Dal Kilimangiaro al Monte Kenya, gli ultimi ghiacciai dell’Africa spariranno in 20 anni

Malgrado l'Africa contribuisca per il 4% alle emissioni globali di gas serra, l’impatto della crisi climatica sul continente è esagerato

Malgrado le nazioni africane contribuiscano per meno del 4% alle emissioni globali di gas serra, questo report delle Nazioni Unite dimostra che l’impatto della crisi climatica sul continente è esagerato

Gli ultimi tre ghiacciai montuosi presenti in Africa (quello sul Monte Kilimangiaro in Tanzania, quello sul Monte Kenya in Kenya e quello sulla catena montuosa Ruwenzori in Repubblica Democratica del Congo) si stanno rimpicciolendo a velocità record e potrebbero addirittura scomparire nel giro dei prossimi due decenni – a dimostrazione di quanto questo continente stia subendo gli effetti devastanti dei cambiamenti climatici. È quanto emerge dal report pubblicato dalla World Meteorological Organization: malgrado emetta meno del 4% delle emissioni di gas serra globali, l’Africa è pesantemente impattata dagli effetti della crisi climatica. Temperature sempre più alte, periodi di siccità sempre più lunghi e alluvioni sempre più devastanti stanno compromettendo la sopravvivenza di oltre 1,3 miliardi di persone nel continente.

Il rapido ritirarsi degli ultimi ghiacciai dell’Africa orientale, che sono destinati a sciogliersi del tutto nel prossimo futuro, è un segnale chiaro della minaccia di un cambiamento imminente e irreversibile del “sistema Terra” – ha affermato il segretario generale della WMO, Petteri Taalas. – Il clima in Africa nello scorso anno è stato caratterizzato da un aumento continuo delle temperature, un aumento del livello dei mari sempre più veloce, da fenomeni metereologici estremi come alluvioni, siccità e frane, con conseguenze sociali ed economiche devastanti.

Il report della WMO tratteggia un quadro terrificante sia degli impatti presenti che delle conseguenze future della crisi climatica se non si agisce subito: si prevede che nel 2030 118 milioni di africani che già vivono in condizioni di povertà (con meno di 1,90 dollari al giorno) saranno esposti a siccità alluvioni e temperature estreme se non verranno prese adeguate misure di contrasto. Le persone avranno sempre maggiore difficolta a trovare cibo e risorse per la sopravvivenza, e questo esacerberà i conflitti a livello locale e l’instabilità politica, con conseguenza non ancora prevedibili. L’isola africana del Madagascar sta già toccando con mano questi terribili effetti, sperimentando il primo disastro ambientale dovuto alla crisi climatica: migliaia di persone faticano a trovare cito e più di mezzo milione di persone è a un passo dalla denutrizione, secondo le Nazioni Unite.

(Leggi anche: Nessuno è più al sicuro dalla crisi climatica)

In tutto il mondo, i disastri connessi alla crisi climatica stanno costringendo le persone a lasciare le loro case e a migrare – molto più di quanto abbiano fatto finora guerre e conflitti armati: nei primi sei mesi del 2020, l’Internal Displacement Monitoring Center ha registrato 14,6 milioni di migranti che si sono spostati in 127 Paesi – di questi, 4,8 milioni si sono mossi in conseguenza di conflitti e violenze e i restanti 9,8 milioni a causa della crisi climatica. Solo in Africa si sono registrate il 12% delle migrazioni totali: se circa 500.000 persone si sono spostate per sfuggire alle guerre, oltre 1,2 milioni hanno lasciato le loro case per sfuggire alle conseguenze della crisi climatica.

Lo scioglimento dei ghiacciai africani sta seguendo un trend simile a quello seguito da altri ghiacciai nel mondo, come quelli del Perù e del Tibet, e fornisce un chiaro segnale del fatto che il riscaldamento globale degli ultimi 50 anni ha superato i limiti del normale cambiamento climatico: il trend di riscaldamento osservato nel trentennio 1991-2020 è stato di gran lunga maggiore rispetto a quello osservato nel trentennio 1961-1990 e ancor più di quello del trentennio precedente (1931-1960). Se si continua così, si assisterà alla totale scomparsa dei ghiacciai di tutto il mondo entro pochi decenni.

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Fonte: World Metereological Organisation

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