Non fate le superdonne, lavorare fino al nono mese non è una conquista ma una schiavitù. Parola del ginecologo

Giuseppe Battagliarin, ginecologo, in un post su Facebook ha espresso le sue remore sulla manovra che dà la possibilità alle puerpere di rimanere a lavoro fino al nono mese.

Grazie alla Legge di bilancio 2019, le donne in dolce attesa possono lavorare fino al nono mese di gravidanza. Molte hanno visto questa manovra come una conquista, ma il ginecologo Battagliarin fa invece sentire la sua versione

Lavorare fino all’ultimo giorno di gravidanza: adesso si può grazie alla Legge di bilancio 2019, che, tra le altre cose, ha introdotto una sostanziale novità per tutte le future mamme in carriera: chi ne avrà desiderio (e salute) potrà rimanere al lavoro fino al nono mese di gravidanza, prolungando così tutto il periodo di astensione in congedo maternità di 5 mesi a dopo il parto.

Un passo che è stato salutato da molte come una conquista, o quanto meno un’opportunità in più di scegliere cosa fare e quanto tempo dedicare al parto e al futuro bebè prima di tornare in ufficio (la manovra riguarda qualsiasi lavoratrice e non solo le libere professioniste e le partite Iva). Mai si pensava, però, che (anche) questa notizia potesse essere al centro di un acceso dibattito.

Ad accendere la miccia questa volta ci ha pensato Giuseppe Battagliarin, ginecologo e presidente della commissione nascite dell’Emilia-Romagna, che in un lungo post su Facebook non ha pensato due volte ad esprimere le sue remore per una simile manovra.

Non fate le superdonne”, ammonisce il medico, ricordando alle puerpere che una gravidanza non è una passeggiata.

Per voi questo anno si apre all’insegna della conquista di nuove libertà (o forse di antiche schiavitù). Finalmente potrete lavorare, con l’approvazione formale dell’INPS, fino al momento di partorire. Dopo anni di coercizioni a cui sono state obbligate coloro che vi hanno preceduto dovendosi assentare dal lavoro al 7° o all’8° mese, per colpa delle inutili conquiste ottenute dal movimento delle donne e delle lavoratrici, finalmente potrete lavorare fino all’inizio delle contrazioni del travaglio o alla rottura delle membrane. Potete vedere riconosciuta e sancita la vostra innata e fisiologica capacità di essere super donne”.

Il medico fa un accenno anche ai diritti e alla sicurezza della mamma e del neonato:

La norma suona come un sottile ed implicito ricatto: ‘Ti piacerebbe stare con tuo figlio cinque mesi filati con uno stipendio garantito? Allora lavora fino all’insorgenza del travaglio’. Sono stati davvero generosi i legislatori nell’elargire ciò che era già di vostra proprietà. Una cosa è certa: questa idea non è venuta ad una donna. Invece di immaginare che avreste tratto grande giovamento dalla concessione di un mese in più di congedo retribuito, dopo la nascita del figlio, vi è stato tolto il diritto di godervi l’ultima parte della gravidanza assaporando il piacere di prepararvi ad essere madri pur di poter prolungare il periodo di puerperio di un mese in regime di retribuzione“.

Battagliarin sottolinea poi il carico di responsabilità che le istituzioni fanno in modo gravino alla fine sui medici stessi:

Chi dovrà decretare la vostra idoneità a lavorare anche al nono mese sollevando da ogni responsabilità il pilatesco legislatore sarà un ginecologo. Lo dobbiamo certificare a distanza di tre mesi sapendo che le possibili patologie del terzo trimestre sono più frequenti e spesso possono essere imprevedibili, prima tra tutti: il parto prematuro. Non si dimentichi infatti che la sua incidenza in Italia è ormai da molti anni ferma al 7%”.

Insomma, ci va giù pesante Battagliarin e in fin dei conti tutti i torti non ha, soprattutto quando poi alla fine augura a tutte “una nascita come la immaginate invitandovi ad esigere gli spazi e i tempi che ad ognuna di voi e al vostro bambino sono dovuti”.

Ecco, è questo il punto. Ora le donne hanno una “arma” in più.

Quella di poter scegliere se portare il pancione al lavoro sino all’ultimo momento. Ognuna saprà in cuor suo qual è l’opzione migliore.

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Germana Carillo

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