E-pollution: il pericolo invisibile dell’elettrosmog

L'E-Pollution, ossia di inquinamento elettromagnetico o elettrosmog è un problema sulla quale cala troppo spesso il silenzio mediatico. Da quando tutti posseggono un telefono cellulare e da quando molti uffici, scuole e università si sono dotate di sistemi Wi-Fi, è come se vivessimo dentro un forno a microonde, con la differenza che al posto del pollo c'è la nostra testa.

I cellulari trasmettono e ricevono dati tramite onde radio ad alta frequenza fino ad un massimo di 2.200 MHz, molto vicino quindi ai 2.450 MHz del comune fornetto a microonde. Questo comportamento è comunque volontario, anche se spesso inconsapevole, dato che nessuno ne parla. Siamo noi cioè che volontariamente acquistiamo un telefonino e lo usiamo a e spesso senza gli auricolari, avvicinandolo pericolosamente all’orecchio. Ma oltre a questa fonte di emissione, ce n’è un’altra più subdola e non meno pericolosa, i ripetitori per la trasmissione del segnale.

I decreti attuativi del 2003, che hanno seguito la legge 36 del 2001, hanno stabilito una soglia di emissioni di 6 volt per metro in zone residenziali ed in tutte quelle aree in cui ci sia un’esposizione media di persone per più di 4 ore giornaliere, ma molti esperti giudicano tale limite insufficiente. Con questi limiti, infatti, ci si protegge solo dagli effetti acuti di tipo termico ma non dagli effetti cronici di campi meno intensi. Le regole del diritto non seguono infatti le leggi di natura. La legge deve stabilire un tetto per quanto è lecito inquinare, ma il corpo umano è danneggiato anche da dosi poco elevate, di qualsiasi inquinante e la cosa migliore è sempre averne il meno possibile. Anche nel caso dell’elettrosmog sarebbe bene quindi essere esposti alla minor quantità di onde ed invece queste prolificano nelle forme più diverse, dai mouse senza fili, al Wi Fi. Il risultato è un po’ caotico: nessuna misura, poche rilevazioni, molta incoscienza.

Quante emissioni sta assorbendo il nostro organismo in questo momento? E quante ne ha assorbite durante la giornata? Nessuno lo sa, nessuno lo può sapere, né si sa esattamente quali siano le conseguenze. Come possibili effetti si parla di mal di testa, vertigini, disturbi del sonno, irritazione della pelle e danni alla cornea.

La norma inoltre, oltre ad essere inadeguata, è anche poco e per nulla rispettata. Tra il 1999 e il 2006, le agenzie regionali per la protezione dell’ambiente e del territorio, hanno contato 458 infrazioni fra ripetitori radio e TV e mediamente il 54% dei trasgressori ignorano i “rimproveri” delle agenzie, le quali, inoltre, non eseguono controlli a tappeto, ma a campione, se li fanno.

La legge aveva stabilito che lo Stato istituisse un catasto nazionale delle sorgenti fisse e mobili dei campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici e la mappatura delle zone interessate. Dopo otto anni non se ne è fatto niente. Alcune agenzie regionali si sono prese l’onere di mappare il più possibile le sorgenti elettromagnetiche con monitoraggi cadenzati, ma altre non hanno fatto proprio niente. Tanto poco cambia.

In seguito all’emanazione dei limiti definiti nei decreti attuativi non tutti i gestori delle sorgenti hanno sanato la loro potenza di emissione restando sotto i limiti. Il risanamento è infatti spesso “in corso”, oppure “programmato” o, molto più spesso, è “bloccato”, lasciando che le antenne continuino a fare il loro lavoro.

L’inghippo, tipicamente italo-borbonico, degno del miglior azzeccagarbugli manzoniano, è che il gestore, dopo aver ricevuto l’autorizzazione dal Ministero delle Comunicazioni a trasmettere su una frequenza libera, si era impegnato a coprire una certa area. Se riducesse la potenza di emissione, non sarebbe più in grado di coprire l’intera area a lui assegnata dal Ministero, venendo meno agli accordi presi. E via di ricorsi al TAR.

I gestori che trasgrediscono sono sia emittenti locali, ma anche grandi player come RAI o Radio Maria. Cosa fare quindi? La cosa migliore sarebbe dimezzare il limite a 3 V/Mq o, meglio ancora a 0,5 V/Mq, con l’eliminazione di qualsiasi emittente dai luoghi frequentati dai bambini e ruotare le antenne verso aree non residenziali.

Poiché lo Stato fa orecchie da mercante, tali misure potrebbero essere adottate all’interno dei regolamenti edilizi comunali. A Strasburgo per esempio l’amministrazione comunale ha limitato le emissioni a 0,6 volt per metro. Inoltre ogni genitore dovrebbe porre attenzione se vicino alla sua abitazione siano presenti emittenti e ripetitori, chiedendo un controllo delle emissioni all’ARPA regionale, anche se le liste d’attesa sono lunghissime. Oltre a limitare l’uso per bimbi e adolescenti del telefonino stesso, più una moda che una vera necessità.

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