L’urlo disperato dei popoli indigeni Baiga: vogliono sfrattarli dalla loro foresta

Sono scesi in piazza in centinaia per protestare contro i tentativi de governo locale di sfrattarli dalla foresta, dalle loro terre ancestrali che gestiscono da tempo immemorabile. Uomini e donne Baiga hanno unito le forze per rivendicare i loro diritti.

Sono scesi in piazza in centinaia per protestare contro i tentativi de governo locale di sfrattarli dalla foresta, dalle loro terre ancestrali che gestiscono da tempo immemorabile. Uomini e donne Baiga hanno unito le forze per rivendicare i loro diritti.

Oltre 70 villaggi baiga che si trovano in un’area grande 1500 chilometri quadrati, la stessa che ha ispirato “Il libro della giungla”, capolavoro di Kipling insieme per protestare contro le autorità che stanno cercando di sfrattare due comunità da un “corridoio” faunistico.

Decine di altre comunità baiga che vivono nelle vicinanze sono terrorizzate che possa toccare anche a loro la stessa sorte: se costrette a lasciare la loro terra, rischierebbero povertà, sfruttamento e miseria. Secondo Survival International, il movimento mondiale che da sempre si batte a fianco delle popolazioni indigene:

“I Baiga sono particolarmente preoccupati per i due sfratti imminenti poiché sia le autorità statali sia il WWF avevano promesso che non ci sarebbero stati sfratti nelle aree di “corridoio” che corrono tra le riserve naturali”.

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Foto: © Sayantan Bera/Survival

La legge impone che qualsiasi reinsediamento di popoli indigeni sia volontario, anche per coloro che vivono in aree di conservazione. I Baiga, tuttavia, denunciano di subire minacce, intimidazioni e violenze fino a che non resta loro altra possibilità che andarsene.

“Le guardie forestali mi hanno picchiato fino a farmi cadere dall’albero. Mi sono rotto l’anca e non riuscivo più a stare in piedi. Ho strisciato fino ai limiti del parco. Le guardie mi hanno lasciato lì e se ne sono andate”, ha raccontato a Survival International Bhardan Singh, un anziano baiga.

Le proteste non sono altro che il culmine di una situazione che ormai anche noi documentiamo da tempo. I popoli indigeni che vivono nelle riserve delle tigri in tutta l’India, infatti, vengono costretti a lasciare le loro terre ancestrali nel nome della conservazione di questo animale.

“Tuttavia, il numero di tigri è aumentato rapidamente nella prima riserva indiana in cui a una tribù è stato riconosciuto il diritto di restare nella propria terra; questo dato dimostra che le persone e le tigri possono prosperare le une a fianco delle altre”, spiega il movimento mondiale.

Lo scorso novembre è stato chiesto il boicottaggio del turismo nelle riserve delle tigri in India fino a quando l’Autorità Nazionale per la Conservazione della Tigre non rispetterà i diritti dei popoli indigeni a vivere nelle loro foreste e a proteggerle.

“Questi sfratti, dentro e fuori le riserve delle tigri, sono totalmente ingiustificati oltre che illegali. Distruggono le vite delle persone costrette a lasciare le loro case, e non aiutano neppure le tigri. Le autorità e il WWF avevano promesso che non ci sarebbero stati sfratti ma – com’è già accaduto spesso in passato – queste promesse si sono rivelate vane”, ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival International.

Spesso vi parliamo delle comunità indigene maltrattate, ferite e uccise perché difendono le loro terre ancestrali. Colpevoli sono multinazionali e governi corrotti che arrivano a svendere anche porzioni di foresta costringendo gli indios a vivere sempre peggio.

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Foto: © Survival International

Secondo una ricerca condotta da María Vallejos, docente presso la Facoltà di Agraria della UBA (FAUBA), negli ultimi anni, il 21% della superficie che i popoli indigeni usavano per la caccia, per raccogliere cibo e allevare bestiame è andata perduta. I mercati esteri e la svendita del terreno sono il motore del cambiamento dell’uso della foresta, dove purtroppo lo spazio per i popoli indigeni è sempre di meno.

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Dominella Trunfio

Foto:© Survival

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