Battery500: da ibm la batteria al litio che va ad aria

I veicoli elettrici del futuro potranno essere alimentati dalle innovative batterie litio-aria, realizzate dall'IBM

Le auto elettriche del futuro saranno alimentate ad aria. Sembra l’ennesima bufala ma si tratta in realtà di un progetto in fase sperimentale, denominato Battery500, realizzato presso i laboratori dell’IBM. Quest’ultima è all’opera per superare uno dei principali ostacoli alla diffusione dei veicoli elettrici: la durata della batteria.

Le batterie attualmente in uso, quelle agli ioni di litio (LIB), infatti, hanno una durata ancora troppo limitata. Le auto elettriche oggi, in genere, possono viaggiare solo 100 miglia ossia 160 chilometri. Non è poco, ma se si considera che i punti di ricarica non sono ancora molto diffusi, l’uso dell’auto elettrica può esserne penalizzato.

Da qui la necessità di sviluppare un sistema di alimentazione differente. Ad aria, dicono gli scienziati dall’IBM, impegnati nel progetto Battery500, dove 500 sta per le miglia percorribili con una singola carica (circa 800 chilometri).

Avviato nel 2009, il progetto mira a sviluppare un nuovo tipo di batterie al litio basate su una nuova tecnologia ad aria (litio-aria), grazie alla quale sarà possibile, verosimilmente, migliorare la densità di energia di dieci volte, aumentando di conseguenza la quantità di energia che queste batterie saranno in grado di generare e conservare.

E finalmente, dopo oltre due anni di lavoro, arrivano i primi risultati. I ricercatori dell’IBM hanno dimostrato con successo la chimica alla base del processo di ricarica delle batterie litio-aria.

Il progetto Battery500 è stato sviluppato dall’Almaden Institute, un forum annuale che riunisce gli esperti di vari settori, provenienti dal mondo accademico, dalla pubblica amministrazione, dai laboratori di ricerca industriale e dai media. L’idea è quella di favorire la diffusione di veicoli elettrici, puliti e potenti, in grado di tenere testa e forse un giorno scalzare quelli alimentati dalle fonti fossili.

Francesca Mancuso

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