Qual è la vera causa dei disturbi comportamentali dei nostri animali domestici?

I disturbi comportamentali degli animali domestici sono la manifestazione di un loro forte disagio; ma qual è la vera causa?

In diverse occasioni abbiamo affrontato argomenti come ansia, paura, aggressività, ecc., tutti riconducibili ad un’unica definizione: problemi comportamentali. Tali disturbi possono colpire cani, gatti, ma anche tutti gli altri animali domestici che sempre più spesso abitano nelle nostre case.

Affrontarli uno ad uno risulterebbe un’ impresa ardua in quanto sono numerosi, ma soprattutto perchè ogni singolo problema comportamentale può presentare diverse sfaccettature, tante quanti sono i soggetti che ne sono colpiti: ogni caso è a sé, i sintomi/segni possono essere anche molto diversi, le manifestazioni comportamentali, l’intensità, ma soprattutto le cause che li hanno scatenati e magari esacerbati. Possono essere sì trattati singolarmente (anche in questo blog molti articoli sono stati dedicati ai problemi comportamentali di cani e gatti), ma sempre in maniera generale, mettendo in luce quelle caratteristiche che solitamente sono comuni in tutti i casi e che aiutano a fare diagnosi; ma molto importanti e non da sottovalutare sono anche tutti quegli aspetti specifici che magari risultano fondamentali per impostare una terapia/risolvere il problema (ad esempio individuare la causa scatenante in modo da eliminarla o affrontarla affinchè non rappresenti più un problema). Questa volta vorrei guardare con voi l’argomento più in profondità, andare un po’ oltre, forse alla vera radice del problema; vuole essere solo un punto di riflessione, fondamentale però.

Cani e gatti, ma anche tanti altri animali, diventano sempre più numerosi nelle nostre case, e di conseguenza anche il rapporto con loro è ovviamente cambiato: se mentre fino a qualche decennio fa l’animale veniva considerato solo per la sua utilità (pensiamo alla vacca, al maiale, la capretta, la gallina, il coniglio, ecc ecc, visti esclusivamente come fonti di reddito, ma anche allo stesso cane che aveva sì un rapporto più stretto con il proprietario, ma aveva comunque una propria funzione all’interno della famiglia: era utile per andare a caccia, o per fare la guardia, o per tenere a bada il gregge; e i gatti erano sostanzialmente quelli liberi di girare intorno alla casa ed ai quali al massimo allungare un po’ di avanzi della cucina) ora viene visto come membro integrante del nucleo familiare, una vera e propria compagnia (non a caso viene definito “animale da compagnia”). E questo quanto secondo voi può aver influenzato il loro modo di essere, il loro comportamento? Tanto. È vero che ormai anche la selezione (naturale o meno) ha inciso molto, i nostri animali nel corso degli anni si sono adattati a vivere a più stretto contatto con l’uomo, e da un certo punto di vista anche la loro vita risulta essere più facile (vogliamo mettere a confronto il doversi procacciare il cibo quotidianamente con il trovarselo servito in una ciotola? O il dover trovare riparo soprattutto durante l’inverno con l’abitare invece in una casa calda e al riparo dalle intemperie? E poi ci sono naturalmente tutte quelle piccole attenzioni da parte del proprietario che non vengono sicuramente disdegnate dai pets). Molto spesso però noi proprietari confondiamo il nostro voler bene ai nostri animali con l’eccessiva e malsana attenzione che dedichiamo loro, senza il rispetto delle loro vere esigenze, ma soprattutto del loro vero essere: tendiamo a “umanizzarli”, a comunicare e a comportarci con loro come faremmo con nostro figlio (ormai infatti si usano espressioni come “Vieni dalla mamma!” o “Lui è il mio bimbo” o “E’ come un figlio”) o con qualsiasi altra persona, e pretendiamo che anche loro si comportino come tali. Ma dimentichiamo che loro sono animali, ignoriamo la loro vera natura. Siamo sicuri che quello che è giusto per noi è giusto anche per loro? Che quello che farebbe piacere a noi deve necessariamente fare piacere anche a loro?

Cappottini, gingilli di ogni forma e colore e con ogni funzione, giochi per farli divertire/per tenerli occupati e non farli annoiare/per stimolare la loro intelligenza e capacità cognitive, mangimi per ogni esigenza (non solo quelli così detti “medicati” anche necessari in caso di patologie specifiche, ma anche per rispondere ai palati più esigenti), cucce grandi/piccole/chiuse/aperte/più o meno imbottite ecc ecc ecc; senza contare poi i materiali che vengono utilizzati e le cifre che si è disposti a spendere, sfarzo che si traduce alla fine solo in un inutile dispendio economico. Perchè i nostri animali cosa ci guadagnano in tutto questo? Sono più felici? Si sentono più amati? Si sentono più membri delle nostre famiglie? Sicuramente tendono a diventare sempre più esigenti e “viziati”, aspetti caratteriali che non rientrerebbero nella loro natura, e di cui alla fine anche i proprietari tenderebbero a lamentarsi.

Più incisiva invece l’influenza diretta che noi umani riusciamo ad esercitare sul loro modo di essere; a tale proposito è sufficiente classificare in due semplici gruppi i disturbi comportamentali che possono interessare i nostri animali:

comportamenti anomali: non rientrano nell’etogramma della specie, ma sono sempre sintomo di malessere per l’animale (tra questi possiamo citare l’ansia da separazione: Ansia da separazione del cane e rimedi naturali)

comportamenti inappropriati: sono normali per la specie, ma diventano problematici in un ambiente “umanizzato”. I proprietari infatti molto spesso (purtroppo nella maggior parte dei casi) non conoscono l’etologia dei loro animali, quella tipica della specie, e quindi considerano anormale o inadeguato ciò che effettivamente non lo è, reprimendolo; questo può essere causa di notevole stress per l’animale, ed il tutto potrebbe riflettersi negativamente sul rapporto proprietario-animale.

