Sanremo, la vetrina perfetta per il greenwashing di Eni

L'Eni sponsor del festival di Sanremo? Per le associazioni ambientaliste si tratta di una strategia di greenwashing clamorosa e inaccettabile

È tutto pronto per l’attesissima 72esima edizione di Sanremo, che andrà in onda da stasera. Tanta la fibrillazione per gli artisti in gara, ma ancor prima di cominciare il festival è stato travolto da un’ondata di polemiche. Il motivo? Quello che vedremo per le prossime cinque sere non sarà soltanto l’evento canoro più amato del Bel Paese, ma il festival del greenwashing, come denunciato da diverse associazioni ambientaliste.

Non tutti lo sanno (o meglio non ancora), ma la Rai ha scelto l’ENI – il colosso del petrolio e del gas – come main sponsor della kermesse. E in occasione del festival, la società ne approfitterà per lanciare la sua nuova compagnia Plenitude, che integra vendita al dettaglio di elettricità e gas, mobilità elettrica e rinnovabili. Per gli attivisti per il clima non può bastare un nuovo logo dal colore verde acceso e qualche slogan acceso per cancellare decenni di inquinamento provocato dallo sfruttamento di gas e petrolio.

La denuncia delle associazioni ambientaliste

È inaccettabile che ENI sfrutti la vetrina di Sanremo, e dei tanti altri eventi che sponsorizza, per fare greenwashing e promuovere un’immagine di azienda attenta all’ambiente che non corrisponde affatto alla realtà. – tuona l’associazione Greenpeace – ENI continua a investire sul gas e sul petrolio, è il principale emettitore italiano di gas serra e una delle aziende più inquinanti del pianeta. Il mondo della musica, della cultura, dello sport e dell’istruzione dovrebbero essere liberi dalla dannosa propaganda dell’industria degli idrocarburi, così come è avvenuto con l’industria del tabacco.

In un recente report, la stessa associazione ha dimostrato che circa due terzi delle pubblicità online delle aziende dei combustibili fossili propongono false soluzioni per combattere la crisi climatica o enfatizzano piccoli progetti “verdi”, mentre nella realtà dei fatti continuano a generare profitti da capogiro grazie alle fonti fossili.

“Nelle pubblicità, l’uso di gas, petrolio e carbone viene messo volontariamente in secondo piano: ad esempio, secondo l’analisi che abbiamo commissionato, solo l’8% degli annunci di ENI promuove i combustibili fossili, nonostante questi costituiscano circa l’80% del suo portfolio” aggiunge Greenpeace.

E l’Eni non sarà l’unica azienda che contribuisce (e non di poco) all’inquinamento ambientale. Tra gli sponsor del festival di Sanremo 2022 troviamo, ad esempio, anche Suzuki e Costa Crociere.

Alla classifica del Festival della canzone italiana bisognerebbe affiancare la classifica delle 100 aziende che hanno causato il 71% delle emissioni di CO2 a livello globale – chiosano i giovani attivisti del movimento Fridays for Future Italia – Scopriremmo che ENI si è meritata il trentesimo posto, mentre detiene il primato a livello italiano. Mentre la voce dei giovani e delle persone più colpite dalla crisi climatica fatica a ottenere un microfono dai media mainstream, il palcoscenico più importante d’Italia viene concesso a ENI, tra le compagnie più inquinanti al mondo. Il Festival di Sanremo sarà un’occasione di Greenwashing plateale per l’Ente Nazionale Idrocarburi, di cui è l’emblema il Green Carpet che sostituisce il classico tappeto rosso.

Come non dar loro torto? In effetti qualche mese fa l’Antitrust ha multato l’azienda italiana per pubblicità ingannevole per il suo carburante ENI Diesel+, ricavato dall’olio di palma e falsamente etichettato come “green”.

Per sottolineare la complicità della Rai nell’assecondare la strategia ingannevole di ENI, i ragazzi di Fridays for Future hanno ribattezzato il festival #SanrEni, richiamando il servizio pubblico a un maggiore senso di responsabilità verso il disastro climatico:

Lanciamo un appello ai cantanti in gara affinché uniscano le loro voci alle nostre. Schieratevi a favore del vostro pubblico e non di chi ne sta condannando la salute e il futuro. Quelle di ENI sono solo “parole parole parole”.

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Fonti: Greenpeace Italia/Fridays for Future Italia 

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