La batteria che sconfiggerà l’obsolescenza programmata: dura 400 anni (VIDEO)

La batteria che si ricarica centinaia di migliaia di volte è in arrivo: l’Università della California ha sviluppato un dispositivo in grado di durare fino a 400 anni, che promette di rivoluzionare l’elettronica ma soprattutto l’ambiente, portando sul mercato qualcosa che sconfiggerà l’obsolescenza programmata e che consentirà una drastica riduzione nello smaltimento di apparecchiature inquinanti.

La batteria che si ricarica centinaia di migliaia di volte è in arrivo: l’Università della California ha sviluppato un dispositivo in grado di durare fino a 400 anni, che promette di rivoluzionare l’elettronica ma soprattutto l’ambiente, portando sul mercato qualcosa che sconfiggerà l’obsolescenza programmata e che consentirà una drastica riduzione nello smaltimento di apparecchiature inquinanti.

La batteria è fatta di fili nanometrici, migliaia di volte più sottili di un capello umano, altamente conduttivi e con una grande superficie per la memorizzazione e il trasferimento di elettroni. Per evitare problemi dovuti alla loro estrema fragilità, i ricercatori UCI hanno rivestito un nanofilo d’oro di biossido di manganese e “incastrato” l’assemblaggio in un elettrolita costituito da un gel simile al plexiglas. La combinazione è affidabile e resistente alle rotture.

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Mya Le Thai, studentessa di dottorato che ha guidato la ricerca, ha fatto fare alla batteria più di duecentomila cicli senza rilevare la minima perdita di capacità.

“Mya stava lavorando, ha ricoperto il tutto con uno strato di gel molto sottile e ha iniziato i cicli di carica e scarica – ha raccontato Penner, presidente del dipartimento di chimica dell’Istituto. Ha scoperto che, utilizzando semplicemente questo gel, si potevano avere centinaia di migliaia di cicli senza perdere capacità”.

Dispositivi di questo tipo di solito muoiono dopo massimo 7000 cicli, hanno sottolineato i ricercatori, quindi il miglioramento è incredibile.

L’innovativa batteria potrebbe quindi realmente contribuire alla riduzione dell’inquinamento, visto che gli accumulatori, mediamente, sono un grosso problema ambientale. Si candida inoltre a sconfiggere l’obsolescenza programmata dei prodotti, a patto che riesca ad arrivare sul mercato.

I risultati sono stati pubblicati su American Chemical Society’s Energy Letters.

Roberta De Carolis

Foto: University of California – Steve Zylius / UCI

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