Svolta storica, autorizzato primo suicidio assistito in Italia: cos’è, come funziona e differenze con l’eutanasia

In Italia è stato finalmente autorizzato il primo suicidio assistito. Di che si tratta? E quali sono le differenze con l'eutanasia?

Oggi è un giorno storico per il nostro Paese. Per la prima volta nella storia è stato autorizzato il suicidio assistito: a vincere la battaglia civile un uomo diventato tetraplegico a causa di un terribile incidente stradale, avvenuto circa 10 anni fa. L’ok è arrivato dal comitato etico dell’azienda sanitaria delle Marche, dopo che la scorsa estate il Tribunale di Ancona aveva chiesto di verificare se ci fossero le condizioni necessarie per procedere.

Non era mai accaduto che nel nostro Paese venisse applicata la sentenza della Corte Costituzionale del 2019, che ha aperto la strada alla legalizzazione della pratica in attesa che la materia venga disciplinata dal legislatore. 

Mario, 43enne marchigiano rimasto paralizzato dopo un incidente, si è rivolto all’Associazione Luca Coscioni per poter esercitare il proprio diritto a ricorrere al suicidio assistito in Italia, così come stabilito dalla Corte Costituzionale nel caso DJ Fabo/Cappato. – spiega la nota associazione che si batte per l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani – Dopo oltre un anno dall’inizio di questa battaglia, anche legale, Mario ha finalmente ricevuto il parere che attendeva: il Comitato Etico ha riscontrato i requisiti delle condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale per l’accesso al suicidio assistito. È la prima volta in Italia. Dopo aver letto il parere, Mario ha commentato: “mi sento più leggero, mi sono svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”.

La richiesta di suicidio assistito da parte dei Mario era stata fatta nell’agosto del 2020. In un primo momento, però, l’ASL delle Marche  l’aveva respinta, senza attivare le procedure previste dalla sentenza della Corte Costituzionale. 

Il comitato etico ha esaminato la relazione dei medici che nelle scorse settimane hanno attestato la presenza delle 4 condizioni stabilite dalla Corte Costituzionale nella sentenza Cappato-Dj Fabo, ovvero Mario è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale; – chiariscono gli avvocati difensori del 43enne marchigiano – è affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa intollerabili; è pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli; e che non è sua intenzione avvalersi di altri trattamenti sanitari per il dolore e la sedazione profonda. È molto grave che ci sia voluto tanto tempo, ma finalmente per la prima volta in Italia un Comitato etico ha confermato per una persona malata, l’esistenza delle condizioni per il suicidio assistito. Su indicazione di Mario, procederemo ora alla risposta all’Azienda sanitaria unica regionale delle Marche e al comitato etico, per la parte che riguarda le modalità di attuazione della scelta di Mario, affinché la sentenza Costituzionale e la decisione del Tribunale di Ancona siano rispettate. Forniremo, in collaborazione con un esperto, il dettaglio delle modalità di autosomministrazione del farmaco idoneo per Mario, in base alle sue condizioni. 

Come funziona il suicidio assistito in Italia

In Italia si parla ormai da tempo di suicidio assistito, ma che cos’è esattamente? È l’atto del porre fine alla propria esistenza in modo consapevole attraverso l’autosomministrazione di dosi letali di farmaci da parte di un soggetto che viene appunto “assistito” da un medico (in questo caso si parla di suicidio medicalmente assistito) o da un’altra figura. Solitamente avviene in luoghi protetti dove soggetti terzi si occupano di assistere il paziente in tutti gli aspetti correlati alla morte, ovvero il ricovero, la preparazione dei farmaci da somministrare, la gestione tecnica e legale post-mortem. 

Nel nostro Paese il codice penale stabilisce che sono reati sia l’eutanasia attiva (articolo 579) sia l'”istigazione al suicidio o aiuto al suicidio” (art 580). Ma la sentenza 242/2019, relativa al noto caso del dj Fabiano Antoniani, ha stabilito che il suicidio assistito, inteso come assistenza di terzi nel porre fine alla vita di una persona malata, è legittimo in presenza di 4 condizioni: la persona che aiuta al suicidio non è punibile se il paziente è affetto da una patologia irreversibile, è costretto a patire gravi sofferenze fisiche o psichiche, ha piena capacità di prendere decisioni libere e consapevoli e se dipende da trattamenti e cure esterne per sopravvivere. 

Differenze con l’eutanasia 

Talvolta il concetto di suicidio assistito viene ancora confuso con quello di eutanasia, ma sono due pratiche ben distinte, anche se accomunate dalla volontarietà della richiesta e dall’esito finale. Le differenze fondamentali sono due: 

  • mentre l’eutanasia non ha bisogno della partecipazione attiva del soggetto che ne fa richiesta, il suicidio assistito sì in quanto prevede che la persona malata assuma in modo indipendente e consapevole il farmaco letale
  • inoltre, l’eutanasia richiede un’azione diretta di un medico che somministra un farmaco solitamente per via endovenosa, mentre il suicidio assistito prevede che il ruolo del sanitario si limiti a preparare il farmaco che il paziente assumerà da solo

In Italia l’eutanasia è ancora illegale, ma qualcosa inizia a muoversi anche nel nostro Paese. Lo scorso ottobre sono state depositate 1,2 milioni di firme (ben oltre la quota 500mila necessaria per la consultazione popolare) raccolte per chiedere un referendum sull’eutanasia legale che abrogherebbe l’articolo 579 del Codice Penale. 

Il deposito del referendum arriva a distanza di 15 anni dalla lettera di Piergiorgio Welby al Presidente Giorgio Napolitano, a 8 anni dal deposito della legge di iniziativa popolare e a 3 anni dal primo invito della Corte costituzionale al Parlamento per una legge sul suicidio assistito.

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Fonti: Associazione Luca Cascioni/Vidas

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