Carne di maiale: una nuova etichetta sul tipo di allevamento, con cinque livelli potenziali di “benessere”

E' di CIWF e Legambiente, insieme alla deputata Rossella Muroni, la proposta di legge per etichettare i prodotti sunicoli in base al tipo di allevamento

CIWF Italia e Legambiente hanno lanciato la proposta di una nuova etichettatura che interessa il settore suinicolo. Si tratta di un sistema volontario che prevede di variare l’etichettatura a seconda del metodo di allevamento utilizzato per i suini.

Un sistema che potrebbe essere utile ad aumentare il benessere animale, favorire i produttori virtuosi e offrire maggiore trasparenza ai consumatori.

Le due associazioni, insieme alla deputata di Leu Rossella Muroni, hanno illustrato in una conferenza stampa su Facebook i contenuti della loro proposta di legge (la numero 2403), per un sistema nazionale, univoco e volontario di etichettatura in zootecnia.

Questa si propone di essere un’indicazione utile per il consumatore che, ultimamente, è sempre più attento e cerca risposte nelle etichette anche riguardo al benessere degli animali negli allevamenti, visti anche gli scandali degli scorsi anni che hanno riguardato proprio gli allevamenti di suini utilizzati per produrre il prosciutto di parma.

E il più recente che ha riguardato invece i maiali di alcuni allevatori Amadori.

Grazie a questa nuova etichettatura, si potrebbe capire più facilmente come vengono trattati i suini all’interno dei vari allevamenti e fare così acquisti più consapevoli.

Un’azione di trasparenza dunque che ha però anche un’altra finalità: quella di individuare gli allevatori più virtuosi e indirizzare i fondi statali verso le realtà più sostenibili.

Come ha dichiarato Annamaria Pisapia, direttrice di CIWF Italia Onlus:

“Questa etichettatura potrà fornire ai cittadini le informazioni necessarie per capire le vere condizioni di vita degli animali da cui derivano i prodotti che consumano. Darà poi agli allevatori virtuosi la visibilità che meritano e a quelli che vorrebbero migliorare un incentivo per farlo. E, così facendo, incentivando il mondo produttivo a cambiare, potrà dare a molti animali una vita migliore”.

Secondo quanto dichiarato dalle associazioni, riportando gli ultimi dati dell’Anagrafe Nazionale Zootecnica:

“Sono oltre 5.000 gli allevatori di suini all’aperto, e oltre 8.000 gli allevatori che stanno investendo, in questi mesi, per un miglioramento del benessere dei suini nelle proprie stalle nel nostro Paese”

Secondo la proposta, ci sono diversi livelli che definiscono vari potenziali di benessere negli allevamenti suinicoli e che devono essere indicati chiaramente in etichetta. Nella seguente tabella potete vedere i criteri proposti per l’etichettatura. Si tratta in particolare di: densità di allevamento, arricchimenti ambientali, uso delle gabbie, modalità di castrazione, svezzamento e accesso all’aperto.

etichettatura-prodotti-suini

© CIWF/Legambiente

Non sono compresi in questa proposta altri criteri come la dieta, l’accesso e la disponibilità dell’acqua, l’uso di farmaci, il trasporto e l’abbattimento.

Come specificano le associazioni:

“si sottintende che acqua e cibo devono essere disponibili in quantità adeguata e in modo da limitare la competizione, che l’alimentazione deve essere equilibrata e in relazione alle caratteristiche specifiche degli animali al fine di evitare qualsiasi impatto negativo sul loro benessere. Per ciò che riguarda invece l’uso del farmaco, il trasporto e la macellazione devono essere rispettati almeno i criteri minimi di legge e le relative raccomandazioni del Ministero della Salute”.

L’ideale sarebbe che questo fosse l’inizio della fine degli allevamenti intensivi che, negli ultimi anni, sono stati il terreno fertile per lo sviluppo di nuove malattie infettive e che ci espongono, anche nel futuro, a nuove pandemie.

Intanto, sarebbe un primo passo. Ma di certo non basta. L’unica strada attuabile oggi è smettere di consumare del tutto questi prodotti.

Fonte di riferimento: CIWF/Legambiente

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