Vulvodinia: i sintomi, come si diagnostica e le cure più efficaci per questo disturbo cronico

Tutto quello che c'è da sapere sulla vulvodinia, il disturbo ginecologico cronico che colpisce il 15% delle donne italiane in età fertile ma che è ancora oggetto di pregiudizi e diagnosticato con grande ritardo

Provoca dolori, disagi e può essere invalidante, ma fino a qualche tempo fa la vulvodinia era un disturbo piuttosto sconosciuto nel nostro Paese. Solo di recente, grazie alla battaglia condotta da Giorgia Soleri per far riconoscere in Italia l’esistenza di questa malattia e la conseguente invalidità che provoca, sono stati finalmente accesi i riflettori su questa terribile condizione che interessa circa il 15% delle donne e ragazze italiane in età fertile.

A causa di ritardi nelle diagnosi e pregiudizi, sono tantissime le donne che in Italia sono condannate ad una sofferenza silenziosa. Ma quali sono i sintomi della malattia e come si diagnostica? E soprattutto: esistono delle cure? Vediamo tutto quello che c’è da sapere su questo fastidiosissimo disturbo ginecologico.

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Cos’è la vulvodinia e chi colpisce

La vulvodinia è un disturbo ginecologico che causa bruciore o dolore persistente all’ingresso della vagina e nella zona che la circonda, la vulva, senza che via presente un segno o una lesione visibile che lo giustifichi.

Questa condizione può colpire donne di tutte le età, dall’adolescenza alla menopausa, e riguarda circa il 12-15% delle donne in età fertile.

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I sintomi della vulvodinia

Chi soffre di vulvodinia deve fare i conti con i seguenti sintomi:

  • dolore persistente, di solito limitato alla zona vulvare (in alcuni casi il dolore può estendersi anche ai glutei, all’ano e all’interno delle cosce)
  • sensazione di bruciore
  • dolori durante rapporti sessuali o l’inserimento di un tampone
  • prurito
  • punture di spillo
  • sensazione di gonfiore alle piccole e grandi labbra
  • secchezza
  • sensazione di abrasione a livello vulvare
  • sensazione di scariche elettriche
  • taglietti all’ingresso vaginale
  • fitte trafittive
  • sensazione di corpo estraneo

Le cause della vulvodinia

Ma cosa provoca la vulvodinia? In realtà finora l’origine della vulvodinia non è stata ancora chiarita. A scatenare questo disturbo potrebbero essere diversi fattori. L’inizio dei sintomi spesso segue un’infezione, come può essere quella da candida albicans, o traumi fisici, come un’episiotomia o una lacerazione spontanea durante un parto, o una biopsia vulvo-vaginale.

Fra le possibili cause di una vulvodinia troviamo:

  • cadute sul coccige (anche molti anni prima)
  • interventi chirurgici pelvici
  • parti complicati (con lacerazioni spontanee o episiotomie)
  • cistiti e vaginiti ricorrenti
  • abuso di alcuni antibiotici ed antimicotici locali
  • stipsi ostinata
  • attività fisica molto intensa

La diagnosi del disturbo

Purtroppo, la vulvodinia viene diagnosticata spesso con grande ritardo e quindi non essere curata per anni, perché sottostimata e addirittura considerata da molti (compresi medici) una malattia “psicosomatica”. La presenza di questo disturbo può essere confermata soltanto dopo aver escluso altre cause del dolore, fra cui un’infezione vulvo-vaginale che e l’herpes genitalis. 

Esclusi questi altri disturbi, si passa al cosiddetto swab test, grazie al quale il medico esercita una pressione/sfregamento sui vari quadranti della vulva usando un cotton-fioc, ricercando i punti dolorabili e provocando uno stimolo che normalmente sarebbe innocuo.

Come si cura la vulvodinia

La vulvodinia è un disturbo molto fastidioso, che può compromettere la vita di una donna e avere anche ripercussioni sul piano socio-psicologico. Se si soffre di questo problema, è fondamentale innanzitutto cercare di evitare i comportamenti in grado di scatenare il dolore, ad esempio usando intimo in cotone e indumenti ampi e optando per detergenti delicati ed emollienti, invece di quelli aggressivi e profumati.

Se si sospetta di soffrire di vulvodinia, bisogna rivolgersi al proprio medico o comunque a uno ginecologo che indicherà il trattamento migliore in base al singolo caso. Generalmente vengono prescritti farmaci antidolorifici, anticonvulsivanti, o creme ad azione anestetica locale. Nel caso in cui vi sia, invece, un’alterazione spastica della muscolatura perineale-vulvare viene consigliata qualche seduta di fisioterapia per migliorare il pavimento pelvico, anche in associazione a miorilassanti.

In certe situazioni i fisioterapisti propongono anche l’utilizzo della TENS (stimolazione nervosa elettrica transcutanea), che prevede l’erogazione di impulsi elettrici a bassa frequenza con l’obiettivo di inibire le terminazioni nervose coinvolte nella percezione del dolore. Nella maggior parte dei casi le terapie fisiche, eseguite regolarmente, possono dare un gran sollievo alle donne affette da questo disturbo.

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Fonte: ISS

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