Stazione Futuro: i progetti Eco che ci cambieranno la vita

Chi si aspetta di trovare quadri e foto appese alle pareti, rimarrà deluso. Stazione Futuro non è una mostra come le altre, ci tende a sottolineare il curatore.“E’ una rappresentazione di ciò che potremmo essere tra dieci anni”. E’ uno sguardo ottimista e soprattutto volitivo quello che serpeggia nella mostra (ops!) nella città delle idee, parafrasando gli architetti che l’hanno immaginata. Lo spettacolo che si presenta entrando è proprio quello di uno scorcio urbano fatto di agglomerati di case a forma di cubo intervallati da ampie piazze e stradine strette.

Le celebrazioni per i centocinquanta anni dell’Unità nazionale sono iniziate e per l’occasione l’album dei ricordi è stato tirato fuori dall’armadio e rispolverato. Se la storia non è mai stata il nostro forte, però, il futuro lo è decisamente meno. Ed è a coloro che ci credono ancora pur restando fuori dalle luci dei riflettori, a coloro che ogni giorno sono impegnati a progettare qualcosa che potrebbe cambiare la nostra vita, che è dedicata la mostra Stazione Futuro ”. A dirlo è Riccardo Luna, direttore del magazine Wired Italia e per questa speciale occasione anche curatore di una delle mostre che saranno protagoniste dei prossimi mesi di festeggiamenti.

Inaugurata il 16 marzo, Stazione Futuro si protrarrà fino al 20 novembre. Per vederla e vederci attraverso i progetti e le idee che provengono dai centri di ricerca delle Università, dai laboratori delle grandi aziende e dall’intuizione dei singoli inventori bisogna andare a Torino e fermarsi in un luogo che sembra fatto apposta per diventare il quartier generale di una nuova Italia. Si chiama Officine Grandi Riparazioni e fino a cinquant’anni fa era la fabbrica, incastonata nel cuore della città, in cui venivano realizzate le locomotive delle Ferrovie dello Stato. Un luogo di fatica e di sudore ma anche di grandi imprese; un esempio storico di architettura industriale, completamente rimesso a nuovo per l’occasione.

Chi si aspetta di trovare quadri e foto appese alle pareti, rimarrà deluso. Stazione Futuro non è una mostra come le altre, ci tende a sottolineare il curatore.È una rappresentazione di ciò che potremmo essere tra dieci anni. È uno sguardo ottimista e soprattutto volitivo quello che serpeggia nella mostra (ops!) nella città delle idee, parafrasando gli architetti che l’hanno immaginata. Lo spettacolo che si presenta entrando è proprio quello di uno scorcio urbano fatto di agglomerati di case a forma di cubo intervallati da ampie piazze e stradine strette.

E nel futuro che ci attende la sostenibilità la fa da padrone. Se ne avevate qualche dubbio, tra i centocinquanta progetti che la curatela ha scovato in giro per il paese sono molto numerosi quelli che immaginano un modo di vivere più rispettoso dell’ambiente, a minor impatto e alla ricerca di una maggiore autonomia da fonti energetiche non rinnovabili.

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Uno dei “quartieri” in cui si divide la mostra si intitola, non a caso, l’ora solare e ha come protagonista il progetto ITER che vede protagonista l’Italia insieme con altri Paesi Europei, gli Stati Uniti, il Giappone e la Cina in un progetto di fusione termonucleare capace di sprigionare energia eliminando il problema delle scorie. Come? Ricostruendo il sole e imprigionandone il calore. Se questo progetto guarda molto lontano, decisamente alla portata sono le celle solari e le varie declinazioni che vedono il solare integrarsi sempre più dentro supporti domestici e piccoli come finestre e tegole.

Ma sostenibilità non è solo energia allo stato puro. È anche attenzione e cura del territorio. Efficaci, in questo senso, sono le immagini prese dai satelliti di Telespazio: le stesse che aiutano gli scienziati a monitorare i territori. Raccontano di una Terra affaticata dall’azione dell’uomo, spesso maltrattata e in sofferenza.

Se da un lato le fotografie non lasciano spazio alla fantasia, infinite sono le possibilità che si aprono quando si parla di riciclo. Si va dalla trasformazione degli scarti organici alimentari in benzina (accade all’Istituto Donegani di Novara dell’ENI) alla trasformazione del materiale riciclato impuro in un materiale cementizio (grazie alla tecnologia del Centro Riciclo Vedelago) alla fantasia della carta riciclata che il consorzio Comieco porta in mostra.

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Anche l’alimentazione ha un suo ruolo in questa corsa vitale verso un migliore rapporto tra l’uomo e la natura. Un pianeta sempre più popolato richiede strategie alimentari serie: da un lato ci sono quelle che riflettono su modi sempre nuovi ed efficaci di far fruttare la terra senza sfruttarla, dall’altra gli OGM. In mezzo c’è un’opportunità, chiamata idroponico: a spiegarne le possibili evoluzioni future è stata scomodata Thales Alenia Space, uno dei principali luoghi di innovazione in materia spaziale, che sta studiando un modo per spostare coltivazioni di tipo idroponico sulla luna.

La sostenibilità è il filo conduttore che tiene insieme anche i progetti presenti nel “quartiere” che parla di mobilità. Si va dal motore elettrico della community di E-Cars Now! a quello nato sulla base dei desideri degli utenti per Fiat Mio, dal sistema di trasporto ideato da una società italiana per Masdar (Emirati Arabi Uniti), alle nuove stazioni delle ferrovie pensate per essere sempre più luoghi del vivere intracittadino e sempre meno luoghi accessori delle città.

Infine la casa che, a detta della mostra, è già a impatto zero. L’ambiente domestico è uno di quelli in cui maggiore è l’interesse e la possibilità di trasformazione. Paragonabile forse al suo impatto sul territorio. Qui si va dai progetti della Rivoluzione Off-grid della Fabbrica del Sole di Arezzo a quella ormai diventata realtà di Mario Cucinella. Centomila euro è la cifra stimata dal noto architetto per una casa che sappia sfruttare le fonti di energia locale, attivare un sistema di riciclo interno e consentire alla casa di costare di meno.

“Qui si rifà l’Italia” annuncia il sottotitolo della mostra. Un imperativo che questa mostra vuole evidentemente contribuire a diffondere. E come centocinquantanni fa, ora servono gli Italiani.

Pamela Pelatelli

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