Nada Abdel Maqsoud aveva solo 12 anni: in Egitto l’ennesima vittima delle mutilazioni genitali femminili

Una storia inaccettabile arriva dall’Egitto dove una ragazza è morta dopo aver subito mutilazioni genitali, pratica tra illegale in questo paese.

Una storia terribile e inaccettabile arriva dall’Egitto dove una ragazza è morta dopo aver subito mutilazioni genitali, pratica tra l’altro illegale in questo paese.

Torniamo a parlare di mutilazioni genitali femminili, pratica che nel 2020 ancora incredibilmente resiste. In Egitto è stata dichiarata illegale nel 2008 ma è ancora molto diffusa tra la popolazione.

Nada Hassan Abdel-Maqsoud aveva 12 anni ed è morta giovedì scorso dopo essere stata sottoposta ad un intervento di mutilazione genitale. Secondo l’ufficio del procuratore generale egiziano, che ha aperto un’inchiesta, i genitori e una coppia di zii hanno portato Nada in una clinica privata, di proprietà di un medico in pensione, nella provincia di Assiut, a circa 600 chilometri a sud del Cairo. Ed è lì che è avvenuta l’operazione di infibulazione e la successiva tragedia:

“Dopo aver lasciato la clinica, la bambina ha avuto delle complicazioni. Il medico ha cercato di salvarla ma è morta”, hanno affermato le autorità locali in una dichiarazione.

I parenti di Nada che hanno assistito all’intervento e il medico che lo ha eseguito sono stati arrestati, intanto per quattro giorni, in attesa dei risultati del procedimento che dovrà chiarire le dinamiche precise della morte.

E’ stata disposta l’autopsia del corpo della piccola che sembra sia stata sottoposta a mutilazione senza nemmeno ricevere l’anestesia da un medico di 70 anni che non era qualificato come chirurgo. La ragazza durante l’operazione avrebbe iniziato a sanguinare abbondantemente e  il medico non sarebbe stato in grado di fermare l’emorragia.

Ora, questa nuova tragedia, ha contribuito a rilanciare il dibattito pubblico su tale pratica. Il dramma di Nada ha suscitato indignazione tra coloro che hanno lottato per decenni per sradicare la pratica in Egitto, paese in cima alla classifica globale della popolazione sottoposta a infibulazione prima di Etiopia, Nigeria o Indonesia.

Nel 2008 con la riforma del codice penale e della legge sulla protezione dei minori, l’Egitto ha reso di fatto illegale questa pratica ma ciò non è bastato ad arginare il fenomeno e la sua diffusione ha costretto il governo a modificare la norma quattro anni fa, aumentando le pene detentive per chi la pratica (nel caso l’operazione porti alla morte, la pena può arrivare fino a 15 anni di reclusione).

Una donna su 5 che ha subito mutilazioni genitali risiede proprio nella terra dei faraoni, secondo l’Unicef e il 92,3% delle egiziane sposate di età compresa tra 15 e 49 anni ha subito questa crudeltà da piccola.

La pratica è più diffusa nelle aree rurali, dove – secondo uno studio del Ministero della Salute – il 96% dei minori ha subito l’infibulazione rispetto all’85% delle aree urbane. Nonostante il divieto e le campagne educative, ci sono ancora molte voci, anche autorevoli, che continuano a giustificare tale pratica.

I sostenitori della mutilazione la difendono sostenendo sia una pratica religiosa che riduce la libido delle donne, preserva la loro verginità fino al matrimonio ed elimina qualsiasi tentazione di adulterio. Le Nazioni Unite ricordano invece giustamente che la mutilazione “è una violazione dei diritti umani e costituisce una forma di violenza contro le donne“.

In totale sono ben 27,2 milioni le donne che mantengono vivo il ricordo del giorno in cui sono state sottoposte a questa vera e propria tortura!

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