L’Ue vuole mettere al bando le sigarette a base di tabacco riscaldato per combattere il cancro ai polmoni

Stretta di Bruxelles a seguito dell'aumento di consumatori di sigarette a tabacco riscaldato aromatizzato: la Commissione Ue spinge per vietarne la vendita per tutelare la salute dei suoi cittadini

È boom di consumo di sigarette a tabacco riscaldato in Europa: sono sempre di più ad utilizzarle, compresi i giovanissimi. Ma adesso l’Unione europea sta valutando di vietare la vendita di questi prodotti per tutelare la salute dei cittadini. La proposta è stata avanzata oggi dalla Commissione Ue e, com’è facile immaginare, sta dividendo l’opinione pubblica.

Secondo un recente report pubblicato dall’Unione europea, le sigarette a tabacco riscaldato hanno superato il 2,5% le vendite totali di quelle tradizionali. Anche nel nostro Paese di recente c’è stato un aumento significativo: la percentuale di persone che optano per prodotti a base di tabacco riscaldato persone che fumano sigarette a tabacco riscaldato è passata dall’1,1% del 2019 al 3,3% del 2022 e un consumatore su tre le considera meno dannose delle classiche.

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Eliminando dal mercato il tabacco riscaldato aromatizzato, stiamo compiendo un altro passo avanti verso la realizzazione della nostra visione nell’ambito del piano europeo contro il cancro per creare una ‘generazione senza tabacco’ con meno del 5% di la popolazione che fa uso di sigarette entro il 2040 – ha dichiarato la Commissaria europeo per la salute e la sicurezza alimentare Stella Kyriakides. – Con nove tumori polmonari su 10 causati dal tabacco, vogliamo rendere il fumo meno attraente possibile per proteggere la salute dei nostri cittadini e salvare vite umane.

Soltanto nel nostro Paese il tumore al polmone rappresenta la terza neoplasia (10,9%) più diffusa in assoluto, dopo il cancro alla mammella e al colon-retto e, com’è noto, il tabagismo incide parecchio su questa malattia. Anzi, è il primo fattore di rischio.

Tuttavia il divieto della vendita di questi prodotti resta ancora una proposta, che dovrà essere sottoposta al Consiglio e al Parlamento Ue. Nel caso in cui venisse approvato, i vari governi avranno a disposizione 8 mesi di tempo per adeguare la loro legislazione e recepire la direttiva.

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Fonte: Commissione UE/AP/Reuters

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