Orchi virtuali, ma violenze reali: il mondo della pedopornografia è in crescita

Un mercato in crescita, milioni di immagini che violano la dignità dei bambini. Tonnellate di gigabyte dove ci sono le urla e il dolore delle vittime innocenti della pedofilia e della pedopornografia.

Un mercato in crescita, milioni di immagini che violano la dignità dei bambini. Tonnellate di gigabyte dove ci sono le urla e il dolore delle vittime innocenti della pedofilia e della pedopornografia.

Il quadro è lucido e non lascia spazio all’immaginazione, è quello che emerge dal Report 2016 diffuso dall’Associazione Meter Onlus di don Fortunato Di Noto. Lo scorso anno ha sancito la crescita mondiale della pedopornografia con video sempre più raccapriccianti, messi in rete da uomini senza scrupoli che ormai agiscono anche a viso scoperto.

Perché purtroppo, in alcuni Paesi, la caccia agli orchi virtuali non dà i frutti sperati. Nel 2016, infatti, la pedofilia non si è fermata. 9379 gli indirizzi web monitorati e segnalati, in lieve calo rispetto ai 9.872 del 2015, ma quelli italiani sono aumentati da 70 a 95.

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La flessione delle segnalazioni non implica la vittoria contro la pedofilia, ma il suo inabissamento. In pratica, i pedofili hanno lasciato i social network scegliendo forme più subdole e sofisticate.

“Sono 155 segnalazioni tra Twitter, Facebook, Youtube e così via, contro i 3.414 dell’anno precedente, ma i pedofili hanno scelto sistemi più sofisticati di immersione. Abbiamo identificato, e cioè contato una per una, 1.946.898 foto, in aumento rispetto al 1.180.909 del 2015. I video rilevati sono esplosi, triplicandosi: erano 76.200 nel 2015, ora sono 203.047”, si legge nel Report.

violenza bambina pedofilia

I Paesi della pedofilia

Il report ha analizzato 42 nazioni, nonostante i pedofili siano sempre più inabissati grazie al Deep Web, la faccia nascosta della rete.

“In particolare abbiamo registrato l’esplosione di Tonga (4.156 segnalazioni), seguita da Russia (635) e Nuova Zelanda (312): questo è il podio della vergogna. L’arcipelago di Tonga, che raccoglie una popolazione di circa 100mila persone, è quello che ha totalizzato la maggior parte delle segnalazioni”.

Nel Report 2015 Tonga aveva 504 segnalazioni: ora parliamo di un dato otto volte superiore. Raddoppiate anche le chat monitorate: 124 quest’anno contro le 56 del 2015. Dal 2003 al 2016 Meter ha segnalato 134.744 siti.

L’Italia è al 15esimo posto, mentre sul podio troviamo l’Oceania (4.613), seguita da Europa (868) e Africa (259).

Le vittime? Sempre più piccole

“Le vittime tra 0 e 3 anni sono in vertiginoso aumento e le violenze sono complete e totali. Sono un’altissima percentuale i neonati: esiste un portale solo con neonati e che ha anche una chatroom con dialoghi in italiano”, si legge ancora.

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I dati: nella fascia 0-3 anni le foto sono 9.909 i video 2.928; segue quella 4-13 con 1.936.989 di foto e 200.119 video.

Il problema, secondo quando emerge dall’inchiesta, è che i pedofili lasciano sempre meno tracce.

“Grazie a servizi come, ad esempio, Dropfile che consente lo scambio temporaneo di file. Ci si dà un appuntamento virtuale su una chat e si rende il materiale disponibile per un tempo limitato (al massimo 24 ore). Poi si cancella, senza lasciare tracce. In questo modo la “finestra” dentro la quale le autorità possono intervenire, si restringe”.

I bambini sono schiavi di sempre, il materiale viene prodotto anni prima ma continua ad essere smerciato. “Esistono vere e proprie organizzazioni a delinquere che lucrano sulla pelle dei bambini, violentati durante la loro crescita”, dice Meter.

“Non abbiamo paura a chiamare le cose con il loro nome: siamo d’accordo sul fatto che la pedofilia sia un crimine? È questa la domanda che poniamo da decenni. Perché se non siamo d’accordo su questo, il problema diventa ancora più spinoso. Siamo convinti che l’ideologia pedofila sia illecita? Perché se noi diciamo che tutto è lecito allora tutto si complica“, dice l’associazione.

La pedofilia è una realtà più grande e pericolosa di quanto si possa immaginare. Il Report 2016 lo racconta. Perché parlare significa prevenire, svelare i silenzi, aiutare le vittime.

Dominella Trunfio

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