Come convertire le centrali nucleari dismesse?

Dopo Fukushima, tutto il mondo torna a interrogarsi sul nucleare e sono molti quelli che hanno fatto o stanno pensando di fare marcia indietro e chiudere le proprie centrali atomiche. Ma sarà possibile recuperarle e bonificare l'area per altri usi? E se sì, quali potrebbero essere? Un parco divertimenti? La destinazione per una gita scolastica? Le proposte sono numerose, e talvolta anche discutibili. Perché alcuni esempi di conversione di ex centrali nucleari dismesse, la cui costosa demolizione è stata abolita in favore di progetti che rendano fruibili per i cittadini le strutture degli ex reattori nel mondo, già esistono. Progetti che hanno abbracciato in pieno la sfida di reinventare le cose e gli spazi.

Dopo Fukushima, tutto il mondo torna a interrogarsi sul nucleare e sono molti quelli che hanno fatto o stanno pensando di fare marcia indietro e chiudere le proprie centrali atomiche. Ma sarà possibile recuperarle e bonificare l’area per altri usi? E se sì, quali potrebbero essere? Un parco divertimenti? La destinazione per una gita scolastica? Le proposte sono numerose, e talvolta anche discutibili. Perché alcuni esempi di conversione di ex centrali nucleari dismesse, la cui costosa demolizione è stata abolita in favore di progetti che rendano fruibili per i cittadini le strutture degli ex reattori nel mondo, già esistono. Progetti che hanno abbracciato in pieno la sfida di reinventare le cose e gli spazi.

E così, la Germania riconverte una vecchia centrale nucleare, quella di Kalkar, a parco giochi per bambini. Si chiama Wunderland Kalkar e si trova nell’area Nord-occidentale del Paese. Hennie Van Der Most, un imprenditore olandese, acquistò la struttura nel 1995 per un equivalente di appena due milioni di euro, trasformandola in un gradevole open space di divertimento, che ospita ormai centinaia di migliaia di visitatori ogni anno. L’inquietante grigio reattore è stato ridipinto color cielo e trasformato in una struttura per le arrampicate. Un ambiente sereno e ameno, ben lontano dal potenziale di rischio dell’energia atomica.

Nelle Filippine, il Bataan Nuclear Power Plant, a 100 chilometri da Manila, il cui completamento è costato ben 2,3 miliardi di dollari, non ha mai prodotto un solo chilowatt. È infatti inattivo dal 1984. Dopo Fukushima, il direttore regionale del Turismo, Ronald Tiotuico, ha dichiarato all’AFP che l’impianto verrà presto aperto ai visitatori: “sarà un’esperienza di apprendimento. Sarà possibile vedere tutte i macchinari, tutte le attrezzature e capire cosa è successo a Fukushima. E cosa non accadrà a Bataan”.

Anche a Flamnville, in Francia, sede del cantiere per la costruzione del reattore di terza generazione che doveva essere realizzato anche in Italia, si inizia a parlare di conversione. Dopo laccordo che il candidato socialista François Hollande ha stipulato con i Verdi per ridurre la dipendenza dall’atomo dall’attuale 75 al 50%, un’idea della sua chiusura non sembra poi così assurda. Soprattutto se si considerano anche le debolezze strutturali di un tipo di nucleare che è stato presentato dall’EDF, che per ora non ha lasciato alcuna dichiarazione, come un reattore del futuro. Ma in Francia, le piante in parziale o totale smantellamento (Superphénix Brennilis, Chinon, Saint-Laurent e Bugey) sono ancora troppo radioattive per immaginare futuri parchi di divertimento. Nel “migliore” dei casi, i turisti potranno, al massimo, godere di piscine all’aperto.

Come a Civaux, una piccola cittadina francese situata nel dipartimento della Vienne nella regione di Poitou-Charentes, dove gli scarichi di acqua calda della vicina centrale nucleare vengono da tre anni utilizzati per riscaldare le vasche de “La Planète des crocodile, un sito che ospita coccodrilli, alligatori e caimani. Nel “Pianeta dei coccodrilli” di Civaux i visitatori possono passeggiare in un ambiente tropicale, tra vasche ornate di uccelli, cascate e una folta vegetazione lussureggiante. Una scelta, evidentemente, piuttosto opinabile…

L’unico dato certo è che la dismissione totale di un impianto è, in realtà, solo un’utopia. Un’impresa molto complessa, non priva di pericoli, e nella maggior parte dei casi costosissima.

Roberta Ragni

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