Bani Shanta: il bordello bengalese delle donne vendute, drogate e private della libertà

Quindici minuti di sesso costano da uno a tre euro, una notte intera al massimo quindici. Nel bordello di Bani Shanta un’isola del Bangladesh, c’è un’umanità derelitta: ragazze drogate, sottomesse, maltrattate e vendute da padri e mariti.

Quindici minuti di sesso costano da uno a tre euro, una notte intera al massimo quindici. Nel bordello di Bani Shanta un’isola del Bangladesh, c’è un’umanità derelitta: ragazze drogate, sottomesse, maltrattate e vendute da padri e mariti.

La storia è simile a quella del bordello Kandapara nel distretto di Tangail in Bangladesh, uno dei pochi paesi musulmani dove la prostituzione è legale.

Nel paese ci sono quasi 200mila prostitute e solo nel bordello di Bani Shanta nel distretto di Faridpur, in appena un chilometro quadrato, novanta donne hanno perso ogni dignità divenendo schiave del sesso.

Soddisfano passioni di turisti, lavoratori portuali, passanti: sono vittime delle loro richieste dopo essere state vendute dalla famiglia. Qui si vive con poco più di un euro al giorno e nella miseria, le donne diventano oggetto di scambio, come se fossero merci.

Alcune iniziano da giovanissime, bambine dall’infanzia negata che diventano madri troppo presto e le loro figlie hanno già un destino segnato.

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I loro corpi sono stanchi e messi in bella mostra. I clienti scelgono e poi soddisfano le proprie voglie in piccoli locali che spesso sono anche le abitazioni delle prostituite.

Qui a volte ci sono anche i loro figli, si vive in condizioni igieniche sanitarie precarie. Ma non ci si può ribellare. A controllarle c’è la sardarnis, la matrona del bordello, che pretende una lauta percentuale e gestite il traffico della prostituzione.

Ci sono le donne costrette a prostituirsi per mantenere la famiglia e i figli, poi ci sono le chukri, le ragazze senza nessuno, quelle vendute miseramente, che lavorano senza guadagno e tutti i soldi finiscono alla sardarnis. In un comune hanno la sofferenza e l’umiliazione, sono vittime di una carneficina senza fine.

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Non esistono diritti, solo doveri. Come se tutto questo non bastasse, le donne vengono dopate con l’ oradexon. Questo glucocorticoide, il cui nome scientifico è dexametasone, è noto per le capacità anti-infiammatorie e corticosteroidee, ma soprattutto per l’uso veterinario, in particolare sui cani e sui cavalli, per la cura delle infezioni e delle distorsioni muscolari.

Sulle persone aumenta la massa corporea che, secondo la cultura bengalese, è sintomo di buona salute. Già dall’età di dieci anni, le ragazzine vengono imbottite di questo potente farmaco che può causare ulcere, insufficienza cardiaca,tubercolosi e diabete.

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Eppure 9 prostitute su 10 ricevono questo medicinale, spesso chiamato “pillola delle mucche”, e non possono opporsi.

Violate nel corpo, quindi, ma soggiogate anche a livello mentale. Le donne appena entrano nel bordello sono costrette a giurare davanti a un pubblico ufficiale, di non essere in grado di svolgere altri lavori al di fuori della prostituzione.

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L’affidavit è un vero e proprio giuramento e non può essere ritrattato. Nonostante ci siano organizzazioni che si battono contro lo sfruttamento sessuale, purtroppo la situazione sembra essere atavica e ciclicamente raccontiamo l’orrore del diritto a una vita dignitosa che viene negato.

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Dominella Trunfio

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