Scuole: a un mese dall’inizio sono ancora tantissime, troppe, quelle in cui non parte il tempo pieno e/o la mensa

Che disastro la scuola italiana, ne siamo pieni fino al collo. Se in alcuni istituti mancano ancora parecchi insegnanti, in molti altri non è ancora cominciata la refezione, servizio che generalmente dipende dal Comune. E dai suoi biblici ritardi

Ritardi, cavilli burocratici, assenze. C’è qualcosa che non va nelle nostre scuole e riguarda soprattutto la (non) nomina dei docenti: un gap allucinante che incide, e non potrebbe essere altrimenti, sulla didattica degli studenti e su una loro continuità tra i banchi.

Tutto ciò si traduce, infatti, in orari ridotti (se mancano docenti, gli alunni vanno via prima), ma anche nella impossibilità – per esempio – di usufruire di alcuni spazi degli istituti come le palestre, per mancanza (anche quello!) del personale ATA.

A tutto questo si aggiunge spesso anche un servizio mensa che fatica a decollare. In moltissime zone d’Italia, infatti, la refezione non parte mai in concomitanza con l’inizio dell’anno scolastico, gravando inevitabilmente sull’organizzazione delle famiglie.

Da Monza e Brianza a Messina, passando per Napoli e Roma, insomma, ovunque c’è difficoltà a trovare la quadra sin dall’inizio di un nuovo anno scolastico, con buona pace di migliaia di bambini e ragazzi che – invece – meriterebbero una scuola all’altezza delle loro aspettative.

Cattedre vacanti e didattica (e sostegno) addio

Secondo i sindacati, solo poche settimane fa mancavano circa 200mila docenti e 15mila amministrativi, mentre in via di nomina erano ancora 500 dirigenti previsti dall’organico.

La situazione più complessa riguarda il sostegno. Eppure i docenti di sostegno ci sono, ma l’aggrovigliato metodo di conferimento degli incarichi di supplenza annuale sta ancora lasciando a casa centinaia di docenti specializzati in favore di insegnanti privi di specializzazione o addirittura di non docenti assunti dalle messe a disposizione.

La soluzione ci sarebbe, e si chiama chiamata diretta, presente in molti Paesi europei. Significa dare alle scuole autonome la possibilità di scegliere i propri supplenti da un elenco di abilitati all’insegnamento. In questo modo le scuole potrebbero cercare e trovare gli insegnanti che mancano sin da settembre.

Questione di… algoritmo

La colpa sarebbe di uno spietato algoritmo, di un sistema informatico, cioè, che avrebbe dovuto agevolare il processo di selezione e invece ha finito per penalizzare i docenti.

Si tratta procedura informatizzata delle nomine da Gps (il software dipende dalle valutazioni compiute dagli uffici territoriali forniti dagli aspiranti docenti al momento della pubblicazione della domanda), ossia dalle graduatorie provinciali per le supplenze, ma sembra aver creato parecchi problemi a causa di punteggi errati, assegnazioni di cattedre inesistenti, incarichi in scuole e docenti scavalcati da altri con punteggio inferiore.

In pratica, quegli errori commessi dall’algoritmo nell’assegnazione delle supplenze ledono i diritti di graduatoria, facendo sì che in molti casi chi ha punteggi più elevati finisca per prendere supplenze e sedi più disagiate. Inoltre, la procedura vìola il diritto al completamento di cattedra che, a quanto pare, non è contemplato nell’algoritmo, dicono dalla Gilda insegnanti.

Ma perché? Come funziona l’algoritmo?

Uno dei principi su cui si basa questo sistema è che ogni docente partecipa a un turno di attribuzione delle supplenze ed esamina le preferenze scelte in base alle disponibilità presenti in quel turno, tenendo anche presenti le precedenze per i riservisti e i docenti che usufruiscono della legge 104/92.

Un sistema questo, a causa del quale, per chi non ha inserito le preferenze sintetiche Distretto, Comune e Provincia è stato molto più facile risultare rinunciatari per le sedi non espresse, perché magari presenti nel turno successivo.

E per il sostegno? Idem. È successo che i docenti di II fascia e senza titolo di specializzazione, inseriti con una invalidità (riserva), abbiano ottenuto un incarico che sarebbe dovuto invece andare ai docenti della I fascia specializzati sul sostegno. Il sistema, grazie al possesso della riserva li ha “trattati” con precedenza assoluta su tutti gli aspiranti inseriti nelle graduatorie indipendentemente dalla fascia di appartenenza.

Tutto ciò ha portato alla cosa più grave e cioè che centinaia di alunni con disabilità si sono visti assegnare un docente non specializzato quando, invece, nella prima fascia sono presenti docenti con il titolo di specializzazione che non hanno fino ad oggi ricevuto nessun incarico.

La refezione, questa sconosciuta

Altra nota dolente nei nostri cari istituti scolastici pubblici è la mensa. In moltissime città, soprattutto da Roma in giù, la refezione ancora non è partita, complice l’insolvenza delle amministrazioni comunali.

Ad un mese dall’inizio delle attività scolastiche, insomma, i genitori sono ancora in balia di orari ridotti. Il motivo? La mensa non è solo un pasto, ma il servizio fondamentale per dare attuazione al tempo pieno come tempo scuola da garantire, nonché pilastro di welfare sul territorio, soprattutto per i genitori lavoratori e lavoratrici.

In questo caso, ahinoi, il divario è molto forte tra molte città del sud e il resto d’Italia, dove generalmente il servizio mensa si attiva a stretto giro rispetto all’inizio delle attività didattiche.

A pagarne più di tutti? I nostri studenti, sballottolati come sono nella mancanza di buona gestione di noi adulti.

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