Una corsa all’oro illegale sta innescando terribili attacchi contro gli indigeni in Amazzonia

In Brasile non si placano le violenze ai danni delle tribù indigene, costantemente minacciate dai minatori d'oro

In Brasile non si placano le violenze ai danni delle tribù indigene, costantemente minacciate dai minatori d’oro. L’incubo è iniziato lo maggio con una serie di attacchi aperti alle comunità Yanomami e Munduruku negli Stati del Roraima e Pará. E, secondo i leader indigeni, le tribù stanno affrontando il periodo più buio e pericoloso dagli anni ’80, ovvero dalla fine della dittatura.

Ormai in Amazzonia sono all’ordine del giorno le minacce di morte e le intimidazioni nei confronti delle tribù indigene che vogliono semplicemente difendere le loro terre dall’estrazione illegale dell’oro. Secondo quanto riferito dai gruppi indigeni e dal Ministero pubblico federale (MPF), in Brasile, lo scorso 9 giugno, minatori d’oro illegali avrebbero squarciato le gomme di un autobus (partito da Jacareacanga, nello stato del Pará e diretto a Brasilia) e minacciato di dargli fuoco nel tentativo di impedire ai leader della Riserva indigena di Munduruku di recarsi nella capitale per partecipare alle proteste in programma questa settimana.

Gli aggressori avrebbero minacciato l’autista dell’autobus (che avrebbe a breve accolto i leader indigeni) di dare fuoco alla vettura. I gruppi indigeni hanno fatto sapere che non erano presenti passeggeri a bordo dell’autobus al momento dell’attacco.

I sostenitori delle comunità indigene ritengono che i leader indigeni di Munduruku sarebbero dovuti essere scortati dalla polizia mentre cercavano di raggiungere la capitale brasiliana per partecipare alle proteste contro le invasioni delle loro terre ancestrali e i ripetuti atti di violenza contro la popolazione indigena locale. Evidentemente, ciò non è avvenuto.

Gli attacchi giungono a poche settimana di distanza da gravi incidenti ed episodi di violenza, nel corso dei quali gruppi di minatori illegali hanno sparato e dato fuoco alle case nella riserva di Munduruku. Ciò avrebbe aumentato i timori di possibili ulteriori violenze ai danni degli indigeni, considerato che le autorità federali si sono ritirate da quelle zone.

I pubblici ministeri federali e i gruppi indigeni chiedono misure più rigorose contro i minatori illegali e uno status di protezione permanente per gli indigeni Munduruku. Il Movimento Munduruku Ipereg Ayu, in una dichiarazione del 9 giugno, ha espresso rabbia ed esasperazione per la continua persecuzione e violazione dei diritti dei popoli indigeni brasiliani:

“Vogliamo denunciare ciò che stiamo vivendo. Andremo a Brasilia per denunciare tutte le minacce che stiamo subendo [ma] non ne usciremo. I nostri capi sono imprigionati nella sede municipale.”.

Secondo Coiab, un gruppo-ombrello che riunisce le organizzazioni indigene dell’Amazzonia brasiliana, i leader di Munduruku sarebbero finalmente riusciti ad intraprendere il viaggio il 14 giugno con una scorta di agenti della polizia federale e della polizia stradale federale. La scorta è stata fornita dopo che l’MPF ha presentato una richiesta formale alle agenzie federali di “impiegare agenti, veicoli e attrezzature in quantità sufficiente a garantire la sicurezza personale” del gruppo.

Gli indigeni sotto attacco

Il gruppo etnico brasiliano Munduruku, composto da poco più di 14.000 persone, combatte da decenni per difendere la propria terra da incursioni esterne. La loro riserva è stata delimitata nel 2004, ma le tensioni sono aumentate dal 2018 a causa dei cercatori d’oro illegali, noti come garimpeiros, che sono diventati sempre più audaci e spregiudicati.

Il recente attacco è solo un esempio dei numerosi atti di violenza che da mesi attanagliano la riserva di Munduruku. La situazione è però diventata insostenibile. Il 26 maggio scorso, alcuni minatori illegali sono entrati nella riserva, hanno sparato e dato fuoco alle case, tra cui l’abitazione della leader indigena Maria Leusa Munduruku, nota per aver criticato duramente l’attività mineraria illegale.

Si ipotizza che l’attacco di fine maggio fosse una sorta di rappresaglia per un’operazione della polizia federale volta ad espellere i garimpeiros dalla riserva. Secondo i pubblici ministeri federali, nonostante l’escalation della violenza, le forze di polizia si sarebbero ritirate dalla zona pochi giorni dopo, lasciando la comunità a se stessa, senza alcuna protezione in un momento così critico.

Coiab e altri gruppi indigeni avrebbero chiesto alle autorità il dispiegamento permanente delle forze di polizia federali e locali nella riserva di Munduruku; tuttavia, la loro richiesta non sembra ancora aver ricevuto risposta.

Il 29 maggio, l’MPF ha chiesto a un tribunale federale di ordinare alle forze di polizia di tornare nella riserva e garantire la sicurezza del popolo Munduruku. Gli agenti della Guardia Nazionale sono tornati nell’area alla fine della scorsa settimana, secondo l’MPF. I pubblici ministeri stanno ora chiedendo alla corte di applicare una multa giornaliera di 50.000 real brasiliani per il ritardo del governo nel rispettare l’ordine.

I gruppi indigeni affermano che, sebbene gli agenti federali siano tornati nell’area, il popolo Munduruku continua a subire minacce e intimidazioni. La leader indigena Maria Leusa è stata trasferita per motivi di sicurezza dopo che i minatori illegali hanno scoperto il suo rifugio a seguito dell’incendio della casa. Come affermato dal MPF in una nota, l’operazione di fine maggio sarebbe dovuta durare 15 giorni, ma è stata interrotta prima, nonostante i violenti attacchi contro il popolo Munduruku.

Anche la riserva Yanomami, dove migliaia di minatori illegali stanno sfruttando le terre indigene, ha affrontato giorni di violenti attacchi nel maggio scorso, quando minatori illegali avrebbero aperto il fuoco con armi automatiche sul villaggio di Palimiú. Il 7 giugno, l’Associazione Yanomami Hutukara ha riferito di un altro attacco, sostenendo che i minatori avevano lanciato bombe a gas contro gli indigeni e minacciato le guardie di sicurezza.

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Gli indigeni sono indignati perché i loro diritti sono stati violati senza che il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, muovesse un dito. Dall’inizio del suo mandato all’inizio del 2019, Bolsonaro si è opposto alla demarcazione delle riserve indigene e ha promesso di legalizzare l’estrazione selvaggia delle risorse minerarie. Nel settembre 2020, il governo federale ha trasportato a Brasilia in aereo gli indigeni che sostengono i garimpos (miniere d’oro illegali), per difendere l’attività illegale di fronte ai legislatori.

L’atteggiamento “permissivo” del governo federale avrebbe quindi favorito le attività dei minatori illegali, fornendo addirittura un incentivo ad invadere le terre indigene e a minacciare le comunità native.

Fonti: MPF/Survival.it/Mongabay

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