Stonehenge: ecco da dove provengono e come sono state trasportate le 42 bluestones

Stonehenge non smette mai di affascinare. Un nuovo studio ha individuato l'esatta posizione in cui si trovavano in origine i megaliti del maestoso monumento britannico

Stonehenge non smette mai di affascinare. Un nuovo studio ha individuato l’esatta posizione in cui si trovavano in origine i megaliti del maestoso monumento britannico.

Da tempo i geologi erano al corrente del fatto che 42 delle pietre più piccole di Stonehenge, conosciute come “bluestones”, provenissero dalle colline Preseli nel Pembrokeshire, nel Galles occidentale. Ma un nuovo studio ha scoperto le posizioni esatte delle cave rivelando anche quando e come furono estratte le pietre.

Stonehenge è uno dei monumenti preistorici più suggestivi e ammirati del mondo. Ad affascinare non è solo la posizione dei megaliti rispetto al sole in alcuni momenti dell’anno ma anche il modo in cui è stato costruito. Sappiamo per certo che furono usati due tipi di pietre, note come sarsen e bluestone (pietra blu). Le prime, di dimensioni maggiori, provenivano dalle Marlborough Downs, mentre le bluestones si trovavano nelle Preseli Hills, nel Galles sudoccidentale.

La nuova scoperta si deve a un team di archeologi e geologi dell’University College of London, della Bournemouth University, dell’Università di Southampton, della University of the Highlands and Islands e del National Museum of Wales, che hanno indagato sui siti per otto anni.

Il professor Mike Parker Pearson, a capo del team, ha spiegato: “La cosa davvero eccitante di queste scoperte è che ci fanno compiere un passo in avanti per risolvere il più grande mistero di Stonehenge – perché le sue pietre provenivano da così lontano- Ogni altro monumento neolitico in Europa è stato costruito con megaliti provenienti da non più di 10 miglia di distanza. Ora stiamo cercando di scoprire cosa ci fosse di così speciale sulle colline di Preseli 5000 anni fa, e se ci fossero importanti cerchi di pietre qui, costruiti prima che le bluetones fossero trasferite a Stonehenge”.

La cava più grande si trovava trovata a circa 180 miglia (290 km) da Stonehenge, precisamente a Carn Goedog, sul versante nord delle colline di Preseli.

stonehenge carn goedog

“Questa era la fonte dominante della dolerite maculata di Stonehenge, così chiamata perché presenta delle macchie bianche nella roccia blu ignea. Almeno cinque dei bluestones di Stonehenge, e probabilmente di più, provenivano da Carn Goedog “, ha detto il geologo Dr Richard Bevins del National Museum of Wales.

Nella valle sottostante, è stato identificata un’altra area che potrebbe essere la fonte di uno dei tipi di riolite – un altro tipo di roccia ignea – trovato a Stonehenge.

Secondo il nuovo studio, le bluetones sono state ricavate da pilastri verticali naturali che potrebbero essere stati alleggeriti aprendo delle giunture verticali al loro interno. A differenza delle cave di pietra dell’antico Egitto, dove gli obelischi venivano ricavati dalla roccia solida, le cave del Galles erano più facili da sfruttare.

Gli operai delle cave neolitiche dovevano solo inserire cunei nelle giunture dei pilastri e fare i solchi fino alle estremità, come dimostrano anche gli strumenti utilizzati.

Come furono trasportati?

Il loro viaggio fu molto lungo, visto che si trovavano a circa 300 km da Stonehenge. Questo è uno dei misteri su cui gli scienziati indagano. Le nuove scoperte mettono in dubbio la teoria popolare secondo cui i bluestones vennero trasportati via mare.

Secondo il nuovo studio, questi pilastri furono posizionati su una piattaforma che fungeva da vano di carico per poi essere sistemati su slitte di legno destinate al trasporto.

“Alcuni pensano che i bluestones siano stati portati a sud verso Milford Haven e posti su zattere o imbarcati per poi risalire sul Canale di Bristol e lungo l’Avon di Bristol verso la piana di Salisbury. Ma queste cave si trovano sul lato nord delle colline di Preseli, quindi i megaliti potrebbero essere stati trasportati via terra”, ha aggiunto la professoressa Kate Welham della Bournemouth University.

La ricerca è stata pubblicata su Antiquity.

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Francesca Mancuso

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