L’apicoltura: come questa antica arte può aiutare a salvare le api (e noi stessi).

Per salvare le api, dovremmo tutti trasformarci in piccoli apicoltori? Unicamente se le esigenze delle api saranno messe davanti a quelle dell'apicoltore e del mercato

Il rapporto tra api ed esseri umani è antichissimo: ricerche scientifiche pubblicate sulla rivista Nature dimostrano che gli esseri umani si nutrono di miele e quindi hanno una “dipendenza” dalle api da circa 9.000 anni.

I ricercatori hanno condotto analisi chimiche su oltre 6.000 frammenti di ceramica, rivelando la presenza di cera d’api in vasi risalenti al Neolitico in Europa, nel Vicino Oriente e in Nord Africa. Oltre al miele, la cera d’api è sempre servita per molteplici scopi, dalla cosmesi ai rituali religiosi, all’impermeabilizzazione del legno, ad esempio.

Quando sono state “addomesticate” le api da noi esseri umani? Come si osserva dalle abitudini di popolazioni che ancora vivono alla maniera tradizionale,il procacciarsi il miele implica il raggiungimento del favo delle api selvatiche in luoghi impervi e la sua parziale distruzione.

Questa pratica, nel tempo, è diventata probabilmente stagionale, e si ritornava agli stessi favi anno dopo anno, dato che le api ricostruiscono il maltolto. L’apicoltura è probabilmente nata dal bisogno di portare le api e il miele più vicine ai luoghi di vita, magari asportando interi segmenti degli alberi in cui le api hanno vissuto, ed utilizzandole come alveari. Questa pratica continua in alcuni luoghi del mondo, estrarre i favi da queste strutture è difficile e distruttivo.

immagineNell’antica Grecia, pentole, strutture di paglia intrecciata e altri materiali a basso costo, sono stati i primi tentativi di alveari domestici.

L’apicoltura moderna ha dovuto attendere il 1800 quando Lorenzo Langstroth inventò una struttura che permettesse una facile manipolazione e rimozione del miele dall’alveare.

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Queste strutture hanno anche permesso agli apicoltori per trasportare le api da un posto all’altro: delocalizzare le api permette di massimizzare la produzione di miele e garantire che le api abbiano una corretta alimentazione. Infatti che si nutrano di poca varietà di polline è pericoloso per la loro salute, e il poter spostare gli alveari è anche importantissimo per l’agricoltura: gli apicoltori forniscono servizi di impollinazione ai produttori agricoli.

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In luoghi con colture intensive ed estensive, questa pratica non è salubre per le api: l’esempio più eclatante di questo problema è negli Stati Uniti, dove gli apicoltori provenienti da tutto il paese portano le loro api in California, per impollinare le vaste coltivazioni di mandorle. Il fatto di riunire le api di quasi un intero paese nello stesso luogo, consente lo scambio di parassiti e malattie tra popolazioni di api che non si sarebbero facilmente incontrate. Questo accade, in piccolo, anche qui da noi, sia in campo aperto, che nelle serre. La forma di impollinazione commerciale è uno dei molti potenziali fattori di stress che stanno contribuendo al declino globale delle api.

Quindi ogni volta che mangiate un frutto, non solo dovete ringraziare le api, ma contribuite a sfruttarle. Cosa che sembra eclatante unicamente quando si parla del loro “sfruttamento” per ottenere il miele.

Altri fattori di stress includono i pesticidi, i cambiamenti climatici, e la diffusione della Varroa, un parassita vettore di malattie, che colpisce anche le api selvatiche, indebolendo le popolazioni.

Molti vedono l’apicoltura su piccola scala, che viene considerata un “hobby” dagli addetti ai lavori, come antidoto alla moltitudine di problemi che devono affrontare le popolazioni di api oggi (qui le differenze tra apicoltura industriale e hobbistica).

Per salvare le api, dovremmo tutti trasformarci in piccoli apicoltori?

Forse si, ma unicamente se le esigenze delle api saranno messe davanti a quelle dell’apicoltore e del mercato: non si potranno ottenere produzioni di miele da record, né mieli monoflora puri e sarà faticoso ottenere la pappa reale.

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Quello che ha fatto e fa male alle api, è la trasformazione dell’apicoltura in una “coltura intensiva” negli ultimi 150 anni.

Il fatto di far tornare l’apicoltura ad essere una pratica quasi sacra, come era per gli antichi e il propagarsi di pratiche di apicoltura che mettano al primo posto il benessere delle api e non la loro produttività, può essere la soluzione.

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Un consiglio? Rifornitevi dai piccoli produttori e andate a trovarli, cercando di avere sempre una grande attenzione al tutto il cibo che consumate e alla sua produzione.

Il prossimo 5 aprile, a San Marino, terrò una conferenza gratuita sul miele: oltre ad essere una mia grande passione, ho avuto la fortuna di lavorare per Maria Lucia Piana, una delle maggiori esperte a livello internazionale di miele e da lei ho imparato molto.

Invito tutti a partecipare e a parlare insieme del futuro di questo incredibile dono della natura e a trovare altre informazioni sul miele qui.

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