Green Innovation o Miraggi? 8 innovazioni “verdi” rivelatesi un fallimento

non tutte le brillanti trovate si rivelano poi utili. Belle in teoria, inutili in pratica. Potremmo riassumere così l’essenza di alcune idee che si presentano come potenzialmente rivoluzionarie, ma che con il tempo si rivelano di dubbia utilità. Eccone alcune.

Da quando le proporzioni del pericolo che corre il nostro pianeta sono note, è gara a chi riesce ad inventare la soluzione più creativa ai problemi che affliggono il globo. Non tutte le ciambelle però – si sa – escono con il buco.

Allo stesso modo, non tutte le brillanti trovate si rivelano poi utili. Belle in teoria, inutili in pratica. Potremmo riassumere così l’essenza di alcune idee che si presentano come potenzialmente rivoluzionarie, ma che con il tempo si rivelano di dubbia utilità. Eccone alcune.

Isole artificiali e città galleggianti

Le isole artificiali create in varie parti del mondo per dare impulso al turismo o per estendere la superficie abitabile stuzzicano irresistibilmente la fantasia, a maggior ragione se ad accompagnarne la creazione ci sono promesse di un ambiente rinnovato e rigoglioso. È per esempio il caso di The World, l’arcipelago di isole artificiali creato al largo di Dubai, l’emirato arabo non nuovo a progetti di sostenibilità (almeno sulla carta). Peccato che a dispetto delle belle dichiarazioni nel lungo periodo queste isole artificiali si rivelino dannose per l’ambiente circostante e per l’equilibrio degli ecosistemi che vanno ad invadere. Di fronte a scelte come quelle delle star Pitt-Jolie, che hanno acquistato un’isola proprio in quel complesso con la dichiarata intenzione di “promuovere uno stile di vita più green”, verrebbe da domandarsi: ma perché non si sceglie piuttosto di ristrutturare e riutilizzare edifici e spazi preesistenti, ridando loro dignità e lustro? Tentativi come quelli di The World non sono credibili dal punto di vista della sostenibilità ambientale e non reggono ad un’accurata analisi di costi e benefici. Diverso è il caso di altri progetti visionari, come ad esempio quello della città artificiale cinese di Dongtang, le cui radici affondano nella necessità di creare nuovi spazi urbani in un paese sovraffollato come la Cina: la progettazione dettagliata di questa città fluttuante garantirebbe in effetti un ridottissimo impatto ambientale ed un miglioramento delle condizioni di vita. Purtroppo il progetto si è arenato e dal 2007 ad oggi ancora non è stato realizzato nulla. Progetti futuristici come quello di Lilypad invece, sembrano per il momento più utopie che sogni concretamente realizzabili, quantomeno di fronte ai giganteschi investimenti che la loro realizzazione richiederebbe. Di certo non sono una soluzione alla portata di tutti.

Lampadine a lunghissima durata

litrosphere

Anni fa si era parlato con entusiasmo di lampadine capaci di emettere luce ininterrottamente e senza bisogno di ricariche per ben 15 anni. Ovviamente l’idea aveva entusiasmato e fatto parlare di sé, ma ad oggi ancora non si vedono lampadine di questo tipo in circolazione. Come mai? Per il semplice motivo che l’invenzione alla base del tutto è difficilmente applicabile all’illuminazione su larga scala. Il Litrosphere – questo il nome dell’innovativo materiale – è una sostanza non tossica e poco costosa che non subisce variazioni al calore e che può essere facilmente stampata o dipinta su qualsiasi superficie: la resa in termini di luminosità è pari a quella di una lampadina ad incandescenza di 20 Watt, e non vi è la necessità di ricorrere all’energia elettrica, né alla luce solare. Nell’urlare all’eccezionalità dell’invenzione non si era considerata la sua limitata potenzialità applicativa. Il Litrosphere infatti ha una diffusa applicazione nel settore della sicurezza, ma difficilmente può essere utilizzato nell’illuminazione quotidiana, anche a causa della scarsa potenza. Quindi non illudiamoci: non sarà questa sostanza a risolvere il problema dei consumi di energia elettrica e della tossicità delle lampadine da smaltire.

