Economia della ciambella: il piano per la fase 2 di Amsterdam è green e rompe gli attuali modelli di consumo

Il modello a ciambella per salvare l'economia ad Amsterdam post emergenza coronavirus. Economisti pensano già a cosa succederà dopo il Covid-19

La città annuncia che adotterà il “modello a ciambella” dell’economista Kate Raworth, che richiede una drastica riduzione dell’uso di risorse e materiali

Il modello a ciambella per salvare l’economia ad Amsterdam post emergenza coronavirus. Economisti e istituzioni pensano già a cosa succederà dopo il Covid-19 che ha bloccato il mondo. Finita l’emergenza sanitaria, si dovrà pensare a come risanare l’economia. Ad Amsterdam, si ipotizza che la strada da intraprendere per la ricostruzione potrebbe seguire il modello di economia ‘a ciambella’, sviluppato da Kate Raworth, economista britannica dell’Istituto di Cambiamento Ambientale dell’Università di Oxford.

Secondo la teoria di Raworth, bisogna allontanarsi dall’attaccamento globale alla crescita economica e alle leggi della domanda e dell’offerta e avvicinarsi al cosiddetto ‘modello a ciambella’ per ritornare ad avere un equilibrio con il Pianeta. Come sappiamo, il libro dell’economista ricostruisce la storia delle teorie che stanno alla base dell’attuale paradigma economico, ne evidenzia i presupposti nascosti e li smonta uno ad uno a partire dalle teorie dell’Ottocento.

Presenta poi la sua economia della ciambella che si nutre di ecologia e scienze del sistema Terra. Per liberarci dalla nostra dipendenza dalla crescita, riprogettare il denaro, la finanza e il mondo degli affari e metterli al servizio delle persone, secondo Kate Raworth esistono sette passaggi che finiscono per creare un’economia circolare capace di rigenerare i sistemi naturali e di redistribuire le risorse, consentendo a tutti di vivere una vita dignitosa in uno spazio sicuro ed equo.

Si inizia dall’anello interno che stabilisce il minimo necessario per condurre una buona esistenza, qui ci sono gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite: da cibo e acqua pulita a un certo livello di alloggi, servizi igienico-sanitari, energia, istruzione, assistenza sanitaria, uguaglianza di genere, reddito e voce politica. Chi non raggiunge tali standard minimi vive all’interno del buco della ciambella. L’anello esterno rappresenta, invece, l’obiettivo ecologico: i confini al di fuori dei quali l’uomo non dovrebbe andare per non danneggiare il clima, il suolo, gli oceani, lo strato di ozono, l’acqua dolce e l’abbondante biodiversità.

Tra i due anelli c’è la ciambella vera e propria, dove vengono soddisfatte le esigenze di tutti, ma anche quelle del Pianeta. Ad Amsterdam il modello sarà adottato appunto per ricostruire l’economia post emergenza.

“Penso che possa aiutarci a superare gli effetti della crisi. Potrebbe sembrare strano che parliamo già del futuro, ma come governo ne abbiamo il dovere”, ha detto a The Guardian Marieke van Doorninck, vice sindaco di Amsterdam.

L’obiettivo dell’attività economica dovrebbe essere quello di soddisfare le esigenze fondamentali di tutti, con le risorse messe a disposizione dal Pianeta. La “ciambella” è un mezzo per mostrare in pratica cosa significa.

“Non è solo un modo hippy di guardare il mondo“, afferma Van Doorninck, citando la crisi immobiliare. Le esigenze abitative dei residenti sono sempre più insoddisfatte, con quasi il 20% delle persone che non sono in grado di coprire le loro esigenze di base dopo aver pagato l’affitto.

teoria ciambella

Una soluzione potrebbe essere quella di costruire più case, ma la ciambella di Amsterdam evidenzia che le emissioni di anidride carbonica nell’area sono del 31% superiori ai livelli del 1990. Le importazioni di materiali da costruzione, alimenti e prodotti di consumo al di fuori dei confini della città contribuiscono per il 62% a tali emissioni totali.

Van Doorninck afferma che la città prevede di regolamentare il processo per garantire ai costruttori di utilizzare materiali il più spesso possibile riciclati e a base biologica, come il legno. Ma l’approccio della ciambella incoraggia anche i politici a alzare gli occhi all’orizzonte perché l’economia della ciambella non ci fornisce le risposte ma un modo di trovarle.

“Il mondo sta vivendo una serie di eventi drammatici.Prosperare significa che il nostro benessere è in equilibrio. Questo è il momento in cui collegheremo la nostra salute alla salute del Pianeta”, ha chiosato Raworth.

I Sette strati della ciambella

Ecco un estratto del libro “L’economia della ciambella” di Kate Raworth (Edizioni Ambiente)

Primo, cambiare l’obiettivo. L’economia è rimasta fissa per oltre settant’anni sul Pil, o Prodotto interno lordo, come principale misura del suo progresso. Questa fissazione è stata usata per giustificare estreme diseguaglianze nel reddito e nella ricchezza, accoppiate a un degrado del mondo vivente mai visto prima. Per il XXI secolo è necessario un obiettivo ben più grande: rispettare i diritti umani di ognuno nei limiti del pianeta che ci dà la vita. E questo obiettivo è sintetizzato nell’immagine della Ciambella. La sfida ora consiste nel creare economie – dal livello locale a quello globale – che contribuiscano a portare tutta l’umanità nello spazio sicuro ed equo della Ciambella. Invece di perseguire la crescita infinita del Pil, è ora di scoprire come prosperare in equilibrio.

