L’obsolescenza programmata dei dispositivi elettronici provoca 4 milioni di tonnellate di CO2 all’anno

L'obsolescenza programmata dei dispositivi elettronici, che non a caso durano poco, provoca 4 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

L’obsolescenza programmata dei dispositivi elettronici, che non a caso durano poco, provoca 4 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno.

Basterebbe prolungare la vita dei dispositivi elettronici di un solo anno per ottenere una riduzione delle emissioni pari a 4 milioni di tonnellate di C02 annuali, corrispondenti, tanto per farsi un’idea, a circa 2 milioni di auto in meno sulle strade.

Lo ha dichiarato un rapporto dell’European Environmental Bureau (EEB) che evidenzia le conseguenze della vendita di dispositivi elettronici di breve durata sul fronte ambientale. Dispositivi che sono appositamente concepiti dai grandi marchi per non durare a lungo, e il motivo è presto spiegato: se durano poco, si vende di più.

Le aziende creano infatti tablet, stampanti, elettrodomestici e in generale prodotti tecnologici pianificandone l’obsolescenza, ovvero la sua perdita di valore nel mercato e il suo funzionamento, periodo che si accorcia sempre di più per indurre i consumatori a fare nuovi acquisti.

In media laptop e smartphone durano fra i 3 e 4 anni, le lavatrici 11 anni, gli aspirapolveri 4 anni. E basterebbe prolungarne la vita di 1 solo anno per ottenere una riduzione di CO2 annuale pari a 4 milioni di tonnellate.

Ma il problema non è solo per le nostre tasche, anche l’ambiente ne risente perché stando ai dati riportati dall’EEB, ciò comporta un aumento del consumo di energia e di risorse necessari per soddisfare la domanda di prodotti tecnologici, ovvero per fabbricarli, e d’altra parte per eliminare i dispositivi obsoleti. Altro problema infatti è quello dei rifiuti dato che nella sola Europa, le cifre annuali variano tra le 10 e 12 tonnellate.

Come se non bastasse, a questo si aggiunge il design che incide a sua volta sull’obsolescenza del prodotto, perché un dispositivo fuori moda non piace a nessuno e di conseguenza viene scartato in favore di un altro più nuovo e di tendenza. Anche perché rispetto a un tempo conviene di più fare un nuovo acquisto che riparare un prodotto datato.

Insomma, un altro punto su cui intervenire al più presto, perché se i modelli di produzione e consumo non si adeguano a una nuova sensibilità ambientale, la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente.

Per fortuna qualcuno muove già i primi passi in questa direzione: per esempio l’organizzazione Friends of the Earth ha promosso una campagna per combattere la morte programmata dei prodotti elettronici, intitolata Alargasciencia, attraverso la quale si chiedono misure legislative che pongano fine a questa pratica inquinante.

In Italia Samsung e Apple sono state stata multate pesantemente da AGCM per aver costretto i consumatori ad aggiornare i loro cellulari causando gravi inconvenienti e malfunzionamento degli apparecchi. Il tutto per abbreviare la vita dei prodotti. E per fortuna, nell’era del consumismo, nascono anche startup come Back Market che danno una seconda vita ai prodotti elettronici.

In Francia una legge che prevede addirittura la reclusione è stata varata negli anni scorsi e anche in Italia era stata proposta nel 2013, ma come tante altre finita nel dimenticatoio

Nel nostro piccolo quello che possiamo fare è rinunciare agli ultimi modelli di tendenza optando piuttosto per le riparazioni o acquistare dispositivi usati e rigenerati.

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Laura De Rosa

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