1 milione di persone nel cuore dell’Amazzonia: scoperti geroglifici e antichi villaggi precolombiani

Parti dell'Amazzonia, ritenute quasi disabitate, in passato ospitavano fiorenti popolazioni formate da un milione di persone. Un team di archeologi ha scoperto che tra il 1250 e il 1500 c'erano già centinaia di villaggi nella foresta pluviale, lontani dai principali fiumi, al cui interno vivevano diverse comunità, che parlavano addirittura lingue diverse

Parti dell’Amazzonia, ritenute quasi disabitate, in passato ospitavano fiorenti popolazioni formate da un milione di persone. Un team di archeologi ha scoperto che tra il 1250 e il 1500 c’erano già centinaia di villaggi nella foresta pluviale, lontani dai principali fiumi, al cui interno vivevano diverse comunità, che parlavano addirittura lingue diverse.

La scoperta si deve agli archeologi dell’Università di Exeter che hanno trovato resti di villaggi fortificati e misteriosi lavori in terra chiamati geoglifi, ossia fossati fatti dall’uomo caratterizzati da strane forme quadrate, circolari o esagonali. Gli esperti non sono ancora certi dello scopo di queste opere. È possibile che fossero usati come parte di rituali cerimoniali.

Enormi parti dell’Amazzonia sono ancora inesplorate, in particolare le aree lontane dai principali fiumi. Finora si pensava che le antiche comunità avessero preferito vivere vicino ai corsi d’acqua lasciando intatte quelle zone, ma le nuove prove dimostrano che non era così.

La scoperta colma una grande lacuna nella storia dell’Amazzonia e fornisce ulteriori prove del fatto che la foresta pluviale – una volta ritenuta al riparo dall’agricoltura umana o dall’occupazione – è stata infatti pesantemente influenzata da coloro che vivevano lì, ancor prima della colonizzazione europea.

Gli archeologi hanno scoperto i resti nell’attuale stato brasiliano del Mato Grosso. Analizzando i reperti di carbone e vasellame hanno trovato un tratto di 1.800 km nell’Amazzonia meridionale continuamente occupato dal 1250 al 1500 da persone che vivevano in villaggi fortificati. Gli esperti stimano che ci sarebbero stati tra 1.000 e 1.500 villaggi chiusi, e due terzi di questi siti non sono ancora stati trovati.

Inoltre, ci sono circa 1.300 geoglifi in un’area di 400.000 km2 nell’Amazzonia meridionale. Di questi 81 sono stati trovati nell’area esaminata dalla ricerca. I villaggi si trovano spesso nelle vicinanze o all’interno dei geoglifi e sono collegati attraverso una rete di strade rialzate.

I geoglifi furono probabilmente realizzati durante siccità stagionali. Le aree più asciutte avevano ancora terreni fertili, dove gli agricoltori sarebbero stati in grado di coltivare alberi da frutto come le noci del Brasile.

amazzonia popolazioni

Il dott. Jonas Gregorio de Souza, del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Exeter, membro del gruppo di ricerca, ha spiegato:

Esiste un malinteso comune secondo cui l’Amazzonia è un paesaggio incontaminato, sede di comunità disperse e nomadi. Non è questo il caso. Abbiamo scoperto che alcune popolazioni lontane dai grandi fiumi sono molto più grandi di quanto si pensasse e hanno avuto un impatto sull’ambiente che possiamo ancora oggi trovare. L’Amazzonia è fondamentale per regolare il clima della Terra, e saperne di più sulla sua storia aiuterà tutti a prendere decisioni informate su come dovrebbe essere curata in futuro”.

“La nostra ricerca mostra che dobbiamo rivalutare la storia dell’Amazzonia. Certamente non era una zona popolata solo vicino alle rive di grandi fiumi, e le persone che vivevano lì hanno cambiato il paesaggio” ha aggiunto il professor José Iriarte dell’Università di Exeter.

La ricerca, finanziata dal National Geographic e dal progetto del Consiglio europeo della ricerca PAST, è pubblicata sulla rivista Nature Communications ed è stata realizzata da accademici dell’Università di Exeter, Università federale di Pará, Belém, Istituto nazionale per la ricerca spaziale-INPE e Universidade do Estado de Mato Grosso.

Lo studio, realizzato in collaborazione con l’Università federale di Pará, Belém, l’Istituto nazionale per la ricerca spaziale-INPE e l’Universidade do Estado de Mato Grosso, è stato pubblicato su Nature.

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Francesca Mancuso

Foto: Exeter

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