Secondo, vedere l’immagine complessiva. L’economia mainstream raffigura tutta l’economia in un solo diagramma, il flusso circolare del reddito. Le sue limitazioni, inoltre, sono state usate per rafforzare la narrativa neoliberista sull’efficienza del mercato, l’incompetenza dello stato, la vita domestica familiare, e la tragedia dei beni comuni. Dobbiamo ridisegnare l’economia da capo, integrandola nella società e nella natura, e fare che sia alimentata dal Sole. Una nuova raffigurazione stimola nuove narrative – riguardo al potere del mercato, alla partecipazione dello stato, al ruolo centrale del nucleo famigliare, e alla creatività dei beni comuni.

Terzo, coltivare la natura umana. Al centro dell’economia del XX secolo c’è il ritratto dell’uomo economico razionale: ci ha raccontato che siamo egoisti, isolati, calcolatori, con dei gusti stabili, e che dominiamo la natura – e il suo ritratto ha modellato quello siamo diventati. Ma la natura umana è molto più ricca di così, come rivelano i primi abbozzi del nostro nuovo autoritratto: siamo sociali, interdipendenti, vicini, fluidi nei valori e dipendenti dal mondo vivente. In più, è effettivamente possibile coltivare la natura umana in modi che ci daranno una possibilità molto più grande di entrare nello spazio sicuro ed equo della Ciambella.

Quarto, acquisire comprensione dei sistemi. L’emblematico andirivieni dei rifornimenti del mercato e delle curve della domanda è il primo diagramma che ogni studente di economia incontra, ma esso è radicato in metafore fuorvianti, risalenti al XIX secolo, sull’equilibrio meccanico. Un punto di partenza molto più intelligente per comprendere la dinamicità dell’economia è il pensiero sistemico, riassunto in un paio di cicli di feedback. Porre questa dinamicità al centro dell’economia apre le porte a molte nuove intuizioni, dai cicli di espansione e contrazione dei mercati finanziari alla natura autorinforzante della diseguaglianza economica e ai punti di non ritorno dei cambiamenti climatici. È ora di smettere di cercare le inafferrabili leve di comando dell’economia e di cominciare a gestirla come un sistema complesso in continua evoluzione.

Quinto, progettare per distribuire. Nel XX secolo, una semplice curva – la curva di Kuznets – diffonde un potente messaggio sulla diseguaglianza: deve andare peggio prima di poter andare meglio, e la crescita (alla fine) migliorerà la situazione. Ma la diseguaglianza, si scopre, non è una necessità economica: è un errore di progettazione. Gli economisti del XXI secolo riconosceranno che ci sono molti modi di progettare le economie per fare che siano molto più distributive riguardo al valore che generano – un’idea meglio rappresentata come una rete di flussi. Questo significa andare oltre la ridistribuzione del reddito fino alla ridistribuzione della ricchezza, in particolare la ricchezza che giace nel possesso di terreni, imprese, tecnologie e conoscenze e nel potere di creare denaro.

Sesto, creare per rigenerare. La teoria economica ha per lungo tempo considerato un ambiente “pulito” un bene di lusso, che solo i benestanti possono permettersi. Questa visione è stata rafforzata dalla Curva ambientale di Kuznets, che suggeriva ancora una volta che l’inquinamento deve peggiorare prima di migliorare, e che la crescita (alla fine) avrebbe portato un miglioramento. Ma non c’è nessuna legge del genere: il degrado ecologico è semplicemente il risultato di una progettazione industriale degenerativa. Questo secolo ha bisogno di un pensiero economico che scateni la progettazione rigenerativa per creare un’economia circolare – non lineare – per restituire agli esseri umani il ruolo di partecipanti a pieno titolo ai processi ciclici della vita sulla Terra.

Settimo, essere agnostici riguardo alla crescita. C’è un diagramma della teoria economica così pericoloso da non essere mai realmente tracciato: l’andamento a lungo termine della crescita del Pil. L’economia mainstream vede la crescita infinita dell’economia come un obbligo, ma niente in natura cresce per sempre e il tentativo di opporsi a questa tendenza sta sollevando questioni serie nei paesi ad alto reddito ma a bassa crescita. Potrebbe non essere difficile abbandonare la crescita del Pil come obiettivo economico, ma sarà molto più difficile superare la nostra dipendenza da essa. Oggi abbiamo economie che hanno bisogno di crescere, che ci facciano prosperare o meno: quello di cui abbiamo bisogno sono economie che ci facciano prosperare, che crescano o meno. Questo ribaltamento del punto di vista ci spinge a essere agnostici riguardo alla crescita e a capire come le economie che oggi dipendono finanziariamente, politicamente e socialmente dalla crescita possano esistere con o senza di essa.

Fonte: The Guardian

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