Pavimentazione stradale intelligente

energia_dalle_strade

Alla luce del numero di automobili che sfrecciano quotidianamente sulle nostre strade, gli scienziati si sono a lungo domandati come fosse possibile recuperare l’energia prodotta dall’attrito delle ruote sull’asfalto. Era stata avanzata la proposta di applicare sull’intera superficie dell’asfalto delle cellule “intelligenti”, capaci di generare automaticamente energia al passaggio delle automobili, come viene spiegato in questo video. Un’idea indubbiamente interessante, ma concretamente impraticabile, specialmente se su vasta scala e su strade non in perfetto stato. Inoltre, non si possono sottovalutare gli enormi costi di smaltimento del materiale e la costante manutenzione che un’applicazione del genere richiederebbe su strade affollate come le nostre.

Biocarburanti

biocarburanti

Acclamati come la soluzione alla sete perpetua delle nostre macchine, i biocarburanti hanno rivelato con il tempo tutti i propri limiti e gli effetti collaterali di cui abbiamo già parlato più volte. Soprattutto nei paesi in via di sviluppo vasti territori sono stati sottratti all’agricoltura tradizionale per essere destinati alla coltivazione di mais, grano, bietole e canna da zucchero, dalle cui biomasse si ricava poi il propellente. Quanto poi esso sia effettivamente bio, è tutto da vedere: non solo in questo modo si inaspriscono le condizioni di vita delle popolazioni che su quelle produzioni basano il proprio sostentamento, ma si impoverisce progressivamente anche il terreno, depauperato dall’estesa ed intensiva applicazione delle monocolture. Volendo davvero rifornire le nostre vetture con i biocombustibili, in ogni caso, avremmo bisogno di un territorio ben più ampio di quello italiano, e lo stesso dicasi per gli Stati Uniti, la cui intera superficie coltivabile non è sufficiente a coprire il fabbisogno della popolazione! Oltretutto, pare che la resa energetica dei biocarburanti non ecceda il consumo necessario a produrli, il che allunga un’ulteriore ombra sull’effettiva utilità di questi propellenti, che di eco-friendly hanno sempre meno e che contribuiscono – da ultimo – ad incrementare i processi di deforestazione con conseguenze facilmente immaginabili per il nostro pianeta.

Batteri anti-metano

bovini

Fa sorridere pensare al fatto che le flatulenze dei bovini siano rilevanti quando si parla di problemi ambientali, è un po’ meno divertente quando si scopre che è proprio è così e che il problema ha dimensioni non trascurabili: è noto che le mucche emettono in questo modo quantità notevoli di metano, che ha effetti di gran lunga peggiori dell’anidride carbonica. Recentemente si era scoperto che nei canguri questo non si verifica in quanto un batterio non meglio identificato elimina il metano durante il processo di digestione. Da qui la brillante idea di iniettare il battere nelle mucche, onde generare il medesimo effetto virtuoso. A quanto pare però isolare questo battere non è per niente facile: ci vorranno almeno tre anni, ed in ogni caso non si può sapere con certezza quali conseguenze esso porebbe avere sulla salute degli animali. Nonostante le flatulenze bovine siano responsabili del 14% dei gas serra (!!!), la loro eliminazione non risolverebbe comunque il problema del mantenimento di questi animali, che consumano quantità immense di acqua e cibo e che spesso vivono vite miserevoli al solo scopo di finire – spesso imbottite di ormoni – sulle nostre tavole.

