Imparare le lingue straniere ha effetti sorprendenti sullo sviluppo dell’udito dei bambini (più delle lezioni di musica)

Imparare le lingue straniere può aiutare i bambini a sviluppare la neurocognizione uditiva più delle lezioni di musica. Lo conferma uno studio finlandese

Apprendere le lingue straniere non aiuta soltanto ad ampliare il nostro bagaglio culturale, ma influisce sul sistema uditivo, addirittura più delle lezioni di musica. A fare questa interessante scoperta un team internazionale di studiosi, guidato dalla Facoltà di Scienze dell’educazione dell’Università di Helsinki, che hanno indagato gli effetti dell’apprendimento di una lingua straniera e della musica a livello neurocognitivo. Per farlo i ricercatori hanno scelto un campione di 119 bambini cinesi, di età tra gli 8 e gli 11 anni, reclutati in una scuola elementare di Pechino. Gli studenti sono stati assegnati in modo casuale ai programmi di inglese (60) e di musica (59), per capire se la musica avesse un’influenza maggiore sulla neurocognizione uditiva dei bambini.

Le risposte del cervello associate all’elaborazione uditiva sono state misurate nei bambini prima e dopo i programmi sia attraverso un elettroencefalografia che con un test comportamentale.

“I risultati hanno dimostrato che sia la musica che il programma linguistico hanno avuto un impatto sull’elaborazione neurale dei segnali uditivi” spiega la ricercatrice Mari Tervaniemi, principale autrice dello studio pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex.

Un motivo in più per apprendere le lingue fin da piccoli

Ma, con grande sorpresa dei ricercatori, le lezioni di inglese si sono rivelate più efficaci delle lezioni musicali. La partecipazione al programma di formazione in inglese ha infatti migliorato l’elaborazione di suoni musicalmente rilevanti, in particolare in termini di elaborazione dell’intonazione.

Contrariamente alle nostre ipotesi, il programma extracurriculare di gruppo in una lingua straniera (cioè l’inglese) ha facilitato i primi processi sensoriali-predittivi dei bambini nella modalità uditiva significativamente più di quanto non abbia fatto il programma in musica, in particolare quando il paradigma sperimentale era musicalmente rilevante – chiariscono i ricercatori – I nostri risultati sono più sorprendenti quando riguardano le promesse dell’apprendimento delle lingue straniere per favorire la codifica delle caratteristiche musicali. In questo studio, per la prima volta, otteniamo prove causali dell’impatto di un programma di formazione in lingua straniera di gruppo per facilitare l’elaborazione uditiva neurale più di quanto faccia un programma musicale.

E secondo gli studiosi ci sarebbe un motivo ben preciso.

Una possibile spiegazione per la scoperta è il background linguistico dei bambini, poiché la comprensione del cinese, che è una lingua tonale, si basa in gran parte sulla percezione del tono, che potenzialmente ha dotato i soggetti dello studio della capacità di utilizzare proprio quel tratto durante l’apprendimento di nuovi elementi” – spiegano gli autori della ricerca – Ecco perché frequentare il programma di formazione linguistica ha facilitato i primi processi uditivi neurali più della formazione musicale.

Secondo Tervaniemi, i risultati emersi supportano l’idea che le funzioni cerebrali musicali e linguistiche siano strettamente collegate nel cervello in fase di sviluppo come quello dei bambini. E sia la musica che l’acquisizione del linguaggio riescono a modulare la percezione uditiva.

Insomma, questo nuovo studio ci offre un motivo in più per incoraggiare i più piccoli ad imparare una (o più di una) lingua straniera!

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Fonte: Cerebral Cortex/University of Helsinki

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