Schrödinger si sbagliava: una nuova ricerca ribalta le certezze di un secolo sulla nostra percezione dei colori

Crolla un’altra certezza: il meccanismo di percezione del colore da parte dell’occhio umano non è quello che abbiamo sempre pensato. Un nuovo studio corregge un errore matematico commesso dal Premio Nobel Erwin Schrödinger e potrebbe avere implicazioni negli studi tecnologici su dispositivi come le TV ma anche per l’industria delle vernici

Non percepiamo i colori come le grafiche di televisori e pc ci mostrano: il Premio Nobel Erwin Schrödinger aveva commesso un errore matematico che ha portato per oltre 100 anni a un’errata certezza sul meccanismo di percezione dei colori da parte dell’occhio umano.

Oggi un gruppo di ricerca guidato dal Los Alamos National Laboratory (Usa) l’ha corretto: questa scoperta potrebbe avere implicazioni negli studi tecnologici su dispositivi come le TV ma anche per l’industria delle vernici, e molto altro.

La modellazione della percezione del colore umano consente infatti di automatizzare l’elaborazione delle immagini nella grafica informatica ma anche in ogni attività di visualizzazione (come per i televisori). Ora tutto potrebbe cambiare.

La forma presunta dello spazio colore richiede un cambio di paradigma – spiega Roxana Bujack, prima autrice del lavoro – La nostra ricerca mostra che l’attuale modello matematico di come l’occhio percepisce le differenze di colore non è corretto. Quel modello è stato suggerito da Bernhard Riemann e sviluppato da Hermann von Helmholtz ed Erwin Schrödinger – tutti giganti della matematica e della fisica – e dimostrare che uno di loro ha torto è praticamente il sogno di uno scienziato

Tra l’altro all’inizio la ricerca non era partita con l’idea di confutare quella che sembrava ormai una certezza acquisita da più di un secolo.

La nostra idea originale era quella di sviluppare algoritmi per migliorare automaticamente le mappe dei colori per la visualizzazione dei dati, per renderle più facili da capire e interpretare

spiega su questo la ricercatrice

Il risultato è arrivato dopo e ha dimostrato che quello che tutta la scienza dava ormai per assodato conteneva un errore. Per ogni attività di visualizzazione automatizzata sono necessari dei modelli (in realtà anche in molti altri settori della scienza e della tecnologia), in questo caso uno che rappresentasse lo spazio colore percepito.

I primi tentativi hanno utilizzato gli spazi euclidei, quella geometria familiare insegnata fin dai primi anni di scuola, ma poi i modelli più avanzati utilizzavano la cosiddetta geometria riemanniana, elaborata dal matematico tedesco Bernhard Riemann vissuto nel XIX secolo e che traccia il rosso, il verde e il blu nello spazio 3D.

Questi sono i colori vengono registrati più fortemente dai coni di rilevamento della luce sulle nostre retine e, non a caso, si fondono per creare tutte le immagini sullo schermo dei moderni computer.

Ma in questo studio, che unisce psicologia, biologia e matematica, gli scienziati hanno scoperto che l’uso della geometria riemanniana sovrastima la percezione di grandi differenze di colore.

In realtà, infatti, percepiamo una grande differenza di colore come inferiore alla somma che si otterrebbe sommando piccole differenze che si trovano tra due tonalità del tutto separate. In altre parole il modello usato supponeva che l’occhio umano percepisse grandi differenze di colori più grandi di come lo siano nella realtà. E no, la geometria riemanniana, per sua natura, non può spiegarlo.

Non ce lo aspettavamo e non conosciamo ancora la geometria esatta di questo nuovo spazio colore”

precisa Bujack

I ricercatori, chiaramente, intendono ora trovarla.

Il lavoro è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

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Fonti: Los Alamos National Laboratory / Proceedings of the National Academy of Sciences / Los Alamos National Laboratory/Youtube

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