto di emozioni, pensieri, obiettivi. Un tempo di “vuoto intorno” per risentirsi, fuori da ogni distrazione bella o brutta che sia.

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Quando prenderselo e per quanto tempo? Non ci sono “misure” giuste. Dipende dal momento, dal bisogno, dalla persona. Ma è utile: dà un ritmo e rende più interessante e consapevole poi il proprio agire nel mondo, nelle relazioni. Buone premesse per la felicità.

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