Inoltre spesso l’animale reprime-nasconde il proprio malessere, o lo manifesta con segni/sintomi che non vengono sempre percepiti nel giusto modo e nella giusta misura dai proprietari: spesso interpretano un determinato comportamento come un dispetto, eventualmente da punire, senza pensare che alla base di tutto ci può invece essere qualcosa di più profondo. E allora vedi il gatto del tuo amico con diverse zone alopeciche a livello delle zampe e con atteggiamenti un po’ “strani”, stereotipati, ed hai conferma da parte del proprietario che è un animale abbastanza timido, che si nasconde ed è poco socievole con gli altri gatti, che spesso gira in tondo o comunque effettua movimenti ripetitivi e di frequente si lecca le zampe, ma quando ipotizzi (con la quasi certezza) che possa trattarsi di stress, la risposta è “No! È una gatta tranquilla, sta bene!”. O tua zia che ti racconta della propria cagnolina che abbaia tutto il tempo se viene lasciata sola in casa: se da una parte ti chiede consigli, tu sai già fin dall’inizio che le tue parole non verranno comunque mai ascoltate, come se quelli del cane fossero semplicemente capricci o semplicemente una conferma dell’importanza che la cagnetta dà alla propria padrona; lo stress, il malessere che invece quel cane può effettivamente vivere non vengono minimamente presi in considerazione.

Bisogna tenere inoltre in considerazione che spesso sono gli stessi atteggiamenti del proprietario che vanno ad incentivare il problema: le feste che vengono fatte al cane che soffre di ansia da separazione una volta tornati a casa, o le punizioni nel caso abbia combinato danni ne rappresentano un esempio.

Questi sono solo dei semplici casi in cui molto (troppo) spesso i problemi comportamentali dei nostri amici a quattro zampe vengono sottovalutati, fino ad essere presi in considerazione solamente quando la situazione diventa insopportabile/ingestibile da parte del proprietario, con le dovute conseguenze negative anche sul suo rapporto con l’animale; solo arrivate a questo punto tante persone prendono in considerazione la possibilità di rivolgersi ad un medico veterinario comportamentalista e magari, nel caso di un cane, ad un addestratore cinofilo; ma la motivazione principale non è tanto quella di risolvere il disagio dell’animale (che gli stessi proprietari il più delle volte non sono in grado di percepire), ma di eliminare il fastidio che tale comportamento provoca. Tanti ancora sorridono e considerano assurda la presenza di una figura come lo “psicologo” degli animali. Bisognerebbe però solo riflettere su un punto: gli animali liberi in natura, liberi di soddisfare tutti i propri bisogni e seguire il proprio istinto, di manifestare pienamente il proprio essere, sicuramente non soffrono di tutti quei disturbi comportamentali che invece colpiscono i nostri animali domestici; naturalmente anche loro vivono stati d’animo come paura/stress in quanto in una certa misura sono fisiologici: e persino positivi: è grazie a tali emozioni infatti che la preda scappa quando avverte la presenza di un predatore, e se così non fosse non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivere; il tutto rientra però in una sorta di equilibrio quando la situazione di pericolo cessa. I nostri animali domestici sono sottoposti invece continuamente a stimoli che loro stessi spesso hanno difficoltà a gestire; inoltre questa eccessiva “umanizzazione” ed un approccio sbagliato da parte del padrone li disorienta. È questo il primo punto che un “buon” proprietario dovrebbe capire. Mi preme quindi consigliare di affidarsi ad un buon veterinario comportamentalista nel caso il proprio amico a quattro zampe manifesti un’alterazione di carattere o stato d’animo, il quale sarà in grado, dopo una dettagliata anamnesi, una visita in ambulatorio ma soprattutto nell’ambiente quotidiano in cui l’animale vive (o mediante la visione di un video registrato dai proprietari), di definire una terapia comportamentale (ed eventualmente farmacologica nei casi più difficili, ma solo con l’obiettivo di rendere l’animale più predisposto e recettivo); darà inoltre delle linee guida che i proprietari dovranno seguire, inderogabilmente tutti i membri della famiglia se si desidera raggiungere l’obiettivo (e quest’ultimo non è altro che il benessere del proprio animale). Si possono utilizzare anche rimedi naturali come i fiori di Bach o erogatori di feromoni, ma sempre in associazione con una terapia comportamentale; anche l’agopuntura potrebbe essere un ottimo aiuto (verificato personalmente durante la preparazione della tesi sull’utilizzo dell’agopuntura nei problemi comportamentali del cane; se volete saperne di più sull’agopuntura in ambito veterinario, leggete Agopuntura: efficace anche sugli animali). Fondamentale è la prevenzione: quando si decide di adottare un animale, qualsiasi esso sia, è importante informarsi sempre prima riguardo le sue esigenze sia fisiche che psichiche, e nel caso di un cane, ottima cosa sarebbe seguire un corso di addestramento cinofilo quando è ancora cucciolo, in modo da avere fin da subito la giusta impostazione sul come educarlo. Ma alla base di tutto questo sta il rispetto di un essere vivente che pur vivendo con noi ha comunque una natura completamente diversa dalla nostra.

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