2050: un mondo assetato. Distopia o realtà?

Una distopia è il contrario di un’utopia: una società che proprio non si vorrebbe, la peggiore possibile, come quella raccontata da George Orwell in 1984 e in tanta letteratura e in tanto cinema fantascientifici o post-apocalittici, da Il pianeta delle scimmie a WALL-E, solo per fare qualche titolo.

La maggior parte delle distopie si concentra su politica e società, mettendo in scena restrizioni di libertà, governi dispotici e soprusi. In alcune si fa cenno anche a problemi ambientali ed ecologici, mostrando ad esempio un mondo in cui la vegetazione è ridotta al minimo, l’aria è diventata irrespirabile, le fonti di acqua sono inquinate e gli ecosistemi sono stati alterati da fenomeni e cataclismi che, troppo spesso, sono stati provocati dall’umanità (come esplosioni nucleari, uso di armi chimiche e batteriologiche…).

In genere, le distopie mi lasciano addosso un profondo senso di inquietudine: lo stesso che provo leggendo alcune notizie. Come quella apparsa sui giornali la scorsa settimana, secondo cui nel 2050 la popolazione mondiale sarà di 9 miliardi di persone e, se non ci daremo da fare per cambiare le nostre abitudini, in particolare quelle alimentari, le risorse del pianeta non saranno sufficienti per tutti, con il risultato che molti non avranno a disposizione cibo e acqua (un problema che si intravede già oggi in alcune aree del mondo, ma che in futuro potrebbe proporsi su una scala amplissima).

I dati a cui mi riferisco sono stati diffusi dal SIWI – Stockholm International Water Institute e sono contenuti nel testo Feeding a thirsty world – Challenges and opportunities for a water and food secure world, presentato in occasione dell’ultima Settimana Mondiale dell’Acqua, tenutasi dal 26 al 31 agosto scorsi. Il report spiega che, mantenendo gli attuali trend di consumo, nel 2050 non sarà possibile fornire acqua e cibo a tutta la popolazione mondiale, che passerà dagli attuali 7 miliardi a ben 9 miliardi.

Una possibile soluzione, da adottare sin da ora, sarebbe di orientarsi verso una dieta vegetariana (o almeno semi-vegetariana), riducendo drasticamente l’apporto di proteine animali. Un’alimentazione basata principalmente su cereali, legumi, frutta e verdura determina infatti un consumo di acqua fino a 10 volte inferiore rispetto ad una dieta onnivora, anche perché la produzione di mangimi destinati agli allevamenti sottrae risorse idriche e terreni fertili all’agricoltura destinata a nutrire gli esseri umani.

Se a queste considerazioni aggiungiamo lo sfruttamento sistematico e sconsiderato delle risorse del Pianeta – basti pensare alla piaga della deforestazione – e i possibili effetti dei cambiamenti climatici – con l’avanzamento dei deserti e la riduzione delle aree fertili -, il nostro futuro non può che apparirci pieno di sfide e di incognite: non ci vogliono uno scrittore geniale o un bravo regista per capire che, se non ci diamo da fare, potrebbe essere peggiore di molte distopie.

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