Green Gadget

Sarà anche carino avere un colorato barattolino di plastica ricolmo di fiorellini attaccato al computer come decorazione, ma siamo sicuri che non sia l’ennesimo spreco? Siamo circondati da gadget cosiddettamente “eco-friendy”, ma guardiamoli da vicino: lo sono davvero? Molti degli oggetti di cui ci circondiamo sono spesso inutili, e di green hanno solo il colore:spesso per essere prodotti attingono a risorse che sarebbe meglio non sprecare e il loro smaltimento non è più facile che per altri prodotti. Qualche esempio? Ce ne sono a bizzeffe: dagli innovativi laptop Asus, decorati per puro amore dell’estetica con legno di bambù, al bollitore che raziona l’acqua da bollire per non sprecare energia inutilmente (non siamo capaci di farlo da soli?). Varrebbe la pena osservare che non saranno questi gadget a migliorare davvero la situazione, per quanto possano essere attraenti e tutto sommato relativamente innocui: al limite possono assecondare una moda, ma questo non implica che contribuiscano effettivamente a cambiare la mentalità delle persone e la diffusa abitudine allo spreco.

Un mondo più peloso

piante_pelose

Che dire della proposta di Christopher Doughty, un ricercatore dell’Università della California che ha condotto uno studio sulle caratteristiche delle piante nelle regioni aride? Le conclusioni del suo studio erano interessanti: le piante tipiche delle regioni calde sono ricoperte di una leggera peluria che contribuisce a riflettere la maggior parte dei raggi infrarossi del sole, trattenendo invece i raggi invisibili che stimolano la fotosintesi. L’idea di Doughty era quindi di diffondere piante di questo tipo anche in altre regioni del mondo, intervenendo sulla loro struttura cellulare e modificandola per contribuire a raffreddare il nostro pianeta. Peccato che sia tristemente noto l’effetto devastante che può provocarel’introduzione di specie aliene in ecosistemi differenti, per non parlare di quando si va a modificarle geneticamente. Senza contare che il potere di riflesso di queste piante, che permette loro di trattenere più acqua e mantenere una temperatura accettabile, si traduce in ultima analisi in una minore evaporazione ed in una conseguente diminuzione del manto nuvoloso che protegge la Terra dall’eccesso di raggi solari. Ergo, ad un ulteriore riscaldamento della superficie del pianeta.

Stoviglie biodegradabili ricavate dall’urina dei suini

bioplastica

ma lo sapevate che dall’urina dei suini sono stati ricavati dei piatti di plastica bio?! La notizia può far storcere il naso o entusiasmare, ma le applicazioni dell’urea, contenuta nell’urina dei maiali, sono notoriamente plurime: la troviamo nelle resine, nei carburanti e da ultimo in una serie di accessori in plastica. L’idea è nobile, ma questa bioplastica non è così eccezionale come si potrebbe pensare: quando si rompe, rilascia infatti metano. Oltretutto, la sua produzione richiede necessariamente anche l’utilizzo di miscele plastiche a base di petrolio: si generano così forme ibride la cui riciclabilità non è affatto provata. Senza contare ovviamente il fatto che – risolto il problema dell’urina – non è comunque risolto il problema della produzione globale di carne, né quello della facile abitudine all’usa e getta di moltissime persone.

Gli esempi si sprecano, e così anche le risorse. Indubbiamente solo continuando ad usare la fantasia e l’ingegno riusciremo a trovare soluzioni creative ai problemi concreti che ci si presentano ogni giorno. Non dobbiamo dimenticarci però che i problemi di più ampia portata, quelli che davvero sconvolgono equilibri più grandi di noi, non potranno essere risolti grazie ad invenzioni che invece di ristrutturare la diga – metaforicamente parlando – tappano i buchi che via via si aprono nella parete. Non saranno le navicelle spaziali, le piante avveniristiche o l’ingegneria genetica a salvare il mondo da noi stessi: magari potranno aiutarci a renderlo più moderno, più efficiente, più giusto, ma il vero cambiamento dovrà passare inevitabilmente per un radicale mutamento di mentalità. Come diceva Einstein: “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato“.

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