L’abbandono degli indigeni nella pandemia corrisponde a genocidio. L’appello dell’antropologo UFMG

Lasciare soli gli indigeni a combattere la pandemia è una politica di genocidio. A dirlo è Rogério do Pateo, antropologo dell'UFMG

Lasciare soli gli indigeni a combattere la pandemia è una politica di genocidio. A dirlo è Rogério do Pateo, professore del Dipartimento di Antropologia e Archeologia dell’UFMG che spiega come le attività minerarie in Amazzonia, introducono il Covid-19 nei villaggi e minacciano la vita del popolo Yanomami e non solo.

Secondo l’antropologo è in corso una vera e propria violazione dei diritti umani ai danni delle tribù indigene e responsabile è il governo di Bolsonaro che non sta di fatto tutelando le comunità durante la pandemia.

Più di cinquemila indigeni Yanomami potrebbero essere infettati da Covid-19 nei villaggi vicino alle aree minerarie dell’Amazzonia, se non vengono prese misure per contenere la diffusione della malattia nella regione. Cioè il 40% della popolazione è a rischio. È quanto emerge da uno studio dell’Istituto Socio-Ambientale (ISA), con la partecipazione di ricercatori dell’UFMG e della Fondazione Oswaldo Cruz (Fiocruz), dopo che, in poche settimane, sono stati segnalati 174 casi di coronavirus tra gli Yanomami e cinque morti.

Ma la pandemia sta sterminando anche un altro popolo, quello dei quilombolas che vivono in Brasile e sono una comunità di afro-indigeni formata da ex schiavi dalle piantagioni. Attualmente nel paese ci sono oltre mille quilombola infettati dal nuovo coronavirus e 126 sono morti.

La situazione nei villaggi è molto grave soprattutto perché gli indigeni hanno difese immunitarie basse, non hanno strutture idonee per curarsi e sono stati lasciati da soli da parte del governo di Bolsonaro. In un’intervista, il professor Rogério do Pateo del Dipartimento di Antropologia e Archeologia dell’UFMG, ha spiegato i rischi posti dalle attività minerarie per la salute delle popolazioni indigene.

“Minatori, allevatori e cercatori d’oro sono veicolo di vari tipi di malattie, anche prima del Covid-19, come la malaria. La presenza di miniere d’oro nelle terre indigene genera anche molti altri tipi di violenza, come molestie e stupri sessuali e problemi ambientali. Di conseguenza, ci sono complicazioni sanitarie e nutrizionali per la salute degli indigeni”, spiega l’antropologo.

La situazione sanitaria nei villaggi Yanomami, che era già precaria, adesso è ancora più preoccupante. “La terra degli Yanomami è estesa e coperta da una fitta foresta, con pochi accessi, il che rende difficile raggiungere le persone che vivono in questi territori. Oltre alla vulnerabilità biologica in relazione alle malattie ‘esterne’, la struttura della loro società implica una grande circolazione tra i villaggi, per scambiare conoscenze e oggetti, aumentando le possibilità di diffusione del virus. Molti vivono in case collettive, dove c’è una costante comunione di utensili e cibo, rendendo difficile l’isolamento”, dice ancora.

Per il professore e antropologo dell’UFMG l’atteggiamento del governo federale è sbagliato. “Queste miniere sono il risultato di invasioni illegali, lo Stato non ha alcun controllo sulle persone che entrano nel territorio. Mentre il governo cerca di legalizzare l’esplorazione mineraria in queste aree, sotto il tavolo c’è un totale smantellamento della struttura di controllo e ispezione. Bisogna intervenire al più preso per evitare un vero e proprio genocidio”.

Fonte: UFMG /Alma Preta

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