Quando i sensi ingannano: vedere, toccare, annusare negli acquisti consapevoli

"Mangi con gli occhi" ripeto a mio figlio quando assume quella espressione un po' così che ti fa capire immediatamente che la pietanza cotta in quel modo proprio non lo mangerà. Eppure si tratta dei soliti pomodori, zucchine o carne mangiati altre mille volte in modi diversi.

Mangi con gli occhi” ripeto a mio figlio quando assume quella espressione un po’ così che ti fa capire immediatamente che la pietanza cotta in quel modo proprio non lo mangerà. Eppure si tratta dei soliti pomodori, zucchine o carne mangiati altre mille volte in modi diversi.

Vista, tatto e olfatto sono sensi che danno grandi piaceri ma sono anche soggetti a facile inganno. Eppure essi giocano un grande ruolo nell’acquisto di un prodotto. Questo lo sa bene l’industria che si rivolge agli specialisti delle illusione come gli esperti di marketing, scienziati della comunicazione, abili nel mescolare sensi e collegarli al cervello; spesso a favore dell’industria, talvolta a discapito della nostra salute, molte volte del nostro stesso piacere. E quasi sempre a discapito dell’ambiente e della sua sostenibilità.

Eccone alcuni esempi tra i tanti: la mela (vista), il pannolino (tatto) , il detergente (olfatto).

La mela: la vista

mela brutta e mela bella

La mela è un esempio classico. Illuminata da una bella luce calda, le sfumature dei colori esaltate dalla buccia cerosa, qualche sapiente goccia di umidità spruzzata all’uopo e la gonfia insipida mela diventa un best seller del supermercato. A casa, disgustato dal sapore d’erba ne getto più della metà; conclusione: potevo risparmiarmi metà fatica e alla fine pagare lo stesso prezzo di una piccola gustosa mela ricca di sapore presa dal contadino, anche se bruttina all’aspetto perché picchiettata da un rametto dispettoso. La regola del prezzo-convenienza vale per molti prodotti confezionati ma per la frutta al supermercato è la stimolazione dei sensi (vista e tatto ) i fattori scatenante l’impulso di acquisto.

Il pannolino: il tatto

confronto pannolini

Di lui sappiamo che è un prodotto igienico ma non nel senso scientifico del termine (www.dizionari.corriere.it Igiene: Branca della medicina che studia le modalità più opportune per conservare la salute e prevenire malattie) forse più nel senso televisivo: igiene = più bianco del bianco. Lo sigilliamo addosso ai figli per evitare di lavare i vestitini, ci aiuta a riposare più a lungo la notte, consente a tutta la famiglia di muoversi più liberamente; questa estate ho anche imparato che al mare, a 40 °C all’ombra, esso servirebbe per evitare che i pedofili abbiamo pensieri impuri o che i bagnanti non inorridiscano a vedere le goccioline di pipi cascare sulla sabbia (perché queste cose si fanno in acqua dove tutto è già bagnato). In fondo è più impegnativo pulirgli il sedere che cambiare il pannolino. Le cose che però ci indignano sono 2: la massa di rifiuti nauseabondi che il pannolino produce ogni giorno e il peso che grava sulle tasche della famiglia. Se anche il figlio è d’accordo non è dato di sapere perché non parla ma ci sono gli esperti che ci confortano appena siamo colti dal panico: pediatri, farmacisti, infermieri, amiche, siti web e blog.

L’industria interviene facendo vedere, toccare, sentire a noi genitori ciò che in fondo ci fa più piacere. Mettendo a confronto un pannolino “dall’aspetto plasticoso e retrò” e un pannolino ultrasottile che “assorbe pipì da campione” (?) ci aspettiamo una gara senza storia: a)il pannolino hi-tech “sembra” anche meno pesante = più traspirante; b) al tatto è anche più soffice e il tessuto esterno ricorda un fresco tessuto di cotone; c) L’altro a toccarlo è solo un velo di plastica = fa sudare e non traspira; c) è più spesso = certamente più scomodo; d) la marca nessuno la conosce = mai fidarsi degli sconosciuti; e) costa uguale a quello hi-tech o forse anche di più = andiamo sul risparmio sicuro.

Provando a dominare i sensi ecco i risultati:

a) il pannolino high tech non ci dice da nessuna parte da cosa è composto (mentre l’altro ha la composizione in più lingue sul pacco: incoraggiante);

b) l’esterno del pannolino sembra tessuto di cotone ma è fibra sintetica ed è incollato sopra un bel film plastico tipo sacchetto (v foto) (l’altro essendo un pannolino “naked” non nasconde niente e quel film plasticoso al tatto non è affatto plastica ma una pellicola naturale ottenuta da amido e olio vegetale, non contiene additivi chimici per sembrare cosa non è, è porosa cioè veramente traspirante e non accumula calore);

c) il pannolino hi-tech per essere così sottile contiene quantità elevate di un sale di acrilato super-sintetico che super-assorbe, niente di tossico ma niente di biodegradabile, usato da sempre (il pannolino naked è un po’ più spesso perché contiene più cellulosa più naturale e biodegradabile; nella descrizione è indicato anche che contiene il suddetto sale di acrilato ma in quantità limitate – l’altro invece non dice niente e non specifica che quando impregnato cresce notevolmente in spessore soprattutto dove si concentra la pipi);

