Che cos’è la felicità? Così la spiegava Zygmunt Bauman

Quante volte ci siamo chiesti che cos’è la felicità? E quante altre, ci siamo persi tra pensieri e frasi a interpretazioni libere? Il sociologo polacco Zygmunt Bauman, scomparso ieri, era tra coloro che ci si interrogava sul come essere felici in una società liquida. La smania del desiderio, il consumismo di massa, secondo Bauman, aveva contribuito a dimenticare questa parola così vitale: felicità. “La felicità è uno stato mentale, corporeo, che sentiamo in modo acuto, ma che è ineffabile. Una sensazione che non è possibile condividere con altri. Ciononostante, la caratteristica principale della felicità è quella di essere un'apertura di possibilità, in quanto dipende dal punto di vista con il quale la esperiamo”, spiegava il sociologo di origini ebraiche. Mentre nell’antichità essere felici era un lusso concesso a pochi, in tempi recenti la felicità veniva considerata come un diritto universale, e oggi? "E’ un dovere, sentirsi infelici provoca senso di colpa. Dunque, chi è infelice è costretto, suo malgrado, a trovare una giustificazione alla propria condizione esistenziale", diceva.

Quante volte ci siamo chiesti che cos’è la felicità?

E quante altre, ci siamo persi tra pensieri e frasi a interpretazioni libere? Il sociologo polacco Zygmunt Bauman, scomparso ieri, era tra coloro che ci si interrogava sul come essere felici in una società liquida.

La smania del desiderio, il consumismo di massa, secondo Bauman, avevano contribuito a dimenticare questa parola così vitale: felicità.

“La felicità è uno stato mentale, corporeo, che sentiamo in modo acuto, ma che è ineffabile. Una sensazione che non è possibile condividere con altri. Ciononostante, la caratteristica principale della felicità è quella di essere un’apertura di possibilità, in quanto dipende dal punto di vista con il quale la esperiamo”, spiegava il sociologo di origini ebraiche.

Mentre nell’antichità essere felici era un lusso concesso a pochi, in tempi recenti la felicità veniva considerata come un diritto universale, e oggi?

“È un dovere, sentirsi infelici provoca senso di colpa. Dunque, chi è infelice è costretto, suo malgrado, a trovare una giustificazione alla propria condizione esistenziale”, diceva.

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Parallelamente a questo, Bauman sosteneva che la felicità dovesse essere un obiettivo a cui tendere, cioè il fine quotidiano della nostra esistenza, perché la cosa più sbagliata da fare è ‘desiderare il desiderio più che la realizzazione di esso’.

“Quest’atteggiamento dà luogo ad una catena tendenzialmente infinita di frustrazioni e insoddisfazioni”.

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Ed ecco che a commento de ‘La teoria svedese dell’amore’, un film di nicchia di Erik Gandini, Bauman diceva:

“Felicità non significa una vita priva di problemi. Una vita felice si ottiene superando le difficoltà, fronteggiando i problemi, risolvendoli, accettando la sfida. Accetti una sfida, fai del tuo meglio e ti impegni a superarla. E poi sperimenti la felicità nel momento in cui capisci di aver tenuto testa alle difficoltà e al destino. E invece ci si sente persi se aumentano le comodità. La felicità – conclude Bauman – è la sfida dell’umanità presente, per la sua dignità futura“.

Dominella Trunfio

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