Il “monumento” dello street artist Ozmo alla sposa bambina di Montanelli

Ozmo ha rappresentato idealmente su di un piedistallo una bambina africana, infibulata, venduta, vittima, nella centralissima via Torino a Milano.

Se ne sta facendo davvero un gran parlare in questi giorni, giorni in cui sono rimontate opinioni, critiche, proteste verso pratiche disumane perpetrate in passato. Eppure quello della infibulazione, delle spose bambine, dello sfruttamento e delle violenze è un tema terribilmente attuale. E se la questione di Indro Montanelli è servita a rimetterlo in mezzo, ad aprire gli occhi dei più, allora è vero che la storia ci può insegnare qualcosa.

È più o meno con questo spirito che uno dei più noti street artist, Ozmo, è intervenuto nella vicenda sulla figura del giornalista in queste ore al centro di polemiche per il suo matrimonio, negli anni ’30, con una 12enne eritrea.

Cogliendo l’assist lanciato dalla scrittrice Igiaba Scego dalle pagine dell’Internazionale – “un dolore che andava ricordato per non ripetere più un obbrobrio del genere. Completare quindi, per non soccombere” – e come suggerito da Gianni Rodari nel 1960 di ampliare i monumenti esistenti e ridare dignità alla parte lesa e non celebrata, Ozmo ha deciso di dire la sua.

E lo ha fatto rappresentando idealmente su di un piedistallo una bambina africana, infibulata, venduta, vittima: nella centralissima via Torino a Milano, è così comparsa l’immagine di un “Monumento in memoria della sposa bambina”.

Raffigura – spiega Ozmo sui social – un piedistallo monumentale sul quale si erge idealmente, Fatima-Destà, la bambina di 12 anni che Indro Montanelli sposò in Eritrea da soldato, grazie alla controversa pratica chiamata ‘madamato’, che permetteva ai cittadini italiani nelle colonie di accompagnarsi temporaneamente con donne native.

La foto è contemporanea e raffigura una bambina Eritrea, all’incirca della stessa età di Fatima-Destà, vestita con abiti sgargianti mentre porta al villaggio dell’acqua potabile nella sua grossa tanica gialla a tracolla”.

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Immaginarla libera, protagonista, dipinta in un gesto di orgoglio, è la mia dedica a chi, come lei, si trova dalla parte danneggiata e sfruttata della storia”, conclude Ozmo.

Ed è proprio questo il punto: imbrattare e incattivirsi può non trovare mai un senso. Le nostre città – dagli edifici ai nomi delle strade – sono piene di  memorie di tempi bui. Eppure le tracce del passato non vanno abbattute, se così fosse sarebbe una menomazione che infliggeremmo a noi stessi. Sarebbe una occasione in meno di imparare dalla Storia. O almeno provare a farlo.

Fonti: Internazionale / Ozmo

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