d) i tessuti filtranti a contatto con la pelle non sono determinanti per la scelta di acquisto ma sono invece quelli che restano a contatto con la pelle per anni. A confrontarli tatto e vista non denotano differenze, che invece ci sono perché il pannolino hi-tech ha filtranti e barriere alle gambe in 100% fibra sintetica (l’altro invece è 100% fibra di acido polilattico – una parola difficile ma intuibile dal momento che si ottiene dall’acido lattico – polisaccaride naturale – a sua volta elaborato anche dal nostro intestino per il bene dei muscoli). Tatto e vista sono così sistemati a favore del benessere psicologico del genitore. L’ambiente al momento non ha molto da ringraziare la salute dei bambini non si sa, ma per saperlo basterebbe, per qualche ora, indossare un pannolone per adulti incontinenti.

Il detergente liquido e la salvietta umidificata: olfatto

salviette

Alcuni anni fa sono entrato nello stabilimento di una multinazionale della chimica in provincia di Lodi. Una cittadella di torri, silos, tubi e grandi edifici dove veniva sintetizzata la più piccola tra le molecole olfattive: il profumo di limone – un singola semplice molecola più leggera dell’aria stessa, capace però di urtare così sensibilmente il nostro naso da condizionare un riflesso cerebrale: odore di limone uguale a odore di pulito. Forza sgrassante della Natura (perché acida) – odore piacevole per tutti o quasi: richiama le essenze estive, il calore del sole, le terrazze a mare della costa sorrentina. Ma nei detergenti reclamizzati, il profumo è tristemente sintetico, poco romantico e molto inquinante. L’effetto pulizia intrappolato nel nostro cervello è rinforzato dal colore verde che è il colore del lime, il piccolo limone verde dei tropici ( ndr: per la prima volta un colore artificiale ha fatto conoscere ad un popolo che di limoni se ne intendeva ma purtroppo tutti di buccia gialla, un prodotto realmente esistente in natura, coltivato a migliaia di chilometri di buccia verde, bellissimo). L’azione sgrassante del limone verde è oggi un “must” che si è conquistato un posto stabile sugli scaffali di tutti i supermercati. Flaconi che pesano nel sacchetto come un masso, sono poco più che raffinata acqua chimicamente bilanciata per costare poco ed essere sinteticamente efficiente (e non biodegradabile in tempi rapidi). Al contrario, il bianco acido citrico in polvere che si trova invece in commercio nei negozi bio, vero estratto di limone, invece assomiglia troppo ad un prodotto chimico per lavatrici per essere credibile e soprattutto funziona troppo bene per non essere sospetto. L’odore poi non è niente di straordinario.

Succede anche che un prodotto igienico come una salvietta detergente che non contiene profumo per scelta tecnica (ed etica) del produttore attento all’ambiente e socialmente responsabile, è perlomeno sospetta; è frange free (senza profumo) ma una annusatina è istintivo dargliela: l’odore invita il cervello che muove il corpo. Igiene = profumo di pulito (ma se il profumo non c’è il prodotto parte svantaggiato). La salvietta del ristorante (gentile omaggio che si paga) elimina il grasso e l’odore del pesce dalle dita; essa sparge odore di limone a tre tavoli di distanza, fateci caso. Ma nei prodotti cosmetici per obbligo di legge il profumo deve essere sintetico perché il corrispondente estratto naturale può essere allergenico. Dunque meglio sintetico che assente; nell’inconscio collettivo la salvietta umidificata se non è profumata non è normale, anche se la formulazione detergente ha un pedigree lungo una pagina, certificato dall’ente di tutela dei prodotto da agricoltura biologica. Ancora una volta a scapito dell’ambiente e ..della propria salute.

3 casi su 10, 100, 1000 cose che si incontrano i nostri sensi ogni giorno non fanno testo, ma la più amara delle conclusione sarebbe ammettere che è impossibile poterci difendere da tutti i trucchi elaborati dall’industria solo perché la legge (creata dagli uomini) tollera in nome del libero mercato che un essere umano diventi solo un consumatore, un numero che distribuisce numeri (soldi). È stupidamente l’uomo contro l’uomo; che crea le leggi, le industrie e le catene di supermercati; ma poiché esso si differenzia dal resto delle creature del Pianeta per avere una coscienza, è dunque alla coscienza che bisogna guardare; per chi non si accontenta di subire si chiama “coscienza critica”.

La sostenibilità del Pianeta passa per una presa di coscienza generale; il primo passo lo si può fare magari rifiutandosi di comprare ciò che non è spiegato, che non usa un linguaggio trasparente, che non è protetto da una legge, e che oltre tutto ha un evidente deficit che non avresti mai osato ammettere prima : non ti piace, non ti serve, non ti fa sentire migliore e finora lo hai comprato perché gli altri avevano fatto uguale . Migliaia di anni di evoluzione della specie ci avevano insegnato – almeno fino a 40 anni fa – a prendere dalla Natura solo ciò che realmente serve, assicurando al Pianeta la capacità di riprodursi. Riprendiamo quella sana abitudine; per i nostri figli, se non per noi.

Marco Benedetti

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