I fornitori della Apple inquinano la Cina

Apple torna nel mirino degli ambientalisti cinesi. A pochi mesi dalle polemiche suscitate dal rapporto di 36 ONG cinesi che denunciavano il colosso mondiale dell’informatica per le pessime condizioni dei lavoratori e per la scarsa considerazione per l’ambiente in particolare nella fabbrica Foxconn, la mela di Cupertino è di nuovo messa sotto accusa dall’ Ipe (Institute of Public and Environmental Affairs) e dalle associazioni asiatiche per avvalersi di fornitori che non avrebbero il minimo rispetto per l’ambiente, la nature e neppure della legge.

Apple torna nel mirino degli ambientalisti cinesi. A pochi mesi dalle che denunciavano il colosso mondiale dell’informatica per le pessime condizioni dei lavoratori e per la scarsa considerazione per l’ambiente in particolare nella fabbrica Foxconn, la mela di Cupertino è di nuovo messa sotto accusa dall’ Ipe (Institute of Public and Environmental Affairs) e dalle associazioni asiatiche per avvalersi di fornitori che non avrebbero il minimo rispetto per l’ambiente, la nature e neppure della legge.

Le aziende cinesi partners della Apple, infatti, utilizzerebbero sistemi di produzione fortemente inquinanti mettendo così a rischio la salute dei lavoratori, ma anche degli abitanti che vivono intorno alle fabbriche. Il tutto sarebbe documentato in Bad Apple, un nuovo rapporto dell’Ipe realizzato a seguito di un’indagine condotta per cinque mesi dalle ONG cinesi. Il dossier, oltre a denunciare gli scarichi illegali di sostanze inquinanti perpetrati dalle fabbriche da cui la Apple si rifornisce, mette in evidenza come l’azienda di Steve Jobs ignori tali illegalità pur essendone a conoscenza.

Sarebbero 27 i “fornitori” incriminati e in particolare sette fabbriche di proprietà di cinque società, tra cui la Kaedar Electronics e la Unimicron a Shanghai, la Foxconn a Taiyuan – già messa sotto accusa nel precedente rapporto – e la la Meiko Electronics di Wuhan, che fornirebbe alla Apple i circuiti stampati, ma che starebbe contaminando seriamente il lago Nantaizi con i suoi rifiuti tossici.

Nel dettagliato rapporto vengono, infatti, denunciati con numeri, nomi e tipologia di scorie tutti i crimini commessi dalle fabbriche che sarebbero dietro la produzione di iPad, iPhone e iPod, a partire dallo stoccaggio di rifiuti nocivi con metodi non opportuni fino alla totale evasione delle norme che regolano il riciclaggio o il trattamento delle scorie tossici. E Apple, che tanto starebbe facendo in questi anni per riabilitare la sua immagini agli occhi dei più attenti al Pianeta, starebbe a guardare rendendosi così corresponsabile di tali crimini ambientali.

Qual è stata la reazione di Apple a tali accuse?

«Ci aspettiamo che i nostri fornitori creino condizioni di lavoro sicure, che i dipendenti siano trattati con dignità e rispetto e che vengano seguiti processi di produzione ecocompatibili», ha replicato la portavoce dell’azienda Carolyn Wu che però, non ha voluto rendere nota la lista dei fornitori cinesi, ma si è resa disponibile a partecipare ad una «conference call privata» con la ONG che ha pubblicato il rapporto. Quest’ultima ha risposto chiedendo che anche le altre associazioni interessate possano prendere parte al confronto.

Che la Mela di Cupertino comincia a mostrare un lato marcio?

Simona Falasca

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