Recensione Libri: Solar di Ian Mc Ewan. Il cambiamento climatico in chiave comica

Le librerie sono piene di saggi sul cambiamento climatico. Ci sono quelli che si concentrano sui disastri ambientali, quelli che guardano al futuro, quelli che puntano sui rimedi e quelli che regalano codici di comportamento. Ma mai nessuno si era posto di fronte al problema di raccontare chi è l’Uomo Contemporaneo che si confronta con i problemi dell’ambiente. Fino a quando Ian Mc Ewan, scrittore inglese di fama internazionale, non ci ha voluto provare. Il risultato è Solar (Einaudi, 2010), un libro ardito, a tratti esilarante e nel complesso fortissimamente umano.

Le librerie sono piene di saggi sul cambiamento climatico. Ci sono quelli che si concentrano sui , quelli che guardano al futuro, quelli che puntano sui rimedi e quelli che regalano codici di comportamento. La letteratura però, quella che racconta storie, e fa emozionare, non si era ancora messa alla prova con i problemi dell’ambiente. Quasi come se ne temessero il senso di inquietudine che fa calare sul presente, gli scrittori raramente si erano inoltrati nell’oscura selva del riscaldamento globale. Soprattutto, non si erano ancora mai posti di fronte al problema di raccontare chi è l’Uomo Contemporaneo che si confronta con i problemi dell’ambiente. Come si comporta? Quali azioni mette in atto? Quali gesti?

Ancora… appunto. Fino a quando Ian Mc Ewan, scrittore inglese di fama internazionale, non ci ha voluto provare. Il risultato è Solar (Einaudi, 2010), un libro ardito, a tratti esilarante e nel complesso fortissimamente umano. A giudicare dal passato letterario dell’autore, Solar sembra essere il classico sassolino che ci si è voluti togliere dalla scarpa. Mc Ewan è noto ai lettori per aver dato vita a storie di inquietudine e di incomunicabilità, personaggi cupi e inquieti. Nulla di più lontano dallo humour nero e dal cinismo che si respira in Solar.

Il protagonista è Micheal Beard, premio Nobel per la Fisica. Cinquantenne al quinto matrimonio e inguaribilmente fedifrago. Pingue ma incapace di resistere alle patatine e ai piatti ricolmi di salse. Brillante ma alla continua ricerca di cattedre di prestigio in rinomati istituti e ben frequentati convegni, a cui partecipare in cambio di lauti compensi. Un uomo, appunto. Né buono né cattivo. Certamente furbo, e a volte vile.

È nelle mani di un personaggio di questo genere, uno a cui probabilmente non verrebbe neanche da far fare la raccolta differenziata, che è affidata la scoperta che potrà cambiare l’esito della storia dell’umanità. Produrre elettricità ispirandosi alla fotosintesi clorofilliana: scindendo l’idrogeno dall’ossigeno e trasformando l’acqua in gas.

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Inizialmente Beard è uno dei tanti che sottovaluta le questioni del surriscaldamento della terra…”A livello personale aveva altri pensieri”. Ironia della sorte, gli offrono una buona rendita per un importante ruolo al Centro Nazionale per le Energie Rinnovabili e non si fa scappare l’occasione di infilarsi nel grande business del futuro. Per la sua posizione è chiamato a fare un’ ispezione al Polo Nord, insieme con altre personalità del mondo dell’arte, dell’economia, della ricerca (esperienza realmente accaduta allo scrittore) e lì, tra mille e avventurose gag che sottolineano la goffaggine del protagonista, l’autore mette in scena una situazione che nella sua simbolicità descrive la natura umana meglio di mille scienziati. Lo spogliatoio dove tutti i partecipanti alla spedizione lasciano le loro tute è un caos dove scarpe e giubbotti spariscono, spostati da una gruccia all’altra, mal riposti o gettati a terra nell’incuranza collettiva. Le stesse persone dalle quali ci si sarebbe aspettato il rispetto della natura, così come quello per il prossimo, sono i primi a non riuscire a ordinare il loro stesso piccolo mondo.

Beard è quindi uno dei tanti. Chiamato a convincere una platea di investitori che avrebbero dovuto decidere se far fruttare i loro soldi sul petrolio o sulle energie rinnovabili pronuncia più o meno consapevolmente il suo personale credo. “La faccenda coinvolge qualcosa che va al di là della sola virtù, perché la virtù è limitata, passiva. Può essere un incentivo per il singolo, ma quando si tratta di gruppi, di sistemi sociali, di una civiltà intera, allora è una forza insufficiente. A livello di massa l’avidità ha la meglio sulla virtù. Ecco perché dobbiamo integrare di buon grado nelle soluzioni al problema il nostro incontenibile impulso all’egoismo.

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Sull’individualismo si basa l’argomentazione con la quale il protagonista cerca di convincere la sua audience. Lo stesso individualismo che lo conduce a rubare le note di lavoro di un suo giovane collaboratore che muore in un incidente per diventare ricco. Ed è lo stesso individualismo che gli fa negare la possibilità di avere un’unica donna da amare e da cui essere amato.

La conclusione del libro ci dice che non c’è espiazione. Almeno fintanto che l’uomo non riuscirà a cambiare la sua naturale indole. Eppure c’è una strada che il libro suggerisce di seguire. E la racconta così. “C’è un uomo in una foresta, sotto la pioggia e sta morendo di sete. Ha con sé un’accetta e comincia a tirar giù gli alberi per bere la linfa. Intorno gli si fa il deserto…Allora come si spiega che non apre la bocca e non si beve la pioggia? Per il semplice motivo che è molto bravo a tirar giù gli alberi, perché ha sempre fatto così e perché considera un po’ suonato chi tenta di bere la pioggia. La luce del sole è come quella pioggia”.

Eppure, sembra che Mc Ewan voglia dire che in fondo sarà una risata a sommergerci. Le note comiche variamente diffuse nel libro aiutano a ridimensionare quel senso di impotenza che gli uomini sentono di fronte a problemi di natura grandiosa come la salvaguardia del pianeta e la sopravvivenza della specie.

L’originalità del libro sta nella capacità di restituire al lettore questa paura e insieme il tentativo di affrontarla. Nel desiderio di smascherare chi si professa portatore di verità assolute – siano essi anche blasonati premi Nobel – e nel contempo di legittimarlo in quanto capace di orientarsi tra tecnologie e burocrazie che non tutti sarebbero in grado di gestire.

È arte della narrazione. L’unica capace di tratteggiare la complessità dell’animo umano specie di fronte alle grandi questioni che ne mettono in discussione l’essere.

Pamela Pelatelli

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